M.D. numero 4, 8 febbraio 2006

Appunti
Troppi pasticci nel sistema dei corsi ECM

Q
uanto segue è parte di una lettera inviata al ministero della Salute e alla Commissione ECM per evidenziare alcuni paradossi dell’attuale sistema di aggiornamento per i medici.
Ritengo necessario segnalare la situazione scandalosa creatasi in seguito all’istituzione degli eventi formativi per l’acquisizione dei crediti.
Succede molto frequentemente che, per la partecipazione a convegni ECM organizzati da provider autorizzati dal ministero della Salute, il medico riceva la comunicazione del punteggio anche a distanza di più di un anno dalla data dell’evento, ritrovandosi poi fino all’ultimo in una situazione di incertezza sul punteggio acquisito o non lo riceva addirittura, come per esempio nel caso del corso “Gestione emotiva del paziente oncologico” tenutosi a Biella nel 2004.
Ma c’è di peggio: capita anche che il medico faccia affidamento su un certo punteggio nell’anno e poi scopra, sempre dopo più di 12 mesi, che per alcuni eventi ai quali ha partecipato non siano stati riconosciuti i crediti dai referee, come è successo a Novara, dove nell’ottobre 2004 sono stati organizzati, con tanto di provider e il patrocinio del maggior sindacato dei Mmg, convegni ECM sulle attività di distretto, le équipes territoriali del Piemonte e la farmacoeconomia (con illustri docenti di riferimento).
La cosa curiosa è che a Torino gli stessi eventi, sul medesimo argomento, con gli stessi docenti e relatori, valutati da altro referee, hanno ottenuto i crediti.
A Biella, nel 2004, inoltre un provider ha organizzato un convegno ECM, vantando un accreditamento mai confermato dal ministero della Salute, incassando il finanziamento della società sponsor, cosa segnalata dallo scrivente alla Commissione ECM. Non per niente i provider sono spuntati come i funghi.
Sarebbe il caso di intervenire a tutela della dignità professionale dei medici, che ormai sono diventati preda di un sistema e di una organizzazione che li sfrutta, speculando e rubando loro il tempo della professione e di un serio aggiornamento permanente. Questo andrebbe valutato non sulla base di una mera raccolta di punti, ma sul campo e sull’impegno a partecipare a percorsi diagnostico-terapeutici basati sull’evidenza clinica e a studi sperimentali ed epidemiologici, che portino ad una sempre maggiore appropriatezza prescrittiva, senza sprechi di risorse.
Per questo chiedo all’attuale ministro della Salute di intervenire prima che ci ritroviamo con una classe medica bravissima a raccogliere punti, ma poco preparata ad affrontare il vissuto professionale di tutti i giorni. Personalmente d’ora in avanti non parteciperò più ad alcun evento ECM.

Umberto Bosio

Medico di medicina generale
Trivero (BI)


Le antinomie delle indicazioni burocratiche

A
lcuni laboratori chiedono al Mmg di aggiungere all’elenco degli esami scritti in impegnativa anche la voce “prelievo di sangue venoso”. Tale specifica sarebbe necessaria semplicemente per consentire al laboratorio di avere dal Ssn il rimborso. Una considerazione è d’obbligo: solo la mentalità contorta di certi burocrati può immaginare che sia possibile fare un emocromo o un dosaggio di transaminasi senza prelevare sangue da una vena. È vero che gli stessi esami si possono anche fare su sangue prelevato da capillari, ma è altrettanto vero che il prelievo di sangue capillare comporta anch’esso una sua pur minima difficoltà e che se vi si ricorre per una batteria di sei o sette esami, finisce con l’essere più dispendioso in termini di tempo e di materiali. Stabilire una differenza di costi (e quindi di rimborsi) fra prelievo venoso e prelievo capillare è pertanto pura paranoia. Detto ciò, resta da chiedere al nostro burocrate come crede che il laboratorio otterrà il sangue su cui fare gli esami. Per telecinesi? Dicendo abracadabra? Dovrebbe essere ovvio che, se rimborso per il prelievo ci deve essere, sia fatto indipendentemente dalla presenza nell’impegnativa della relativa voce. C’è però una seconda considerazione da fare: l’infermiera dovrebbe essere pagata dal laboratorio a stipendio, e non in base al numero dei prelievi che fa. In una gestione finanziariamente corretta del laboratorio (privato o pubblico che sia) avere un’infermiera addetta ai prelievi dovrebbe far parte dei costi fissi, un po’ come lo è avere uno studio e un automezzo per il Mmg. E il Mmg non riceve dal Ssn un compenso in base al numero dei piedi che calpestano il pavimento dell’ambulatorio, né in base al numero dei km che fa la sua auto. Per quale motivo un laboratorio di analisi deve ricevere un compenso per l’effettuazione di ogni prelievo? Non lo riceve già per l’effettuazione dell’esame, senza che peraltro gli siano rimborsati uno per uno i reagenti usati o minuto per minuto il tempo impiegato dai tecnici? Il problema, vorrei chiarirlo, non è quindi neppure tanto quello della scocciatura per il medico di dover scrivere cose inutili sull’impegnativa, quanto quello di ciò che sta sotto a questa saltuaria scocciatura. Non tutti i laboratori infatti chiedono questa specifica, ma evidentemente tutti i laboratori ricevono dal Ssn dei soldi per i prelievi che fanno. Non sarebbe questa un’area in cui c’è spazio per minori regalie e maggiori risparmi?

Antonio Attanasio

Medico di medicina generale
Mandello del Lario (LC)