M.D. numero 37, 7 dicembre 2005


Editoriale
Prevenzione: Cenerentola del nostro Ssn

Per fortuna che c’è il nuovo Piano Sanitario Nazionale, che stabilisce e mette sul piatto fino al 2007 oltre 400 milioni di euro per le politiche di prevenzione. L’Italia, infatti, al momento risulta essere il fanalino di coda tra i Paesi più sviluppati, quelli di area Ocse, negli investimenti per la prevenzione: solo uno stiracchiatissimo 0.6% della spesa complessiva per la sanità, rispetto ai dati relativi al 2003, lontanissima dal Canada che destina invece l’8% o dall’Olanda (5.5%) e dagli Usa (3.9%). Ma l’Italia scivola anche dopo Messico e Corea, cosa che farebbe un po’ sorridere, se non fosse tanto rischiosa per un Paese che dichiara di essere il sesto più industrializzato al mondo. Il Bel Paese, insomma, per investimenti in educazione sanitaria e strategie di esitamento delle patologie si colloca ben al di sotto della media Ocse, che si attesta invece al 2.9% della spesa complessiva in salute.
L’Ocse ha pubblicato da poco il rapporto “Health at a glance”, che si traduce con l’espressione italiana “Salute in un colpo d’occhio”, in cui l’organismo di Parigi aggiorna ogni due anni le principali statistiche sulle condizioni di salute dei cittadini dell’Ocse: dai rischi sanitari alle risorse destinate per evitarli. Gli aggiornamenti dell’Ocse mostrano come la mancanza di prevenzione pesi un bel po’ sugli stili di vita del nostro Paese ma, ancora di più, sul portafoglio della spesa pubblica. Spendere tutto per tenere aperti gli ospedali e garantire i servizi sul territorio non basta più, avverte il rapporto. Anzi si può rivelare una scelta poco saggia che poi si rischia di pagare con un conto troppo salato in futuro, con i budget sempre più sotto pressione a causa del boom dei costi per gestire le malattie croniche e loro complicazioni, sempre più diffuse con l’allungamento dell’aspettativa di vita.
Il ruolo equitativo e di garanzia di pari opportunità per tutti i cittadini che il Sistema sanitario può e deve svolgere in questo ambito è ben chiaro, ma numericamente le contraddizioni saltano all’occhio: secondo gli ultimi dati diffusi, per esempio, dalla Azienda Asl di Modena in un recente convegno sulle disuguaglianze in sanità, rispetto alle mammografie fatte dalle over 40, risultano accedere al servizio il 61.8% delle laureate e appena il 24.8% di coloro che non hanno alcun titolo di studio.
Il nostro sistema sanitario, in particolare in merito a prevenzione primaria ed educazione alla salute, cammina sulle gambe dei propri Mmg. Ma troppo spesso questi professionisti si trovano a dover colmare, fino al letto del paziente, discriminazioni, differenze, difficoltà d’accesso ai servizi. In questo numero M.D. pone l’accento sul come è stato possibile, per alcuni medici di famiglia del nostro Paese, prendere davvero il timone del sistema delle cure, assicurandosi, al contempo, le risorse necessarie a farlo. E se questa fosse davvero l’unica cura possibile per salvare il Ssn dalle classifiche della vergogna e i Mmg dalla dittatura dei risparmi.