M.D. numero 2-3, 1 febbraio 2006

Contrappunto
Controllo delle prescrizioni e illogiche proposte
di Giuseppe Belleri, Medico di medicina generale, Flero (BS)

T
utto bene quel che finisce bene. Tuttavia per alcuni giorni si era temuto il peggio, dopo che le agenzie di stampa avevano battuto la notizia dell’introduzione, nella bozza della Finanziaria, della cosiddetta tassa sulla ricetta per i Mmg poco inclini all’informatizzazione. Complice le convulse trattative per la quadratura dei conti pubblici del 2006, la proposta era passata quasi inosservata fino a che non è stata ripresa dalla stampa e rilanciata nel sottobosco telematico costituito dalla varie liste di discussione mediche nazionali e locali. Questa discutibile idea non solo contrastava con l’attuale Accordo collettivo nazionale, ma soprattutto cozzava con svariati accordi regionali sul collegamento tra ambulatori medici e sistemi informatizzati locali

I
n merito alle contraddizioni e alle dicotomie dell’emendamento alla Finanziaria 2006, avanzato dall’onorevole Daniela Santanché, di tassare i medici di medicina generale per ogni ricetta non comunicata in via informatica con una multa da 2 euro (mentre se dovesse mancare il codice fiscale dell’assistito l’Asl sarà autorizzata a non liquidare il rimborso) è il caso di soffermarsi su quanto stipulato dalla Regione Lombardia per evidenziarne il non senso. Secondo l’accordo definito tra sindacati medici e gli esponenti della Regione, il medico di famiglia aderente al SISS (Sistema Informativo Socio Sanitario) riceverà l’indennità di 1 euro a paziente quando invia almeno il 50% delle ricette emesse, mentre tale quota è elevata a 3 euro al superamento del 70% delle prescrizioni telematiche.
Premesso ciò, va comunque sottolineato che al riguardo la reazione sindacale non si è fatta attendere e così, dopo una lettera aperta al ministro della Salute del segretario della Fimmg, Mario Falconi, si è arrivati in extremis al ritiro della bizzarra proposta: il ministero della Salute d’intesa con il ministero delle Finanze ha accolto la richiesta di modifica della percentuale del 90% di ricette redatte al PC, ripristinando quella del 70% già sottoscritta con le Regioni nella convenzione vigente. Cadeva inoltre l’obbligo di trasmissione telematica delle ricette con relative sanzioni prevista nella bozza per la Finanziaria 2006, poiché non imputabile ai medici di famiglia, bensì ai farmacisti.

Connotati da paradosso

La vicenda riveste comunque connotati paradossali se si pensa che sono passate poche settimane dal varo della riforma della costituzionale federalista. In pratica alla vigilia del conferimento di nuovi poteri alle Regioni in materia sanitaria e di gestione dei servizi, dal livello nazionale arrivava una sorta di imprevisto diktat che contrastava sia con gli accordi vigenti a livello nazionale sia, soprattutto, con le norme regionali. L’invio telematico delle ricette richiede un apparato tecnico e logistico non indifferente che non può certo essere improvvisato in pochi mesi. A tale proposito giova ricordare che il Sistema Informativo Socio Sanitario lombardo è arrivato alla fase di implementazione dopo anni di sperimentazione, grazie al contributo e all’adesione volontaria dei medici di medicina generale e di alcune Aziende sanitarie locali, e richiederà altri anni per essere esteso a tutta la Regione Lombardia.

La percezione del Mmg


L’episodio, inoltre, è l’ennesima spia della separazione tra il Paese reale e la classe dirigente, che può avere una spiegazione di carattere sociologico. Le ricerche demoscopiche dimostrano infatti che la medicina generale è particolarmente apprezzata nelle piccole e medie località e dai suoi frequentatori più assidui e soddisfatti: anziani, pensionati, lavoratori dipendenti, donne, cittadini di condizione socioeconomica medio-bassa e con pluripatologie croniche. Al contrario la figura professionale del medico di famiglia è un po’ in affanno nelle aree metropolitane, dove si concentrano gli strati sociali più abbienti, i lavoratori autonomi, la borghesia professionale e i ceti dirigenti, che spesso accedono direttamente alla medicina di secondo livello. Da questa mancata frequentazione deriva un difetto di conoscenza dell’organizzazione e dei compiti della medicina generale, che resta un mondo a sé, tant’è che tra i rappresentanti delle élite si cristallizza un’immagine riduttiva del medico di medicina generale denominato non a caso medico “generico”, ritenuto un mero “trascrittore” di prescrizioni specialistiche. Probabilmente le diverse modalità di fruizione dei servizi sanitari tra cittadini comuni e classe dirigente sono alla base di una proposta avulsa dalla concreta realtà della medicina territoriale.