
M.D.
numero 27, 28 settembre 2005
Diario
ambulatoriale
Il lavoro in team in medicina di famiglia
- Cronaca di una settimana
di Giuseppe Maso, Medico di famiglia - Venezia, Responsabile
Insegnamento Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Alessandra Semenzato, Infermiera di famiglia - Venezia Docente
Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Lunedì
Per
qualsiasi medico di famiglia il rientro dalle ferie è
traumatico, i primi giorni di lavoro sono un vero tour de force,
il numero di pazienti che si accalcano in sala dattesa
fa pensare a un ambulatorio in zona disastrata o di guerra piuttosto
che a un ambulatorio di medicina generale di un Paese sviluppato.
Oggi il rito si è ripetuto; la gente attendeva il nostro
arrivo fuori del cancello, si è riversata in ambulatorio
spingendosi, come fosse in atto unepidemia mortale da
cui potersi salvare solo in questo modo.
Entrato in studio, ho appoggiato la borsa sul lettino da visita
e ho cominciato a vedere pazienti; lo stesso ha fatto Alessandra
che ha cominciato a misurare pressioni e ripetere prescrizioni.
Dopo cinque ore la battaglia era terminata, non so dire quante
persone abbiamo visto, cinquanta? Cento? Tante. Esausti ci siamo
guardati negli occhi, non sapevamo cosa dire, ma entrambi sapevamo
cosa laltro pensava. Le stampanti fumavano e ancora ci
roteavano in testa i numeri di esenzione, le note per le prescrizioni,
i testi dei certificati e le richieste specialistiche.
Uscendo, la mia borsa era ancora appoggiata sul lettino da visita.
Non avevo compiuto alcun atto medico, non avevo visitato alcun
paziente, non avevo compiuto alcuna manovra, non avevo usato
alcuno strumento, né avevo espresso alcuna abilità.
Tutto il nostro lavoro non ha influito alcunché sulla
salute dei singoli o della comunità, è solo servito
ai produttori di cartucce dinchiostro. Ci vuole veramente
una grande motivazione (o una grande imbecillità) per
continuare.
Noi continueremo. Ma siamo anche convinti che se questo sistema,
veramente, non sarà riformato, la nostra disciplina si
estinguerà presto.
Martedì
Quindici giorni fa è venuta nel nostro ambulatorio una
signora di trentacinque anni con un dolore addominale che durava
da alcuni giorni. La signora è una nostra nuova paziente,
non conosce il nostro modo di lavorare e viene da unaltra
città.
Si era recata due giorni prima in pronto soccorso ed era stata
vista da un ginecologo che aveva eseguito anche unecografia
pelvica. Era stata inviata a domicilio con diagnosi di colica
addominale. Quando la visitai, presentava un quadro daddome
acuto, laddome era dolente alla minima pressione e la
palpazione del cavo di Douglas per via vaginale (manovra che
feci dopo aver chiesto il consenso) evocava un dolore molto
vivo. Considerato il quadro e il referto ginecologico precedente
inviai la paziente in visita chirurgica urgente per addome acuto
da sospetta appendicopatia.
Oggi mi è arrivata una lettera raccomandata in cui la
paziente mi invita a fornirle spiegazioni a riguardo della visita
ginecologica da me eseguita; visita che non dovevo fare perché
già eseguita in precedenza, perché non essendo
specialista non sarei stato in grado di capire alcunché
e soprattutto perché (ovviamente sempre a suo dire) un
medico di medicina generale non può fare un esame obiettivo
ginecologico non essendo specialista.
La signora è stata operata il giorno dopo la mia visita
per una cisti ovarica; anche per i chirurghi si è trattato
di una sorpresa, pensavano, infatti, anche loro a unappendicite.
Ho telefonato alla signora cercando di capire e cercando di
spiegare, ma mi è stato risposto che sia lavvocato
del Tribunale per i diritti del malato sia il suo precedente
medico curante le hanno detto che un medico di famiglia non
può fare una visita ginecologica.
La cosa ci ha veramente rattristato, sia per latteggiamento
della paziente (in questo caso ci saremmo dovuti aspettare dei
ringraziamenti, ma probabilmente il mondo è cambiato)
sia per latteggiamento dellavvocato e del collega.
Questo fatto, ancora una volta, dimostra il livello di considerazione
e di decadenza della medicina di famiglia nel nostro Paese.
Il medico di medicina generale è considerato un mero
esecutore di decisioni specialistiche, non deve fare una visita
ginecologica perché non è ginecologo, non deve
esplorare una prostata perché non è urologo, non
può fare un elettrocardiogramma perché non è
cardiologo e così via. Che enorme tristezza poi quando
si apprende che a supportare queste stupide e false convinzioni
(in buona o cattiva fede) è proprio un collega che si
fregia del titolo di medico chirurgo.
Mercoledì
Giorgio è entrato in studio con unandatura strana,
allargava in maniera esagerata larto inferiore prima di
portarlo in avanti, non riuscivo a collegare questo modo di
camminare con qualche patologia traumatica, reumatica o neurologica.
Mi ha guardato in faccia come se avesse da confessarmi una grave
colpa e ha esitato prima di iniziare a parlare. Dottore,
sono venuto da lei perché mi pare di avere un testicolo
ingrossato.
Giorgio ha trentasette anni, è sposato da tre, vive in
un mondo che si definisce post-moderno, ma è chiaro il
suo imbarazzo nel dover riferire qualcosa che riguarda la sfera
genitale.
Va bene Giorgio, tira giù i pantaloni vediamo un
po. Lo scroto era più grande di un melone
e questo era più che sufficiente per giustificare la
strana andatura. Come mai non sei venuto prima? Ma da
quanto tempo sei in queste condizioni?.
Non sapeva cosa dire; abbiamo drenato settecento centilitri
di liquido da quellenorme idrocele, abbiamo rassicurato
il paziente sulla benignità del fenomeno e lo abbiamo
inviato senza fretta in urologia per gli accertamenti e leventuale
intervento.
Ci siamo stupiti ancora una volta per latteggiamento del
giovane paziente. Se avesse avuto una cisti di pochi millimetri
su un padiglione auricolare sarebbe venuto in ambulatorio subito,
ma ha aspettato mesi per una tumefazione testicolare di cui
non conosceva assolutamente né la causa né la
gravità, anzi, rimuoveva levidenza ed ha esordito
con un molto dubitativo: Mi pare di avere un testicolo
ingrossato.
Giovedì
Quanto influiscano gli ormoni sessuali sul cervello ci è
apparso chiaro quando abbiamo sospeso il cerotto estroprogestinico
che Stefania aveva iniziato da due mesi a scopo anticoncezionale.
Ansia, visione negativa della realtà, malinconia, sintomi
da paranoia, incubi notturni sono scomparsi due giorni dopo
che abbiamo staccato, prima del tempo, il cerotto; se ne sono
andati con le mestruazioni. Sono ritornati linteresse
per la vita e lottimismo. È ritornato anche il
desiderio sessuale dalle cui conseguenze non volute il cerotto
avrebbe dovuto proteggerla.
Venerdì
Daniela è appena tornata da Cuba. Ha ventisette anni,
ci conosciamo da quando, alletà di quattro anni,
la medicai quotidianamente per più di un mese per unustione.
Mi ha sempre raccontato tutto della sua vita, tutto del suo
lavoro, dei suoi amori e delle sue paure. Oggi è venuta
ammalata damore. A ventisette anni, mi sono accorta
cosa significhi essere innamorata; mi sono sentita considerata,
trattata come una regina, felice di niente; tutto quello che
faccio ora mi sembra inutile, non so più chi sono e non
so più dare un valore allesistenza. Abbiamo
espresso tutta la nostra comprensione e ci siamo veramente sentiti
partecipi del suo malessere; un amore perso è come un
lutto, e Daniela ha bisogno di essere capita e aiutata.
Non abbiamo trovato il coraggio di dirle ciò che entrambi
abbiamo pensato e cioè che sicuramente il suo grande
amore cubano sarà già perdutamente innamorato
di unaltra turista europea.
Sabato
Oggi è morto Giorgio, il mio compagno delle elementari.
È morto dopo un lungo periodo di sofferenza, distrutto
dalle metastasi, senza che si sia capito da dove sia partita
la neoplasia.
La guerra al cancro, dichiarata ormai da più di tre decenni,
sembra ancora molto lontana dallessere vinta.