
M.D.
numero 16, 9 maggio 2005
Pratica
medica
Il confine tra vecchiaia fisiologica e demenza
di Leonardo Trentadue - Medico di medicina generale, Ferrandina
(MT)
Mi
reco al domicilio di un mio paziente di 78 anni con pluripatologie
per una visita di controllo. Effettuata la visita, quando
sto per congedarmi, rimango perplesso a causa di una strana
domanda fatta dalla consorte del paziente: ³Dottore, non
ho per caso lasciato nel suo ambulatorio la busta della
spesa?² ³No, semplicemente perché lei non viene in ambulatorio
da circa una settimana². |
Storia clinica
La
paziente ha 73 anni. Intorno ai 50 anni le è stato diagnosticato
diabete mellito di tipo 2 di lieve entità, tuttora ben
controllato con la sola dieta. A 64 anni la paziente è
colpita da infarto del miocardio e viene ricoverata.
La terapia alla dimissione comprende acido acetilsalicilico,
furosemide, atenololo, nitroglicerina, isosorbide mononitrato,
fluvastatina e captopril.
Sette anni dopo questo evento la paziente subisce due episodi
di lipotimia che non lasciano conseguenze.
Gli episodi di amnesia continuano
Messo in allarme, comincio a monitorare il comportamento della
paziente che, nelle settimane successive, manifesta altri segni
indicativi di amnesia. Per esempio, si presenta in ambulatorio
dopo pochi giorni dalla prescrizione dei farmaci abituali che
assume e che in media sono usufruibili in un mese.
A parte il mio disagio, legato al controllo burocratico della
prescrizione che espone a sanzioni, si tratta evidentemente
di un altro importante campanello di allarme. Interrogo i familiari
più stretti, che confermano alcune défaillances
mnesiche della paziente.
Dal quadro complessivo del comportamento, evinco che ad essere
colpita è solo la funzione mnesica, mentre le altre funzioni
cognitive sono, allapparenza, ben conservate.
Ipotizzo un disturbo cognitivo selettivo della funzione mnesica
e invio la paziente da un neurologo.
Lo specialista formula la diagnosi di demenza progressiva senile
(sindrome demenziale con adattamento di tipo depressivo-reattivo)
e consiglia terapia con sertralina 50 mg mezza cpr per i primi
tre giorni, successivamente una cpr al giorno. Suggerisce anche
lesecuzione di una RMN dellencefalo, che viene eseguita
nellarco di poco tempo.
n RMN dellencefalo: aree multiple di gliosi di natura
vascolare in regione fronto-parietale sottocorticale bilaterale;
piccolo esito di lesione vascolare in regione cerebellare emisferica
destra; atrofia corticale diffusa.
Sembra tutto chiaro, ma i familiari della paziente non si accontentano
della diagnosi del neurologo e decidono di consultarne un altro.
Il nuovo collega effettua la visita e pone diagnosi di mild
cognitive impairment. Quindi sostanzialmente la stessa
diagnosi precedente, ma più moderna e al
passo dei tempi diagnostici.
Conclusioni
Il caso segnalato mi ha impegnato per controllare nel tempo
gli aspetti clinici e comportamentali della paziente, tenendo
ben presenti i dati della letteratura e valutando gli eventuali
e opportuni interventi terapeutici.
Note e approfondimenti
Per mild cognitive impairment (MCI) si intende
un disturbo lieve e isolato della memoria, che colpisce soggetti
anziani che conservano, in condizioni adeguate alletà,
le normali attività della vita quotidiana.
Molti studi hanno cercato di indagare in questo territorio che
si estende tra la fisiologica vecchiaia e la demenza. Sono state
coniate diverse definizioni per indicare questi quadri subpatologici:
dai deficit di memoria associati alletà
al declino associato alletà, dalla
smemoratezza senile benigna alla demenza progressiva
senile.
Si è poi passati dal lieve disordine cognitivo
al lieve disturbo neurocognitivo fino allattuale
disturbo cognitivo lieve (MCI). Per porre diagnosi
di MCI devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
1. presenza di disturbi mnesici,
2. test mnemonici alterati,
3. non interferenza del disturbo sulle attività della
vita lavorativa, sociale e quotidiana del soggetto,
4. non coinvolgimento delle altre funzioni cognitive,
5. non demenza,
6. esclusione di altre cause di disturbi mnemonici.
Poiché alcuni studi avevano stabilito un aumento significativo
del rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer in pazienti
con MCI, i ricercatori hanno indagato per verificarne lattendibilità.
La constatazione che non solo i lievi disturbi di memoria, ma
anche quelli che interessano altre sfere cognitive possono evolvere
verso la malattia di Alzheimer, rende molto incerti gli studiosi,
che lamentano uneccessiva variabilità dei criteri
clinici usati per la diagnosi di MCI.
Oggi non è ancora possibile dimostrare con sicurezza
la progressiva trasformazione del mild cognitive impairment
in malattia di Alzheimer ed è necessario effettuare ulteriori
studi, soprattutto a lungo termine.
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