M.D. numero 4, 8 febbraio 2006


Editoriale
Il capitolo Sanità nei programmi elettorali

In queste settimane cominciano a circolare le prime bozze dei programmi degli schieramenti politici di centrodestra e di centrosinistra per il Governo prossimo venturo, e non manca il fondamentale capitolo della Sanità.
La maggioranza attualmente al timone presenta i propri risultati di governo, cercando di portare a casa le ultime riforme di sistema, come quella dell’area del farmaco. L’Unione espone alle proprie articolazioni regionali una prima sintesi del lavoro di elaborazione svoltosi nell’ultimo anno, tra professori, esperti e territori.
Se la salute è riconosciuta da entrambi gli schieramenti quale indicatore primario delle condizioni di vita e di lavoro, e misura delle disuguaglianze sociali, territoriali, di genere, l’Unione lancia l’idea di promuovere una “valutazione di impatto sulla salute cui subordinare la coerenza di tutti i provvedimenti di politica economica, a livello nazionale ed anche europeo”.
Un’inversione completa di tendenza rispetto alla direttrice bipartisan che ha caratterizzato entrambe le ultime due legislature, di utilizzare il Sistema Sanitario Nazionale invece come salvadanaio da rompere e al quale attingere nel caso di emergenza del Sistema Paese. Il programma dell’Unione dichiara di voler ripartire dalle leggi di riforma del servizio sanitario nazionale e dell’assistenza (D.Lgs. n. 229 del 1999 e Legge n. 328 del 2000) e dai principi ispiratori di difesa e riqualificazione del Ssn: universalità e solidarietà, programmazione dei bisogni di salute e reperimento delle risorse adeguate; centralità del cittadino e del territorio, dell’integrazione socio-sanitaria; ruolo degli Enti locali nella programmazione e nel controllo dei risultati; regole certe per l’accreditamento delle strutture private; professionalità e aggiornamento continuo degli operatori, ma anche fondi integrativi per prestazioni aggiuntive ai livelli essenziali di assistenza.
Si rinuncia così, in un sol colpo, al dogma del “tutto pubblico” sacrificato alla tenuta dei conti, ma si dichiara al contempo di volere tornare a quell’epoca di “bindiana memoria”, l’epoca delle riforme di sistema, dalla quale proprio il centrosinistra si era voluto allontanare di corsa, per passare dalla politica alle campagne pubblicitarie, affidate ai grandi nomi della professione prestati all’agone nazionale. La nuova chiave di svolta del sistema? Sviluppo della medicina delle cure primarie, con al centro la figura del medico di famiglia.
Se in questa legislatura il disegno di legge sul Governo clinico del ministro Sirchia, suo cavallo di battaglia proprio in questa direzione, non è riuscita ad affrontare nemmeno il primo esame in commissione, c’è poco da stare tranquilli guardando in avanti. Per i prossimi mesi, un solo auspicio: meno parole, più fatti, con i medici di famiglia finalmente protagonisti dei nuovi provvedimenti, fin dai primi 100 giorni del Governo che verrà, qualunque esso sia.