Editoriale
Prevenzione: Cenerentola del nostro Ssn
Per fortuna che cè il
nuovo Piano Sanitario Nazionale, che stabilisce e mette sul
piatto fino al 2007 oltre 400 milioni di euro per le politiche
di prevenzione. LItalia, infatti, al momento risulta essere
il fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati, quelli
di area Ocse, negli investimenti per la prevenzione: solo uno
stiracchiatissimo 0.6% della spesa complessiva per la sanità,
rispetto ai dati relativi al 2003, lontanissima dal Canada che
destina invece l8% o dallOlanda (5.5%) e dagli Usa
(3.9%). Ma lItalia scivola anche dopo Messico e Corea,
cosa che farebbe un po sorridere, se non fosse tanto rischiosa
per un Paese che dichiara di essere il sesto più industrializzato
al mondo. Il Bel Paese, insomma, per investimenti in educazione
sanitaria e strategie di esitamento delle patologie si colloca
ben al di sotto della media Ocse, che si attesta invece al 2.9%
della spesa complessiva in salute.
LOcse ha pubblicato da poco il rapporto Health at
a glance, che si traduce con lespressione italiana
Salute in un colpo docchio, in cui lorganismo
di Parigi aggiorna ogni due anni le principali statistiche sulle
condizioni di salute dei cittadini dellOcse: dai rischi
sanitari alle risorse destinate per evitarli. Gli aggiornamenti
dellOcse mostrano come la mancanza di prevenzione pesi
un bel po sugli stili di vita del nostro Paese ma, ancora
di più, sul portafoglio della spesa pubblica. Spendere
tutto per tenere aperti gli ospedali e garantire i servizi sul
territorio non basta più, avverte il rapporto. Anzi si
può rivelare una scelta poco saggia che poi si rischia
di pagare con un conto troppo salato in futuro, con i budget
sempre più sotto pressione a causa del boom dei costi
per gestire le malattie croniche e loro complicazioni, sempre
più diffuse con lallungamento dellaspettativa
di vita.
Il ruolo equitativo e di garanzia di pari opportunità
per tutti i cittadini che il Sistema sanitario può e
deve svolgere in questo ambito è ben chiaro, ma numericamente
le contraddizioni saltano allocchio: secondo gli ultimi
dati diffusi, per esempio, dalla Azienda Asl di Modena in
un recente convegno sulle disuguaglianze in sanità, rispetto
alle mammografie fatte dalle over 40, risultano accedere al
servizio il 61.8% delle laureate e appena il 24.8% di coloro
che non hanno alcun titolo di studio.
Il nostro sistema sanitario, in particolare in merito a prevenzione
primaria ed educazione alla salute, cammina sulle gambe dei
propri Mmg. Ma troppo spesso questi professionisti si trovano
a dover colmare, fino al letto del paziente, discriminazioni,
differenze, difficoltà daccesso ai servizi. In
questo numero M.D. pone laccento sul come è stato
possibile, per alcuni medici di famiglia del nostro Paese, prendere
davvero il timone del sistema delle cure, assicurandosi, al
contempo, le risorse necessarie a farlo. E se questa fosse davvero
lunica cura possibile per salvare il Ssn dalle classifiche
della vergogna e i Mmg dalla dittatura dei risparmi.