M.D. numero 1, 18 gennaio 2006

Appunti
Il sacrificio dei Mmg per combattere l’influenza

I
nverno. Stagione di epidemie. Quali epidemie? Colera, peste bubbonica? No, influenza. Ma la maggior parte della gente con febbre e disturbi respiratori deve i suoi sintomi a virus che con quello influenzale hanno poco o nulla a che vedere. In compenso però la medicina di famiglia è tutta schierata, pronta, sulle barricate e mostra responsabilmente e coraggiosamente il petto al nemico che, vigliaccamente, attenta alla vita dei pazienti. Se non fosse per l’abnegazione e la dedizione dei Mmg, ogni inverno sarebbe un’ecatombe. O no? Forse sì, forse no. La verità è che nessuno lo sa. Ormai si è persa la memoria di come andavano le cose prima che fossero introdotte le visite gratis. Da quando sono state introdotte, d’inverno il lavoro dei Mmg triplica, quadruplica, quintuplica. E adesso che incombe anche il fantasma dell’influenza aviaria, figuriamoci. Ci aspettano dieci visite domiciliari al giorno, ambulatori pieni, con pazienti che straripano fuori dalla sala d’attesa che diventa una camera a gas che esala effluvi di ogni tipo, assieme a virus e batteri. E quando, uno per volta oppure anche una famiglia per volta, guadagnano la sala visite, ecco che scodellano in faccia al proprio Mmg tutto il contenuto microbiologico delle loro vie respiratorie alte, medie e basse. A che pro? Ma per essere visitati e guariti, naturalmente! Se il Mmg non guardasse loro le tonsille, non auscultasse loro il torace, e soprattutto non provasse loro la pressione, come farebbero a guarire? Morirebbero tutti, crollando al suolo uno a uno. È qui che si dimostra l’utilità e l’irrinunciabilità della medicina di famiglia!
Diciamocelo francamente, un Mmg ogni mille abitanti non basta, e meno che meno durante la stagione invernale, quando è chiamato a inalare, aspirare, inghiottire la flora microbica dei suoi pazienti. Per quanto vaccinato e magari anche sostenuto da un regime di vita opulento, il Mmg prima o poi soccombe alla carica microbica da cui ha liberato i pazienti, risucchiando a pieni polmoni mentre loro tossivano e scaracchiavano. Sarà anche vero che i più venali fra i Mmg, di fronte alla necessità di pagare il sostituto, preferiscono continuare a lavorare anche con la febbre alta che fa loro prendere tonsille per mammelle. Altri però, responsabilmente o irresponsabilmente (sarà il sindacalista di turno a decidere), restano a casa gettando i loro pazienti nello sconforto più nero, e soprattutto facendo mancare alla Nazione il loro sacrificio. Antibiotici e risucchio dei virus a mo’ di aspirapolvere da parte del Mmg, ecco la terapia per combattere appropriatamente l’influenza. Altro che latte, miele e brodino caldo. Vogliamo per caso ignorare il progresso?

Antonio Attanasio

Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)



Prognosi infauste: un po’ di prudenza non guasta

Alle tre e mezzo della notte viene chiamata l’ambulanza con medico a bordo a casa di una novantenne in preda a dispnea e perdita di coscienza. Poiché è portatrice di pacemaker i familiari pensano ad un guasto dell’apparecchio.
Il medico la visita, esegue l’ECG, rileva la glicemia, misura la pressione e conclude che ha il cuore “fuori uso”, il pacemaker esaurito e una ipotensione irreversibile. Prevede l’exitus a breve. Anzi, consiglia di non ricoverarla e lasciarla morire in pace a casa sua. I parenti accettano rassegnati. Dopo una ventina di minuti la paziente si riprende, comincia ad acquistare parziale conoscenza, reagisce, anche il respiro ritorna quasi normale. Si richiama l’ambulanza e questa volta si effettua il ricovero d’urgenza. Al Pronto soccorso i sanitari rilevano un marcato stato ipoglicemico, tanto che dopo una flebo di soluzione glicosata i valori tornano normali e la paziente esce del tutto dallo stato soporoso.
Dopo qualche giorno di degenza viene dimessa con un referto che riassumo: “episodio di marcata ipoglicemia con conseguente stato soporoso. All’ECG era presente un ritmo ventricolare indotto da PM subito riprogrammato. Le condizioni della paziente durante la degenza sono state stabilite con valori glicemici pre e post prandiali normali. Deduzioni: poiché la paziente assume spesso zuccheri semplici (cioccolato) potrebbe essersi determinata una ipoglicemia reattiva post prandiale. Alla dimissione le condizioni sono molto soddisfacenti”.
Nei giorni successivi la malata ha ripreso l’alimentazione consueta, la verve di sempre anche se l’età avanzata crea qualche problema alla deambulazione.
Non oso fare alcun commento e tanto meno esprimere giudizi. La medicina fa di questi scherzi.
Non c’è dubbio che il quadro sintomatologico che si è presentato al medico scoraggiava ogni ottimismo, tuttavia, forse, una maggiore prudenza sarebbe stata opportuna prima di emettere una sentenza senza appello.
Se non la teoria, la pratica consiglierebbe di lasciarsi sempre una via d’uscita dietro una diagnosi per quanto infausta possa essere. Ciò perché nella nostra professione nulla è definitivo, talvolta neanche la morte.

Francesco Giuseppe Romeo

Medico di medicina generale
Firenze