Note
stonate
Articolo 18 del nuovo ACN: oscuro e confuso
L'art. 18 del nuovo ACN, inerente alla
sospensione del rapporto e dell’attività convenzionale,
al punto 2, comma c, recita: “Il medico è sospeso
dalle attività di medicina generale (…) per la durata
complessiva dell’inabilità temporanea totale, in
caso d’infortunio o malattia occorsi nello svolgimento
della propria attività professionale; e specifica nel
comma d: per inabilità temporanea o permanente che derivi
da causa di servizio, per la durata massima di tre anni nell’arco
di cinque (…)”.
La norma sarà anche chiara per chi conosce le sottigliezze
del linguaggio legal-burocratico, ma per chi invece limita la
sua conoscenza alla sola lingua italiana è buio fitto.
Ciò che accade “nello svolgimento della propria
attività professionale” non accade forse “per
causa di servizio”? Se c’è differenza fra i
due concetti, sarebbe interessante che qualcuno la spiegasse.
Se invece sono la stessa cosa, perché sono state usate
due frasi diverse per descrivere lo stesso concetto e soprattutto
quale altra differenza giustifica il fatto che il comma c mi
garantisce la sospensione della mia attività per “la
complessiva durata dell’inabilità” temporanea
totale, mentre il comma d mi decurta il diritto a tale sospensione
a una durata “massima di tre anni nell’arco di cinque”?
Per venire incontro al gentile estensore dell’articolo
in questione, posso immaginare che si sia dimenticato di specificare
che nel comma d si riferisce all’inabilità “parziale”.
Anche così però c’è qualcosa che non
quadra: un’inabilità, totale o parziale che sia,
può essere tale da richiedere la sospensione dell’attività
e può non esserlo. Se non lo è, la sospensione
non è giustificata neppure per un giorno. Se invece è
tale da richiedere la sospensione dell’attività
lo sarà finché la sua entità non si sarà
ridotta sotto a una data soglia. Con quale criterio si possono
fissare in Gazzetta Ufficiale i tempi entro i quali l’entità
di uno stato morboso si ridurrà al di sotto di un dato
limite? E se lo stato morboso non dovesse ubbidire, che cosa
si fa? Lo si mette in galera?
Più avanti, al punto 5, lo stesso articolo afferma che
“il medico convenzionato (…) può richiedere
la sospensione dell’attività convenzionale per un
periodo non superiore ai 30 giorni lavorativi nell’arco
di un anno per ristoro psico-fisico dall’attività
lavorativa, con sostituzione a proprio carico”. Secondo
gli accordi precedenti, il medico poteva invece chiedere la
sospensione fino a un massimo di sei mesi, sempre con sostituzione
a suo carico, dopo di che era soggetto alla revoca della convenzione.
Un sindacato ha interpretato questo punto come restrittivo delle
possibilità per il medico di usufruire di un periodo
di “ristoro psico-fisico”. Un altro sindacato invece
ha lodato la nuova norma, sostenendo che i trenta giorni riconosciuti
dal punto 5 “sono aggiuntivi e non limitativi” rispetto
a quanto riconosciuto in precedenza.
Se ho capito bene, quindi, mentre prima potevo starmene in ferie
fino a sei mesi l’anno, adesso posso starci fino a sette
mesi. Mi sembra strano ma, se proprio è così,
non potevano semplicemente cambiare la parola “sei”
con la parola “sette”? La cosa più bella è
però che questo secondo sindacato sostiene addirittura
che “in questo modo è stato anche formalizzato e
quindi legittimato il diritto del medico a riposare”. In
tempi di revisione della Costituzione formalizzare e quindi
legittimare certe cose forse non guasta, ma il diritto al riposo
non era riconosciuto già prima d’ora a tutti i bipedi
con quarantasei cromosomi? Ci voleva proprio il punto 5 di un
oscuro articolo di un confuso accordo collettivo per riaffermarlo?
Tra l’altro è al “lavoratore” sic et simpliciter
che l’art. 36 della Costituzione riconosce un diritto a
“ferie annuali retribuite”, non al solo lavoratore
dipendente.
Quindi vi ha diritto qualsiasi lavoratore che sia retribuito
a contratto e sono esclusi, per concreta impossibilità,
solo quelli che sono retribuiti a singola prestazione. Negare
nei fatti un diritto sancito nelle leggi fondamentali è
perfettamente in accordo con la tradizionale immoralità
della nostra cultura civile, ma arrivare a “formalizzare”
la cosa mettendola nero su bianco in un accordo collettivo avente
forza di legge è superare noi stessi. Congratulazioni
a chi ne è stato capace!
Antonio Attanasio
Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)
Che
soddisfazione essere medico di famiglia in Italia!
Com’è
bello fare il medico di famiglia oggi in Italia. Posso dedicarmi,
nelle lunghe ore di ambulatorio, completamente alla gestione
biopsicosociale dei miei pazienti con i quali, devo dire, ho
un rapporto idilliaco. A volte c’è il tempo per
raccontarci delle barzellette oppure disquisiamo di estetica
con alcuni, del campionato di calcio con altri.
È un gran privilegio esercitare la mia professione di
Mmg anche per il riguardo che la società civile mi mostra.
I pazienti sono tutti ben educati e rispettosi e molti addirittura
si levano il cappello quando m’incontrano per strada. Durante
le festività, è una vera gioia scambiarsi gli
auguri e incontrarsi per fare una sana mangiata tutti insieme.
Quando torno a casa la sera, la sensibilità dei pazienti
è così spiccata che solo in casi urgenti richiedono
il mio intervento. E che dire della soddisfazione professionale
che provo quando prescrivo la terapia senza costrizioni di sorta,
in piena libertà terapeutica? Anche in fase diagnostica
posso estrinsecare tutte le possibilità che ritengo opportune,
senza che nessuno venga a contabilizzare il mio sforzo lavorativo.
Mi sento veramente appagato e di questo ringrazio particolarmente
l’ex ministro Sirchia che così amorevolmente si
è preso cura non solo di noi medici, ma di tutta la sanità
con decisioni indefettibili e sempre decise dopo consultazione
delle varie categorie sanitarie. Non posso non menzionare una
delle sue ultime idee, che prevede la ripetizione dell’esame
di Stato per tutti i medici che non raggiungano il numero di
punti previsto dal programma ECM.
È troppo carina questa idea di farci ritornare giovani
per riassaporare le emozioni e i fermenti che si provarono in
quei fatidici giorni. Gli stessi corsi ECM ci sembrano dei dejà-vu
dei nostri spensierati anni liceali, quando fiorivano gli amori
e ci sentivamo i dominatori del mondo.
La quintessenza della soddisfazione professionale l’ho
però raggiunta quando è arrivata a me, come a
tutti i colleghi, la lettera di ringraziamento, da parte del
capo dell’esecutivo, a tutti i medici di famiglia per aver
contenuto la spesa sanitaria. E pensare che qualche lobby di
sovversivi si è permessa di inviare a tutti i cittadini
italiani un opuscolo in cui si invitava a risparmiare sui farmaci.
Ma fortunatamente i cittadini, come evidenziano tutti i sondaggi
che mettono i medici di famiglia in cima ai gradimenti, hanno
saputo distinguere.
Non posso tralasciare una menzione speciale per tutti i colleghi
che in un momento storico per la medicina di famiglia hanno
fatto quadrato contro tentativi di smantellamento che duravano
da molto tempo. Si cercava, addirittura, di distruggere il rapporto
dualistico e fiduciario tra medico e paziente, relegandoci in
casermoni a fare gli impiegati, i turnisti, i burocrati, insomma
veri e propri medici di Stato. Ma questa sanità era davvero
troppo utopica, pardon, “utapica” perché potesse
smuovere anche il collega più apatico e indolente.
A conclusione di questo sentito omaggio non posso tacere che
esercitare questa magnifica professione significa percepire
stipendi che permettono un tenore di vita superiore alla media.
E così, unendo l’utile al dilettevole, possiamo
anche prenderci il lusso di non pensare al futuro. Com’è
bello fare il medico di famiglia oggi in Italia!
Leonardo Trentadue
Medico di medicina generale
Ferrandina (MT)