M.D. numero 18, 18 maggio 2005

Terapia
Progressi della terapia inalatoria per asma e BPCO
di Gennaro D’Amato - Direttore Unità Operativa Complessa di Pneumologia e di Allergologia, Azienda Ospedaliera ad Alta Specialità di Rilievo Nazionale “A. Cardarelli”, Napoli

Una nuova tecnologia di erogazione permette di migliorare la deposizione dei farmaci inalatori nelle vie aeree periferiche, anche in pazienti con ridotta capacità inspiratoria.

L'asma bronchiale e la BPCO costituiscono entità nosologiche distinte, con eterogeneità di quadri eziopatogenetici, clinici ed evolutivi. Nelle fasi avanzate l’espressione clinica e funzionale tende tuttavia a essere sovrapponibile. Mentre l’asma induce il paziente a curarsi per ridurre il rischio di insorgenza di nuove crisi che altrimenti non gli daranno tregua, la BPCO quando insorge è frequentemente già in fase avanzata e non è facilmente curabile, soprattutto in chi non smette di fumare. In sintesi, la terapia della BPCO non dà i risultati che nell’asma sono generalmente migliori. Ciononostante, se effettuata con regolarità e continuità, soprattutto in chi smette di fumare, la terapia consente di ridurre la dispnea e il deterioramento della funzione respiratoria e di migliorare la qualità della vita dei pazienti con BPCO. Ovviamente c’è da considerare che alcuni asmatici tendono a sottovalutare l’importanza dell’ostruzione delle loro vie aeree e tendono di conseguenza a ridurre l’assunzione di farmaci con l’idea non corretta di ridurre effetti collaterali, che in realtà non emergono se la terapia viene utilizzata in modo razionale. Conseguenza di questo atteggiamento rinunciatario è che non vengono controllati né l’ostruzione bronchiale né l’intrappolamento aereo distale. In questi casi è opportuno avvisare i pazienti che il rischio di enfisema è reale.

I suggerimenti delle linee guida


Le linee guida GINA per l’asma suggeriscono un trattamento continuativo prevalentemente con corticosteroidi per via inalatoria in tutti gli stadi della forma di asma persistente, affiancati da broncodilatatori a rapida azione per il sollievo dei sintomi. L’aggiunta di b2-agonisti a lunga durata d’azione è riservata ai pazienti non adeguatamente controllati dal solo steroide inalatorio (tabelle 1 e 2).


Le linee guida GOLD per la BPCO suggeriscono invece, oltre alla sospensione del fumo, il trattamento con broncodilatatori in tutte le fasi di gravità, mentre l’uso dei corticosteroidi inalatori viene limitato ai livelli di ostruzione severa e nelle riacutizzazioni (tabelle 3 e 4). Non vi è infatti molta evidenza che i corticosteroidi siano in grado di agire sulle cellule infiammatorie, in particolare i neutrofili, presenti nella BPCO. I neutrofili infatti, contrariamente agli eosinofili che caratterizzano l’infiammazione asmatica, resistono ai corticosteroidi. Nella BPCO e nell’asma bronchiale cronico in fase avanzata di severità la deposizione polmonare periferica dei farmaci somministrati per via inalatoria è resa più difficile dall’ostruzione bronchiale cronica e dalla presenza di grandi quantità di muco, oltre al fatto che i pazienti con ostruzione bronchiale avanzata e con dispnea severa hanno una capacità inspiratoria notevolmente ridotta e hanno difficoltà a inalare correttamente i farmaci. Ciò significa che i farmaci inalatori per essere efficaci devono essere erogati grazie a una bomboletta pressurizzata in grado di emettere particelle con diametro medio sufficientemente ridotto in modo da depositarsi anche a livello periferico. In altri termini il diametro delle particelle costituisce un fattore critico nella somministrazione di farmaci ad azione topica polmonare dal momento che influenza la quantità di farmaco che raggiunge il sito d’azione.

D’altra parte l’Unione Europea ha decretato che entro il 2005 vengano ritirati dal commercio gli inalatori che utilizzano i clorofluorocarburi come propellenti, in quanto sono ritenuti dannosi per l’ozono stratosferico. Ciò significa che occorre utilizzare altri propellenti, quali i cosiddetti HFA, e occorre riconvertire anche gli apparecchi erogatori. In tale contesto la ricerca italiana ha brevettato una nuova tecnologia definita “Modulite”, già ampiamente sperimentata che si applica alla produzione di spray predosati (MDI) con propellente HFA con due principali obiettivi: riformulare prodotti già esistenti garantendone l’efficacia e la sicurezza; sviluppare nuove formulazioni.
Il termine Modulite deriva dalla possibilità offerta dalla tecnologia di formulare farmaci per uso inalatorio con diametro medio delle particelle stabilito a priori, permettendo quindi di “Modulare” le caratteristiche dimensionali delle particelle e di conseguenza il sito di deposizione polmonare del principio attivo. Con il “Modulite” il principio attivo è in soluzione; questo consente di erogare dosi costanti e riproducibili. Il disegno della valvola erogatrice permette una minore velocità della nube aerosolica e una maggiore durata dell’erogazione consentendo una migliore resa terapeutica e una penetrazione in profondità nelle vie aeree superando i ben noti problemi di coordinazione mano-respiro. Uno dei prodotti riformulati con la tecnologia Modulite è il formoterolo, un broncodilatatore b2-stimolante a lunga durata d’azione, già noto da molti anni per la sua efficacia terapeutica sullo spasmo della muscolatura liscia ad azione rapida e perdurante nel tempo.