M.D. numero 4, 8 febbraio 2006

Focus on
Farmaci: normative in un Testo Unico
di Monica Di Sisto

Sul filo di lana dello stop ai lavori delle Camere in vista delle elezioni politiche, il Governo non rinuncia a concedere un’ultima possibilità di approvazione a una materia, quella della farmaceutica, che, frammentata in diversi disegni e decreti legge, costituiva uno dei principali scacchi della legislatura.

Il complesso universo del farmaco, in questa legislatura, non aveva superato il collo di bottiglia dell’esame delle commissioni in merito all’approvazione delle specialità ai rimborsi, ai meccanismi di promozione alla prescrizione, fino alla cura del paziente e alla sua tutela. Troppi veti incrociati, troppo importante, nella

Le fonti giuridiche della normativa sui farmaci

La legislazione riguardante i medicinali per uso umano oggi in vigore in Italia è stata introdotta negli anni 90 con una serie di decreti legislativi subentrati alle norme contenute nel testo unico delle leggi sanitarie del 1934 (Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265) e in un regolamento dello stesso periodo.
• Decreto legislativo 1991, n. 178: Le disposizioni fondamentali tra le quali le procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’immissione al commercio di un medicinale e dell’autorizzazione alla fabbricazione di tali prodotti.
• Decreti legislativi 1992 n. 538, n. 539, n. 540, n. 541: Aspetti specifici della “vita” dei medicinali quali il commercio all’ingrosso, il regime di fornitura, l’etichettatura e la pubblicità, sia presso il pubblico sia presso gli operatori sanitari.
• Decreto legislativo 1997 n. 44: Disposizioni sullafarmacovigilanza.
• Decreto legislativo 1995 n. 185: Medicinali omeopatici.
• Direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio:
Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.
• Direttiva 2003/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio: Principi e linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in via di sperimentazione.
• Direttiva 2004/24/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio: Modifica, per quanto riguarda i medicinali vegetali tradizionali,
la direttiva 2001/83/CE.
• Direttiva 2004/27/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio: Modifica, la direttiva 2001/83/CE, rispetto alla definizione di medicinale.
• Decreto legge 30.9.2003, n. 269 convertito dalla Legge 24.11.2003,
n. 326: Istituzione e competenze dell’Aifa.

Fonte: Ministero della Salute

scorsa legislatura, la necessità di operare innanzitutto a livello di spesa e di riduzione dei costi, per poterne portare a casa tutti i capitoli con le sfumature richieste dalle diverse sensibilità politiche. Ma sotto la spinta della necessità di allineare la normativa nazionale alle più recenti direttive comunitarie, nel Consiglio dei ministri del 2 dicembre, ed ora al parere dei Governatori, è sopraggiunto in un Dlgs di 158 articoli e 13 Titoli, il primo Testo Unico dei medicinali per uso umano della legislazione nazionale.
Un dispositivo che, se arriverà in fondo al suo iter, costituirà una vera rivoluzione per l’intero settore. Rispetto al quale però non si riesce a ottenere alcun commento di merito, mentre tutti gli attori - decisori, aziende, medici, farmacisti ma anche l’Agenzia del farmaco - aspettano per esprimersi che almeno superi le prime tappe della marcia forzata verso l’approvazione.

Su che cosa interviene il nuovo dispositivo di legge


Il Testo Unico opera un imponente lavoro di incrocio e di sintesi “ad unum” di tutte la fasi del ciclo di vita dei prodotti (immissione in commercio, produzione e importazione, etichettatura, classificazione, distribuzione, pubblicità, farmacovigilanza) alla luce della normativa comunitaria. Tutta la partita, invece, relativa ai prezzi e alla concedibilità a carico del Ssn, rimane affidata alle leggi di bilancio e di riordino - numerose per la legislatura che volge al termine - perché non rientrano tra le materie di competenza europea. Rispetto alla sperimentazione clinica, sulla quale Governo e Parlamento avevano già lavorato nel giugno 2003, l’Italia risulta già perfettamente allineata alle regole europee e dunque quella difficile parte di ragionamento è rimasta fuori dal nuovo Testo.
La prima novità la incontriamo fin dal primo capitolo della nuova bozza di provvedimento, alla voce “definizioni”. Il legislatore, infatti, procede a modificare la dicitura relativa alla parola “medicinale”, specificando che per esso s’intende un preparato che deve esercitare un’azione farmacologica, immunologica o metabolica. Questo per fare chiarezza nella spesso difficile distinzione fra farmaci e altri prodotti, come per esempio i dispositivi medici. In caso di dubbio, specifica il decreto, si stabilisce come ulteriore norma di garanzia che si applichi la disciplina relativa ai medicinali. Quando il prodotto, cioè, può rientrare per le sue caratteristiche sia nell’area dei farmaci sia in altre categorie, prevale sempre la definizione di “medicinale” e le relative regole, più restrittive.
In risposta ai rilievi critici avanzati dalla Commissione UE all’ordinamento nazionale - rispettivamente nel luglio 2004 e nel marzo 2005 - è cancellata la norma che escludeva i gas medicinali dall’obbligo di ottenere l'autorizzazione per il commercio e viene prevista la decadenza dell’autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci per quelle aziende che non commercializzino effettivamente il prodotto nell’arco di 3 anni.

Cresce tra gli italiani la domanda di generici

Gli italiani sono sempre meno diffidenti nei confronti dei farmaci generici. A confermarlo sono i dati relativi al consumo nel periodo compreso tra gennaio e settembre 2005 che ne continuano ad evidenziare una crescita costante.
Se nel 2001 la quota di mercato presidiate dai farmaci non griffati
era pari a poco meno dell’uno per cento, oggi i generici rappresentano
il 13.2% della spesa farmaceutica complessiva con un incremento
di oltre tre punti percentuali rispetto al 2004.
Sembra dunque consolidarsi, anche in Italia come nel resto d’Europa, la fiducia dei consumatori verso questa tipologia di medicinali in grado di costituire una considerevole forma di risparmio sia per le tasche dei cittadini che per quelle del servizio sanitario nazionale.
Il prossimo obiettivo delle istituzioni è di far assestare i generici intorno al 20% del mercato in modo da liberare risorse che consentano l’erogazione gratuita ai pazienti di farmaci biologici innovativi.

Fonte: Aifa/Assogenerici

Generici: un po’ più facili, un po’ no

La protezione brevettuale dei farmaci è meglio specificata e armonizzata con le leggi comunitarie. Ogni farmaco, infatti, gode dunque di un periodo di protezione dei dati sperimentali di 10 anni. Ciò vale a dire che i farmaci generici, più propriamente definiti equivalenti, che otterranno la registrazione Aic non potranno essere messi in commercio prima che siano trascorsi 10 anni dalla prima registrazione del prodotto di riferimento. L’esclusività è prolungata a 11 anni se nei primi otto anni del decennio il titolare Aic ottiene l’autorizzazione su una o più indicazioni terapeutiche ritenute migliorative rispetto alle terapie esistenti. Per aumentare la disponibilità di generici sul mercato, però, il nuovo Testo Unico prevede per la loro approvazione una corsia preferenziale: i produttori potranno effettuare i test per il deposito della domanda di registrazione prima della scadenza del brevetto del corrispondente farmaco griffato. Sono inoltre semplificate le procedure di registrazione di generici già autorizzati da almeno 8 anni nella UE.

La scure dellıAgenzia delle Entrate sulle promozioni
In attesa dell’entrata in vigore del nuovo Testo Unico, l’Agenzia delle Entrate con la circolare 3/E del 18 gennaio ha chiarito alcuni punti della Finanziaria 2003, e in particolare l’articolo 2, comma 9, che prevede la non deducibilità dei costi sostenuti dalle aziende farmaceutiche per l’acquisto di beni e servizi a medici, veterinari o farmacisti al fine di facilitare la diffusione di specialità medicinali.
L’Agenzia precisa che “l’indeducibilità riguarda quelle situazioni in cui produttori e commercianti di farmaci offrano beni e servizi gratuiti agli operatori sanitari, oltre i limiti fissati dal decreto legislativo 541”.
Il no, cioè, vale anche nel caso in cui costi e comportamenti non configurino ipotesi di reato, come il comparaggio, ma siano in contrasto con la legge sulla pubblicità dei prodotti farmaceutici del 1992.
Il testo sottolinea infatti che non sono assolutamente deducibili le spese destinate all’acquisto di computer, cellulari, borse professionali, viaggi e soggiorni (che non facciano parte di convegni e congressi).
La scure si abbatte anche sui costi per la distribuzione di campioni gratuiti di farmaci oltre i limiti fissati dalla 541. Si possono invece dedurre “le spese di modico valore per l’acquisto di ricettari, cancelleria e riviste scientifiche destinate a medici, veterinari e farmacisti”.
Nulla cambia per le spese delle aziende destinate a convegni e congressi, deducibili fino al 20%. Le spese destinate, invece, all’acquisto di servizi per soggiorni e ospitalità (viaggi, alberghi e ristorazione), che non rientrano nell'organizzazione di convegni e congressi, come stabilito dal decreto legislativo 541, sono completamente a carico delle imprese e non deducibili.

Lotta alla burocrazia, ma stop alle troppe promozioni

Nuove regole anche per le ricette mediche, a vantaggio dei pazienti. Si prolunga da 3 a 6 mesi la validità della ricetta, con la possibilità di effettuare 10 acquisti con la stessa prescrizione. E si stabilisce, sempre per facilitare l’accesso ai farmaci, l’obbligo di indicazioni in braille sulla confezione del prodotto. La pubblicità sui farmaci subisce, però, un definitivo chiarimento. Tutta la materia, già disseminata nei molti provvedimenti di riordino economico del settore, e armonizzata in un testo organico che prevede limiti più severi per l’attività promozionale rivolta a medici e farmacisti. Si vieta di riconoscere loro premi, soldi e omaggi “se non di valore trascurabile e connessi alla loro attività”, ribadendo le disposizioni già recentemente sottolineate e interpretate dal’Agenzia delle Entrate in materia di rimborsi alle aziende. È vietato conferire ai medici più di 18 campioni di prodotti l’anno e gli informatori scientifici saranno mappati grazie a un censimento annuale realizzato a cura dell’Aifa. La parola d’ordine è “formazione”, non promozione. Motivo per cui anche questo testo riprende dalla legislazione precedente, in particolare dal dispositivo della Legge Finanziaria per il 2003, e conferma la possibilità di invitare i medici di famiglia a eventi ECM, a patto, che gli eventuali accompagnatori paghino di tasca propria.

Tutte le sanzioni, euro per euro


Si inaspriscono le sanzioni penali e amministrative per chi viola tutte le norme del settore. Per esempio, il decreto prevede la chiusura per la farmacia scoperta per due volte a vendere medicinali non registrati, sospesi o revocati. Chiusura dell’officina, arresto del titolare e multa fino a 100 mila euro per chi produce medicine senza autorizzazione o violando le norme di fabbricazione.
Stesse punizioni per i grossisti non autorizzati. Nuove multe e importi rincarati per etichette e foglietti illustrativi difformi (da 10 a 70 mila euro), medicinali venduti senza ricetta o con ricetta non valida (da 300 a 3 mila euro), ricette non in regola per farmaci soggetti a prescrizione da rinnovare ogni volta (da 300 a 1.800 euro). Premi, mance o favori sospetti sono puniti con multe da 400 a mille euro, l’arresto fino a un anno e la sospensione per un anno dall’esercizio professionale.

I farmaci nel carrello

Nel Progetto di Legge d’iniziativa popolare volto a permettere la vendita a prezzo libero dei medicinali da automedicazione e da banco “OTC-SOP” (Over The Counter/Senza Obbligo di Prescrizione) anche al di fuori del circuito delle farmacie si prevede:
• La possibilità di vendere all’interno degli esercizi commerciali al dettaglio, alimentare e non alimentare, i farmaci detti OTC-SOP (a totale carico del cittadino, vendibili senza prescrizione medica) allestendo degli spazi dedicati.
• L’assistenza di farmacisti dipendenti, iscritti all’Ordine, presso ogni punto vendita per guidare i consumatori all’acquisto del prodotto più adatto al loro problema.
• Il divieto di vendite straordinarie (sottocosto, manifestazioni e concorsi a premio, ecc.) che potrebbero indurre il cittadino ad un eccessivo consumo di tali prodotti.
• La possibilità per chi distribuisce farmaci OTC-SOP al dettaglio di applicare uno sconto libero e discrezionale sul prezzo al pubblico.

Fonte: Coop

Farmaci al supermarket: una polemica tutta italiana

Mentre si cerca di armonizzare il complesso universo normativo sui farmaci in un Testo Unico di legge, imperversa la polemica sulla distribuzione dei farmaci da banco nei supermercati. La crociata per l’accessibilità dei farmaci più comuni, da rendere disponibili a prezzi più bassi, vede schierati in prima linea l’Autorità garante per la Concorrenza e una tra le più grandi catene distributive del Paese, la Coop, che ha raccolto già 20.000 firme su un Pdl di iniziativa popolare da affidare, oramai, alla prossima legislatura.
Il ragionamento del Garante è noto da tempo. È necessaria “una riforma del sistema di distribuzione dei medicinali, a partire dalla vendita dei farmaci senza obbligo di prescrizione nei supermercati”, ha ribadito il garante Antonio Catricalà, intervenendo al convegno organizzato dalla Coop per presentare la proposta di legge d’iniziativa popolare. Per Catricalà, “gli sconti non bastano. Serve una riforma che allarghi il mercato e faccia scendere davvero i prezzi dei farmaci senza prescrizione”.
Per abbassare i prezzi promuovendo la diffusione dei generici, il presidente dell’Antitrust non crede “nella riuscita di accordi basati sulla buona volontà. Non rientra nelle logiche di mercato che il farmacista debba agire contro i propri interessi, consigliando il medicinale meno caro, è una forzatura. Perciò - ha sottolineato - bisogna cambiare il sistema di retribuzione delle farmacie, portandolo per il 90% in base al numero dei pezzi venduti e per il 10% in base al valore”.
Non solo. La riforma del sistema passa anche attraverso “l’obbligo, per i medici, di prescrivere solo il principio attivo. Così i prezzi si ridurrebbero del 20% subito, ma anche molto di più se poi aumenta la diffusione dei generici”. Infine, il problema delle confezioni, spesso fonte di spreco. “Dobbiamo passare - sostiene Catricalà - alle mono-dosi”.
Se il mercato sarà liberalizzato, Coop ipotizza di poter vendere i farmaci OTC-SOP presso gli iper e i supermercati con uno sconto dal 25 al 50% rispetto agli attuali prezzi di vendita.

Il dibattito tra i sì e i no


I medici italiani si schierano però compatti per il “no” alla vendita dei farmaci nei supermercati. Motivo: “salvaguardare la salute dei cittadini”. Giuseppe del Barone, presidente della FNOMCeO, ha sottolineato che i medici credono “che la salute dei cittadini sia un bene che non possa essere commercializzato e la politica del risparmio sui farmaci non può essere perseguita attraverso regimi di concorrenza tipici dei settori commerciali. In caso contrario - prosegue - è come se si volesse confondere il sacro con il profano, considerando i farmaci alla stregua di un prodotto alimentare o di un detersivo”.
Se è il prezzo dei farmaci in fascia C il vero problema, Federfarma, l’associazione dei farmacisti, ha sottolineato in una nota che strumenti come gli sconti e le modalità di vendita in self service “sono tipici della promozione commerciale, e rischiano pertanto di aumentare i consumi”, e “sicuramente di distorcerli, indirizzando la scelta su un farmaco piuttosto che su un altro più adatto alla patologia e all’utilizzatore. Anche ipotizzare una generica supervisione da parte di un farmacista non costituisce una tutela sufficiente”.
Anche Farmindustria preferisce che le medicine restino in vendita nelle farmacie. Lo ha dichiarato il presidente Sergio Dompè. “Non si tratta di opposizione ideologica” - ha spiegato - bensì di fiducia nei metodi di erogazione (e quindi di assunzione) di un prodotto per la salute. Secondo il presidente di Farmindustria, è che “questo sistema di distribuzione professionale ha permesso all’Italia di ridurre, rispetto agli altri Paesi europei e agli Stati Uniti, gli effetti collaterali derivati dall’uso scorretto dei farmaci. La competitività è doverosa e anima il mercato ma, in questo caso, stiamo parlando di salute”.
Teresa Petrangolini, di Cittadinanza Attiva, cerca di riposizionare i termini della polemica chiarendo che anche “lo sconto sui farmaci di fascia C è un miraggio o comunque un beneficio affidato alla volontà di, finora non tanti, farmacisti”. Secondo le ultime rilevazioni dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, sebbene ci stia stato un incremento delle farmacie che da luglio a oggi stanno applicando sconti, solo l’11% fa riduzioni effettive del 20% su tutti i farmaci senza obbligo di prescrizione, come previsto dal decreto Storace. “A questo punto, vista l’incomunicabilità evidente con la categoria che si ostina a dire che non spetta a lei abbassare i prezzi dei farmaci in classe C - sottolinea la Petrangolini - chiediamo a Storace di adoperarsi per la vendita dei medicinali da banco nei supermercati, unica strada per rompere il monopolio delle farmacie e garantire prezzi più equi ai cittadini”.
Ma anche il Movimento dei Liberi Farmacisti fa i “conti in tasca” al sistema e rivela che “portare i farmaci d’automedicazione nei supermercati non risolverà il problema del costo dei farmaci. Il ministro della Salute e il Presidente dell’Antitrust sono perfettamente a conoscenza del fatto che tale manovra riguarderebbe solo l’8% dei farmaci oggi pagati direttamente dai cittadini. I costi maggiori per la popolazione si registrano proprio sul restante 92% dei farmaci con obbligo di prescrizione medica”. E questo si annuncia essere tra i temi più roventi della prossima campagna elettorale.