M.D. numero 4, 8 febbraio 2006

Tribuna
Il futuro delle Asl è la quotazione in borsa?
di Leonardo Trentadue, Medico di medicina generale, Ferrandina (MT)

P
er il segretario della Fimmg, Mario Falconi, la sanità italiana “va reingegnerizzata”: così come ha fatto l’industria per non fallire, ha necessità di adeguarsi alla domanda, profondamente mutata nel campo della salute.
Di certo ci eravamo accorti che la sanità italiana è da qualche anno organizzata in aziende che devono avere i bilanci in regola esattamente come le industrie. Siamo diventati consapevoli anche che il passaggio da “Usl” ad “Asl” si è consolidato senza grandi resistenze da parte dei sindacati medici. Ma ora che ci siamo dentro fino al collo e che sono venuti alla luce i limiti e i danni di tale scelta per tutto il Ssn e in particolare per i medici di famiglia, quella prospettata dall’autorevole leader sindacale può essere la soluzione?

L
e ultime resistenze messe in atto per salvaguardare l’autonomia del medico di medicina generale, la libera professione, la sua stessa specificità, si sono ridotte a pochi indifesi propugnacoli.
Il segretario della Fimmg, invece, è già andato molto oltre, non solo ha accettato la logica dell’aziendalismo “economicistico”, ma ne tenta anche il rilancio. La sanità, come la Fiat, “va reingegnerizzata” ha dichiarato e, visti già i primi buchi e crepe nella struttura, è necessario un “nuovo piano industriale”. Volendo seguire questo ragionamento, ma lo faccio solo in una dimensione ipotetica, mi chiedo come mai, giacché i Mmg non sono altro che componenti minori di queste aziende (potremmo dire senza alcuna offesa, anzi con grande orgoglio, i metalmeccanici), non ci si dia da fare per far passare i Mmg alla dipendenza. Non ci si rende conto, esercitando la professione, della condizione schizofrenica in cui siamo costretti a lavorare, con tutti i pesanti svantaggi economici e professionali che ci gravano addosso? A dire la verità penso che il capitalismo attuale, senza più avversari ideologici e padrone assoluto della scena, abbia già imboccato la via del cannibalismo brutale che divora tutto, compreso se stesso.

Salute, sanità e profitto


Sono sotto gli occhi di tutti le speculazioni selvagge di finanzieri e gruppi economici che non sanno nemmeno lontanamente che cosa significhi la parola etica e si lanciano in devastanti operazioni in cui l’unica logica dominante è il profitto. Non dovranno passare molti anni e vedremo le nostre aziende sanitarie quotate in borsa, in concorrenza per le scalate a istituti bancari, in cerca di alleanze e coperture politiche per incrementare i propri guadagni? Già oggi i dirigenti aziendali sono nominati secondo logiche politiche spartitorie e si assiste ai soliti furbetti e arrampicatori sociali che vanno a occupare posti di potere, diventando a tutti gli effetti i capuffici dei medici di famiglia. I quali già li sentono minacciosi al telefono per una prescrizione di troppo, oppure li vedono in ambulatorio per ispezioni come se i nostri studi fossero dei covi di lestofanti.
Il loro fiato sui nostri colli si fa sempre più pesante e così succede che in una Asl dell’Abruzzo, per esempio, i Mmg siano costretti a prescrivere un solo farmaco per ricetta, sapendo benissimo che non copriranno il ciclo terapeutico. Ecco a cosa porta la logica del profitto: il cappio intorno al collo si stringe sempre di più fino allo strangolamento della professione.
I sindacati non riescono nemmeno a tamponare questi arroganti sconfinamenti nell’autonomia professionale, né pensano a salvaguardare il ruolo primario finora svolto dai medici di famiglia. Partorire dei mostri come le Utap non è che la logica conseguenza di questi adeguamenti ad aberrazioni mercantilistiche. In questa congerie impazzita di spinte economicistiche, in cui i soli a sguazzare spavaldamente sono i cialtroni e i disonesti, cosa possiamo aspettarci per il futuro della nostra professione?

Correggere il tiro


C’è molta sfiducia e quelli che dipingono con toni dorati la situazione farebbero bene a correggere le diottrie e ad ammettere che il re è nudo e ha bisogno di un ricambio. Questi colleghi aspiranti industriali sembrano oggi maggioritari, ma molto malcontento è nascosto nel sommerso e stenta a riemergere in forme organizzative. Non è dunque detto che la partita sia del tutto chiusa. Forse qualche spiraglio di cambiamento può venir fuori se i Mmg cominciassero a collaborare pensando con la propria testa, senza subire passivamente le logiche sindacali e politiche e dessero un contributo attivo. È necessario per l’intera categoria muoversi in senso trasversale, affrontando i problemi con una visione concreta, cioè scientifica, così come si affronta l’esercizio della professione.