M.D. numero 6, 22 febbraio 2006

Diario ambulatoriale
Il lavoro in team in medicina di famiglia - Cronaca di una settimana
di Giuseppe Maso, Medico di famiglia - Venezia, Responsabile Insegnamento Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Alessandra Semenzato, Infermiera di famiglia - Venezia, Docente Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine

Lunedì
"Dottore sono molto preoccupata” mi dice una signora, poco più che quarantenne, che accompagna in visita la figlia. La ragazzina (quattordici anni), look alla moda, pantaloni vita bassa, pancia in mostra e mani in tasca, è visibilmente scocciata. Parla solo la madre, la ragazza non dice una parola e mi guarda in un modo che non capisco se sia di sufficienza o semplicemente ebete. “Sono due mesi che non vede le mestruazioni e so che ha un ragazzo, cosa posso fare?”.
Faccio eseguire un test di gravidanza che risulta negativo. “Cara ragazza, considerando che hai rapporti sessuali, se vuoi, possiamo perdere un po’ di tempo assieme e parlare delle problematiche legate al sesso a questa età, dei mezzi anticoncezionali e della prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse. Che ne dici se ci vedessimo domani pomeriggio?”. Senza cambiare sguardo: “Non posso, domani pomeriggio sono dal parrucchiere!”.

Martedì

Mai abbiamo visto tanta gente depressa come in questi ultimi anni. Depressione, ansia e panico sono ormai tra le patologie più frequenti. A quanto si legge, non sembra essere una caratteristica del nostro ambulatorio, ma pare che il fenomeno interessi l’intera società.
Stamane abbiamo chiesto a Raffaella se avesse dei problemi e lei, come molti altri, ha risposto che tutto andava bene, eppure era francamente depressa. “Non ho problemi economici, con il marito va tutto bene, non mi manca niente”, ma mentre diceva questo, il suo volto ci comunicava tutta la sua infelicità.
Quando è uscita dallo studio, abbiamo voluto vedere quanti, tra i nostri pazienti, abbiamo messo in trattamento con antidepressivi: ci siamo sorpresi, non pensavamo fossero così tanti. Allora non si tratta di un problema di qualche singolo; non si tratta di una sindrome con una fisiopatologia specifica a eziologia identificabile nel singolo individuo che ne è affetto, si tratta di un problema sociale. Se è un problema sociale, non dobbiamo curare il singolo, ma è la società che va curata! Viviamo in una società di infelici costretti ad apparire felici; noi medici abbiamo il dovere di segnalarlo, ma la cura di questa pandemia non può essere soltanto compito nostro.

Mercoledì

Gino è un imprenditore di successo, fa il costruttore da sempre. Ha tanto successo che ora può anche permettersi di costruire gli edifici che gli piacciono; è orgoglioso di quello che fa e si sente quasi in dovere di creare qualcosa di bello per la sua città. È ricco, viaggia su automobili di lusso, vive bene e non si fa mancare niente. Anni fa ha subito un intervento per un carcinoma laringeo e per questo ci vediamo spesso. Facciamo dei controlli frequenti, ma si tratta di pura routine, il suo stato di salute è più che buono. Potrebbe essere la persona più felice del mondo ma, come dicevano gli antichi, la felicità non si addice ai mortalino. Oggi si è messo a piangere in ambulatorio; il figlio su cui aveva riposto tutte le speranze è dipendente dalla cocaina. Ha fatto di tutto per lui; ha creato una nuova società, gli ha affidato compiti dirigenziali, ha condiviso tutta la sua esperienza, ma tutto questo non ha portato ad alcun risultato. Il ragazzo è stato anche in prigione, ora è seguito dai servizi sociali, ma imbroglia anche loro e minaccia il padre. Gino è disperato, assediato dai sensi di colpa e preoccupato anche per suo nipote che ha solo tre anni. Non so come aiutarlo. Sarà un compito difficile aiutare anche un¹altra famiglia. Oggi è venuta in studio una signora che conosco da molti anni, anche lei depressa e anche lei, finalmente, mi ha detto quello che veramente la fa soffrire. Si tratta di una bella signora che ha sempre lavorato a livelli direzionali, sempre fuori di casa, con la maggior parte degli interessi fuori dall¹ambito familiare. Il suo non è un matrimonio felice; il marito, anche lui sempre impegnato, ansioso e indeciso, non ha mai esercitato su di lei un grande fascino. Il problema riguarda il figlio: non esce di casa, non ha amici e non ha una ragazza nonostante i suoi ventitre anni. È stato indagato dalla polizia perché frequentava siti web pedo-pornografici. Sensi di colpa immensi. ³Dovevo stare più a casa. Ha sofferto perché percepiva il disagio dei genitori² e così via. Dovremo farci carico della depressione della madre, dei problemi psicologici del figlio, dell¹ansia del padre. Le dinamiche familiari fanno sempre da sfondo ai problemi che quotidianamente ci vengono presentati, ma in questi due casi esse si identificano con i problemi stessi.

Giovedì

Non sappiamo se sia sempre stato così, ma i disturbi della memoria e dell’ideazione ci sembrano molto più frequenti di anni fa. Probabilmente siamo più sensibili al problema delle demenze e le nostre antenne sono sempre attive, ma è certo che ci troviamo di fronte a un’altra emergenza. Come la depressione, anche la demenza è uno dei grandi problemi della nostra società e non sembra legata soltanto all’invecchiamento della popolazione. Il solo sospetto o la sua diagnosi ci pongono problemi enormi. Abbiamo dilemmi terapeutici, etici e di diagnostica differenziale.
Antonio ha sessantatre anni, è diabetico da qualche anno, assume correttamente la sua terapia e si sente bene. Prima di uscire mi dice: “Dottore, da un po’ di tempo ho difficoltà a dire il nome delle cose. Per esempio, vedo che questo che ho davanti è un libro, capisco che è un libro, ma mi capita di non trovare la parola per definire che cosa sia.” Afasia per i nomi. Demenza iniziale? Problemi vascolari? Processo espansivo intracranico? È solo stressato? Dobbiamo iniziare un iter diagnostico che, come nella maggior parte dei casi, non porterà grossi chiarimenti. Allora quale sarà l’evoluzione? Cosa dovremo dire ad Antonio?

Venerdì

Siamo abbonati a “Practice nurse. The leading journal for nurses in General Practice” e ci troviamo moltissimi spunti e approfondimenti riguardo la pratica ambulatoriale. Dal punto di vista poi dell’elaborazione teorica, vi sono molti punti di riferimento e linee guida soprattutto per affrontare la gestione delle maggiori patologie croniche (diabete, asma, ipertensione), ma anche le emergenze sociali più attuali (dipendenze da fumo, alcol, cibo, droghe, problemi relativi all’immigrazione, all’adolescenza, ecc). Chiaramente il punto di vista è primariamente infermieristico, ma sempre nell’ottica dell’integrazione con il medico.
In un articolo dal titolo: “Plastic specula - an aid to promoting attendance at cervical cytology screening?” (Practice Nurse 2005; 30: 46-49) leggiamo di uno studio condotto da una practice nurse di Newcastle upon Tyne, sull’importanza dell’uso degli specula monouso.
L’infermiera ha intervistato 61 delle sue pazienti che annualmente si sottopongono al pap-test (15% del totale), al fine di capire se è meglio adottare l’uso dello speculum in plastica o continuare con quello metallico. Ovviamente vengono valutate non solo le caratteristiche di sicurezza igienica, ma anche i fattori positivi che, psicologicamente, rendono la pratica di questo screening, per le donne che vi si sottopongano, meno spiacevole.
Discussione sicuramente interessante, ma a noi sorgono spontanee alcune riflessioni.
In effetti, anche nella nostra esperienza quotidiana non tutte le donne accettano serenamente di sottoporsi a questo screening. Tuttavia negli anni abbiamo notato un miglioramento e ci accorgiamo che è apprezzato questo tipo di prestazione ambulatoriale. Sicuramente il clima favorevole dovuto al rapporto di fiducia è importantissimo; ma è anche vero che in Italia vi è una buona educazione generale delle donne in tema di prevenzione. C’è comunque chi continua a preferire la visita annuale con il proprio ginecologo di fiducia, o chi gradisce le periodiche campagne di prevenzione che l’Azienda sanitaria propone.
Ma la riflessione più ovvia è che in Italia, allo stato attuale - e per fortuna - a nessuno verrebbe in mente di valutare se sia meglio usare gli specula monouso o quelli metallicino.

Sabato

Le nostre strade di notte si trasformano in un grande mercato del sesso e buona parte degli annunci nei quotidiani sono espliciti messaggi di prostituzione. Il numero di persone coinvolte in questa attività è ovviamente enorme, eppure nessuno in quasi trenta anni di professione è mai venuto a dirmi che frequenta prostitute.
Da quando gli esami di routine che si fanno prima delle donazioni di sangue comprendono il dosaggio degli anticorpi per il virus dell’AIDS ho visto incrementarsi il numero dei donatori tra i miei pazienti. Sono praticamente tutti maschi. E mi sorge un dubbio.