M.D. numero 6, 22 febbraio 2006

Contrappunto
I regali del paziente: segni e significati
di Massimo Bisconcin, Medico di famiglia, Quarto dıAltino (VE), Dipartimento di Ricerca AIMEF

È relativamente facile che il paziente regali qualcosa al medico, soprattutto quando il rapporto tra loro è continuativo, come nel caso della medicina di famiglia. Di tale gesto generalmente viene percepito il significato simbolico di affetto che esso sottende. Ma i risvolti di tale comune pratica possono essere molteplici e complessi

Dalla personale esperienza
A.D. è un grande cacciatore. Una volta all’anno, a 70 anni suonati, partecipa alla caccia al cinghiale in Maremma. Più di una volta ho affrontato con lui il problema del fumo, almeno da quando, quindici anni fa, l’ho preso in carico. Nemmeno con la comparsa di una certa dispnea e di una lesione vescicale recidiva tendente alla malignità, ne vuole sapere di smettere di fumare. Men che meno ora, dopo che recentemente ha perso sua moglie. In tutti questi anni ci siamo reciprocamente ascoltati con attenzione, nelle rispettive divergenti posizioni. È sempre stato un rapporto franco, paritetico, adulto. A parte una volta nella quale non sono riuscito a nascondergli la mia avversione per le armi e per la caccia quando mi chiese un certificato di idoneità per il rinnovo del porto d’armi, che chiaramente, comunque, gli rilasciai.
Lo vedo sempre con piacere e devo dire che, sia per il fumo, sia per la caccia sia anche per la sua pacata rassegnazione alla vedovanza, beh…non dico che mi abbia fatto cambiare idea, ma mi ha convinto una volta di più a cercare l’uomo che c’è dietro ogni cosa.
La settimana scorsa mi porta in visione l’esame istologico della neoformazione vescicale escissa con la cistoscopia e, alla fine della visita, mi dice: “Sono in ritardo quest’anno, sa, per via di mia moglie, ma ho messo da parte per lei un salamino di cinghiale. Vedrà, è una vera specialità”.

La situazione descritta è estremamente comune nel rapporto tra Mmg e paziente.
È difficile che il medico rifiuti il regalo, soprattutto quando si tratta di oggetti di valore relativamente basso, almeno sul piano economico. Esso è accettato come un segno di riconoscenza del paziente e ne viene percepito essenzialmente il significato simbolico di affetto che esso sottende.
Il caso descritto è emblematico in questo senso, ma è sempre così? Oppure in un gesto tanto semplice e forse abituale vi sono anche significati (e significanti) meno legati a sentimenti di riconoscenza o amicizia disinteressata? Indubbiamente il regalo che intercorre tra paziente e medico è una delle possibili modalità relazionali nelle quali si inscrive il loro rapporto e, senza andare da un estremo - i quattro capponi al dott. Azzeccagarbugli - all’altro – il monolitico, incondizionato giacobino rifiuto ad accettare ogni effetto materiale da pazienti - è opportuno verificare, almeno sommariamente, quali siano i risvolti di un gesto così comune.

Il significato


Quale può essere il senso di un regalo fatto dal paziente al medico? Probabilmente il più delle volte esso significa semplicemente “grazie”. Un ringraziamento umano, semplice e spontaneo, che un uomo fa ad un altro uomo nella liberalità dei loro rispettivi comportamenti: l’uno di aiuto, di attenzione, l’altro di riconoscimento della benevolenza ricevuta, soprattutto se accompagnata a partecipazione emotiva.
Nell’esempio del caso riportato, il paziente voleva riconoscere al medico che si era accorto della sua costante attenzione e accettazione; la diversità di opinioni espressa in occasione del certificato per il porto d’armi non intacca il rapporto, anzi, probabilmente lo rafforza perché mette a confronto due posizione diverse che reciprocamente si rispettano. La continua attenzione verso il principale fattore di rischio del paziente, mai demonizzata, mai colpevolizzata, ma sempre discussa con coerenza e continuità, viene tradotta dal pazienteno come un segno tangibile di attenzione costante, personalizzata. Inoltre il recente lutto (la moglie, pur conosciuta dal medico, era seguita da un altro collega) ha rinforzato le corde affettive del paziente che percepisce, forse con maggior enfasi di prima, chi gli sta più vicino.
Il regalo, quindi, in questo caso non significa solo “grazie”, ma anche “aiuto, ora sono solo” e serve in un certo qual modo per attirare l’attenzione. In altri termini, il regalo inteso come simbolo per invitare a comprendere il paziente ad un livello differente da prima, in considerazione che egli si sente diverso e non solo sul piano biomedico1.
Apparentemente è quindi un evento positivo che cinicamente non varrebbe nemmeno la pena di analizzare: sarebbe come andare a cercare i difetti della Pietà di Michelangelo. Eppure, proprio dal massimo della sua espressione di affetto e stima, si possono cercare anche altri significati2-4.
Vi può essere un sottile passaggio, quindi, da un gesto spontaneo, magari non troppo premeditato quando non addirittura improvviso e immediato, nato in studio, ad uno stato di vera premeditazione. In termini psicoanalitici si può dire che il regalo “indica che il medico persiste nella mente del paziente come oggetto interno”5. In termini neurobiologici, l’acquisizione del regalo implica un lavoro superiore della corteccia prefrontale implicato nella formulazione volontaria e denominato “memoria del futuro”6.
Un regalo quindi può anche nascondere dei futuri problemi di relazione con il paziente stesso.
Nelle comuni definizioni dei dizionari, il termine regalo indica, oltre a “qualcosa di cui viene trasferito il possesso senza che vi sia ricompensa o pagamento”, anche “qualcosa che si rende per dei servizi ricevuti” oppure “qualcosa che viene dato a fini di corruzione” (pur senza cercare i forti significati giuridici che la parola induce).
La transizione quindi tra il semplice “grazie per esserci stato” a quella di “aiuto, ora sono solo” può portare, verosimilmente in casi diversi da quello citato, a proposizioni di captatio benevolentiae del tipo “ora mi aspetto un’attenzione particolare”, oppure, in altre parole, “qualcosa di più dei soliti standard”.
Il medico che riceve regali dai suoi pazienti, quindi, si trova di fronte a due fondamentali domande:
1. Si dovrebbe sempre accettare ogni regalo?
2. Si dovrebbe accettare questo regalo?
Rispondere negativamente alla prima domanda implica chiudere ogni altra eventuale analisi e probabilmente renderebbe eticamente più semplice la questione1.
Non vi è certo intenzione di proporre una “manualistica” sui “sì” e sui “no”, talché il carico bioetico sotteso a quesiti di questo tipo richiederebbe argomentazioni ed incontri che non si prestano di certo alla stesura di un semplice articolo, tuttavia, cercando in letteratura si trovano degli interessanti contributi che, ovviamente, descrivono sia i “pro” che i “contro” delle opzioni7-8.

Chi dice no


La motivazione più frequente verso la non accettazione di regali da parte di pazienti si basa sull’assunto fondamentale che questo contrasta con il bisogno di giustizia ed equità tra tutti i pazienti3, 9-10. Se un medico accetta regali da un paziente potrebbe rischiare di favorirlo maggiormente3,10-12. Weijer8 è particolarmente rigido nel negare la sua disponibilità ad accettare regali da pazienti ed individua quattro motivi: il primo è che la relazione medico-paziente è fiduciaria e quindi accettare regali viola la speciale caratteristica morale della relazione stessa, indipendentemente dalla tipologia di assistenza (diretta, indiretta o privata). Il secondo è che i regali sono fatti spesso con diverse motivazioni e che per il medico è difficile discriminare il vero motivo di un particolare dono. Terzo, quand’anche un regalo sia fatto in modo assolutamente altruistico, quale valore danno a tale atto gli altri pazienti? Potrebbero percepire che chi regala qualcosa riceva trattamenti sopra lo standard. Infine, il quarto ma più importante: regalare ed accettare regali riduce il vero valore dell’assistenza in quanto il dono della vita è incomparabilmente superiore a quello di qualsiasi bottiglia di liquore; un “grazie” detto con il cuore, una lettera o una fotografia del paziente in un momento di gioia permessa dal successo della cura sono modi più appropriati di esprimere gratitudine perché non possono essere acquistati.

Chi dice talvolta sì


Ciò nondimeno, rifiutare aprioristicamente un regalo può offendere un paziente e potrebbe causare più danni dei rischi che il rifiuto si propone9.
I regali più frequentemente accettati sono gli alcolici e i cioccolatini1,4,9-11,13.
La maggior parte degli autori afferma che i regali culturalmente appropriati o di basso valore monetario siano relativamente “sicuri”.
In alcune organizzazioni, generalmente di natura psichiatrica, è espressamente richiesto che i dipendenti rifiutino regali che influenzino il giudizio e la valutazione globale dei pazienti13.
Ecco quindi che doni che siano sicuramente offerti nel pieno rispetto del principio di beneficenza o apprezzamento o per palese dimostrazione di generosità del paziente possano essere accettati. Un paziente regala qualcosa ad un medico per tre ragioni fondamentali: influenzare comportamento e decisioni del medico, pura generosità e desiderio di beneficenza (nel senso di fare il bene dell’altro) e apprezzamento per l’opera del medico. Se il regalo è fatto con intento di influenzare il medico (e non sempre è facile distinguerne i confini) siamo sul piano della vera e propria “corruzione”, anche se, augurabilmente, non nel senso penale del termine. I termini infatti sono quelli dell’ottenere “servizi di eccellenza” (attenzioni speciali), oppure “saltare una coda”9.
Esistono però pazienti generosi per natura, anche verso altri attori della vita quotidiana e questa generosità fa parte della loro personalità. È importante non mortificare queste persone. Alcuni autori descrivono il rapporto tra medico e paziente come uno “speciale rapporto di amicizia”14: in questo contesto, riconoscendo entrambi la natura speciale della loro relazione, regalare qualcosa (e accettarlo) è considerato naturale e degno d’onore. Il medico quindi, accertatosi che non vi è motivo di manipolazione da parte del paziente, dovrebbe accettare il regalo con serenità e inviare un breve ringraziamento.

Non abbassare la guardia


Un medico, quindi, in un certo senso dovrebbe essere sempre all’erta, e non solo nei periodi tipici in cui si scambiano regali, come in occasione delle festività. La sua vigilanza, tuttavia, non dovrebbe unicamente essere orientata al timore di essere manipolato, ma anche al possibile effetto dannoso che un suo rifiuto potrebbe portare. Nella galassia dei significati che un dono al proprio medico comporta, non bisognerebbe mai dimenticare quello del “controbilanciamento”1: pazienti con un passato fulgido che si sentono annichiliti o umiliati dalla malattia e dalla condizione di ammalato che portano, con il valore intrinseco di quello che donano, una testimonianza concreta di chi erano. Oppure pazienti che “sacrificano al potere” in virtù di una qualche forma di pensiero magico, quasi per tener lontana la sfortuna3.
È importante che il medico valuti anche quando il paziente fa un regalo. Anche se in occasioni natalizie o festive locali questo fatto può essere più giustificato e frequente, è importante chiedersi se il paziente si sia comportato nello stesso modo anche negli anni precedenti o se qualcosa sia recentemente cambiato1.
La vigilanza del medico, inoltre, dovrebbe anche essere correlata ad alcune note cliniche del paziente stesso: la paura della manipolazione materialistica non dovrebbe oscurare altri eventuali messaggi, come regali stravaganti da pazienti che sono in procinto di ricadute maniacali, oppure qualcosa che possa ricondurre a messaggi di addio da parte di persone morenti o prossimi suicidi2, oppure pazienti scontenti che regalano manuali medici.
Anche in caso di rifiuto di un regalo, tuttavia, è molto importante che il medico consideri questo evento uno strumento di approfondimento relazionale tra lui e il paziente. Deve evitare nel modo più assoluto di umiliarlo: è opportuna una serena discussione nella quale egli faccia chiaramente percepire come non stia rifiutando un rapporto, ma solo un oggetto. Il medico deve condividere con il paziente che, anzi, questo rifiuto porterà certamente ad approfondimento e ad un’evoluzione della loro relazione e spiegherà in dettaglio al paziente i riferimenti etici del problema, in modo che il paziente non solo li comprenda, ma che sia ben certo che il comportamento del medico è comunque guidato da convenzioni morali che vanno ben oltre il livello personale.
L’azione del paziente, anche se non andata a buon fine, ha una rilevanza simbolica che deve essere evidenziata e valorizzata. Egli andrebbe comunque ringraziato sia con messaggio verbale sia fisico, e ciò va fatto nello stile tipico di ogni medico e, soprattutto, nell’alveo consueto della relazione esistente oppure nel nuovo assetto che questo evento, apparentemente negativo, potrebbe promuovere.