M.D. numero 2-3, 1 febbraio 2006

Diagnostica
Moderne tecniche di indagine delle patologie delle vie biliari
di Faustino Boioli, Direttore Reparto di Radiologia e Tecnologie Pesanti, AO Fatebenefratelli ed Oftalmico, Milano

La colangiopancreatografiaRM, tecnica diagnostica non invasiva con elevata sensibilità e accuratezza, è attualmente la metodica di riferimento per le patologie delle vie biliari, mentre all’endoscopia è ora riservato un ruolo terapeutico


M
olti colleghi si ricorderanno della colangiocolecistografia, tecnica radiologica per lo studio delle vie biliari con l’uso di mezzo di contrasto (mdc) iodato per via endovenosa: una tecnica relativamente semplice, che permetteva la visualizzazione delle vie biliari extraepatiche e in fase tardiva della colecisti. Veniva utilizzata nel caso di mancata visualizzazione della colecisti con mezzo di contrasto per os e nei casi di sospetto ostacolo delle vie biliari e negli esiti di colecistectomia.
Era però un esame che richiedeva molto tempo, fino a due ore, gravato da un’elevata percentuale di reazioni al mezzo di contrasto, in particolare fenomeni di nausea, molto più frequenti (circa otto-dieci volte) rispetto ai mezzi di contrasto urografici.
A metà degli anni Novanta questa tecnica è scomparsa improvvisamente dalla scena della diagnostica radiologica, non per scelta dei clinici e dei radiologi, ma i produttori di mezzo di contrasto colangiografico, che in accordo tra loro ne hanno sospeso pressoché contemporaneamente la produzione, in quanto il prodotto non era più remunerativo.
Il calo di consumo era anche dovuto all’espandersi rapidissimo dell’ecotomografia, che riduceva l’utilizzo sia del mezzo di contrasto colecistografico per os sia di quello colangiografico.
L’uscita di scena non ha trovato resistenze da parte dei radiologi, proprio per la frequenza delle reazioni da mezzo di contrasto che si trovavano quotidianamente ad affrontare.
Il vuoto lasciato dalla colangiocolecistografia è stato in gran parte colmato dall’ecotomografia, in particolare per quello che riguarda la colecisti.
Ma in una percentuale significativa di casi questa non è dirimente il quadro clinico per quello che concerne le vie biliari (pazienti obesi, gas intestinale, cicatrici addominali), soprattutto in presenza di microlitiasi. Per esempio il chirurgo prima di procedere a una colecistectomia per calcolosi per via laparoscopica vuole la certezza che non vi siano calcoli migrati nel coledoco, che genererebbero coliche e ittero a poca distanza dall’intervento, e in tutti i casi di ittero da stasi è necessario un accurato studio delle vie biliari extraepatiche.

Vantaggi e svantaggi della CPRE


In tutti questi casi si deve ricorrere alla colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE), che ha avuto un forte incremento negli ultimi anni. Questa metodica ha sia uno scopo diagnostico (individua i calcoli delle vie biliari, permette lo studio anche delle vie biliari intraepatiche, riconosce le forme colangitiche e tumorali) sia un ruolo terapeutico.
È comunque una tecnica invasiva, richiede una forte sedazione dei pazienti e presenta significativa morbilità e una sia pur minima mortalità; inoltre non sono rari i casi di impossibilità all’incannulamento del coledoco.
Il grande vantaggio della CPRE è invece rappresentato dalla possibilità di manovre terapeutiche durante la stessa seduta: rimozione di calcoli, papillotomia, posizionamento di protesi coledoco-duodenali, anche se un’elevata percentuale dei pazienti che necessitano di studio delle vie biliari (circa l’80%) non presenta patologie che esigono un trattamento endoscopico.

La colangiopancreatografiaRM


Negli ultimi anni si sono andate perfezionando tecniche di risonanza magnetica (RM) - in particolare l’uso di sequenze veloci e di sequenze per lo studio dei flussi - che sono applicate anche allo studio delle vie biliari, con risultati estremamente interessanti (colangiopancreatografiaRM: CPRM).
Si tratta di metodiche non invasive, che non utilizzano radiazioni ionizzanti; il mezzo di contrasto è utilizzato per os per annullare il segnale prodotto da stomaco e tenue e non ha controindicazioni.
Si ricorre al mezzo di contrasto endovena (gadolinio) quando la procedura va completata con studio del fegato per sospetta patologia neoplastica.
L’indagine è rapida: l’acquisizione delle immagini avviene con una sola apnea, previa identificazione dello spazio da studiare; sono però necessarie più sequenze e i dati vanno successivamente elaborati con ricostruzioni elettroniche (figura 1).
La CPRM permette di riconoscere con precisione le dilatazioni delle vie biliari, che nella normalità non devono avere un diametro maggiore di 7 mm (10 mm nel colecistectomizzato), i calcoli (figura 2) e le stenosi dell’epatocoledoco, identificando la natura dell’ostacolo in oltre il 90% dei casi.
Permette quindi di stabilire quali pazienti vadano inviati alla colangiografia endoscopica per provvedimenti terapeutici, riducendo le CPRE puramente diagnostiche e i relativi significativi rischi.
Inoltre la colangiopancreatografiaRM ha un’elevatissima sensibilità e specificità nei casino di neoplasieno delle vie biliari, riconoscendone anche il grado di estensione ilare e periilare, in quanto può essere contestualmente integrata con risonanza magnetica del fegato o del pancreas qualora il quadro colangiografico faccia sospettare patologie a carico del fegato o del pancreas.
La continua evoluzione della risonanza magnetica con l’utilizzo di nuove sequenze candida la CPRM, che dimostra elevata sensibilità e accuratezza, nonché invasività praticamente nulla, come metodica di riferimento per le patologie delle vie biliari, riservando all’endoscopia il ruolo terapeutico.


Bibliografia

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