M.D. numero 6, 22 febbraio 2006

Focus on
Convenzione: ma i soldi ci sono?
di Monica Di Sisto

Il presidente della Corte dei Conti ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme sulla sostenibilità finanziaria del nostro Ssn, evidenziando l’impossibilità di far fronte agli oneri imposti dal rinnovo di ben cinque contratti del settore sanità, tra cui si annovera anche la nuova convenzione dei medici di medicina generale.

Francesco Staderini, presidente della Corte dei Conti, nella relazione sullo stato dei controlli e della giurisdizione al 1 gennaio 2006, presentata al cospetto del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario, ha puntato il dito contro sei dei ventuno contratti nazionali in esercizio di rinnovo nello scorso anno. Tra di essi, indicati come carenti della copertura finanziaria, ben cinque riguardano il settore della sanità, uno dei quali è proprio il rinnovo della convenzione dei medici di medicina generale (tabella 1).




La funzione principale svolta nello scorso anno dalla Corte è stata quella della diretta ausiliarietà con il Parlamento, che rappresenta l’elemento caratterizzante l’Istituto nell’esercizio di tutte le sue funzioni di controllo.

Corte dei Conti: compiti e funzioni
Le funzioni di controllo della Corte dei Conti si possono, con una certa approssimazione, raggruppare in tre distinte tipologie: controllo preventivo sugli atti; controllo successivo sulla gestione; controllo finanziario-contabile e di diretto ausilio al Parlamento.
Rispetto all’operazione di controllo preventivo, la più antica e, fino a poco più di un decennio fa, la principale funzione di controllo della Corte si esercitava su quasi tutti gli atti dell’amministrazione statale, anche di scarsa rilevanza. A seguito della riforma operata con la legge n. 20 del 1994, i controlli si sono attualmente concentrati soltanto sugli atti di maggiore rilievo finanziario e su quelli generali di indirizzo e di programmazione, che rappresentano il presupposto di una serie successiva di altri atti o gestioni.
Eppure sono pervenuti agli uffici di controllo oltre 15.000 provvedimenti, di cui 66 atti di natura regolamentare. Sono stati formulati 724 rilievi istruttori e 16 sono stati gli atti deferiti all’esame collegiale della competente sezione, tutti con ricusazione del visto di legittimità. Le pronunce di maggior interesse hanno avuto riguardo, nella materia contrattuale, a questioni relative al rispetto delle norme comunitarie sulla concorrenza e, in quella del pubblico impiego, a problematiche interpretative delle norme che regolano il conferimento degli incarichi dirigenziali.
Rispetto al controllo sulla gestione, a seguito della riforma, oggetto del controllo non sono singoli atti, ma intere gestioni, ed il suo parametro è rappresentato, oltre che da norme giuridiche, da criteri generali di buona amministrazione, desumibili dalle discipline economiche, finanziarie e aziendalistiche. “Lo scopo di questo controllo - ha spiegato il presidente della Corte dei Conti Staderini - è quello di accertare il conseguimento da parte dell’amministrazione degli obiettivi prefissati dalla legge o dal programma e le caratteristiche dell’attività posta in essere per realizzarli, con particolare riguardo ai profili dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa”.

Le sezioni riunite, infatti, hanno riferito al Parlamento nell’anno 2005 su molte materie: coperture di legge, decentramento, impatto finanziario di legge delega, ma il tema che ha intrattenuto i giudici con maggiore intensità nei rapporti con le commissioni competenti di Camera e Senato è stato quello del costo del lavoro e della contrattazione collettiva nel pubblico impiego. “In particolare - ha spiegato Staderini a una platea abbastanza sorpresa - nell’ambito dell’attività di certificazione dei contratti pubblici (che è rivolta a verificarne la compatibilità economica e finanziaria con gli strumenti di programmazione e di bilancio), ne sono stati presi in esame ventuno”. Relativamente ai contratti certificati non positivamente, la Corte ha riferito al Parlamento circa le iniziative assunte dalla competente agenzia di negoziazione “sulla definitiva quantificazione dei relativi costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla compatibilità degli oneri con gli strumenti di programmazione e di bilancio”.
Merita attenzione, anche secondo il primo magistrato dei soldi pubblici, la circostanza che, “delle sei ipotesi contrattuali per le quali non vi è stata certificazione positiva, cinque si riferiscono al settore della sanità. In particolare, due di queste riguardano la parte economica del biennio 2002/2003 per il personale dell’area della dirigenza medica e veterinaria e dell’area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo del servizio sanitario nazionale), mentre altre tre concernono il personale convenzionato con il Ssn.
Con particolare riferimento a tali ultimi accordi, le sezioni riunite hanno evidenziato, per i primi due - medicina generale e medicina ambulatoriale - una “non esaustiva indicazione dei criteri di quantificazione degli oneri contrattuali e l’incertezza, questa comune anche al terzo accordo (medicina pediatrica), della relativa copertura finanziaria sotto il profilo della compatibilità e sostenibilità degli oneri con i vincoli di bilancio.
L’ultima delle ipotesi contrattuali non certificata positivamente ha riguardato l’area della dirigenza del comparto Regioni e autonomie locali e ha riproposto all’attenzione della Corte le problematiche connesse alla mancanza di adeguati vincoli e controlli alla contrattazione integrativa, cui viene demandata la disciplina dell’intero trattamento accessorio e delle misure per la valorizzazione professionale dei dipendenti, ivi compresa la mobilità orizzontale e verticale.
In linea generale - ha spiegato comunque Staderini - dando l’avvio a uno stato di allarme anche delle associazioni di categoria, “va detto, sempre relativamente ai contratti dei comparti non statali, che la stessa certificazione di compatibilità economica della Corte risente, inevitabilmente, non solo della scarsa efficacia dei controlli cui è soggetta la contrattazione decentrata, ma, soprattutto, del fatto che essa si fonda su dati conoscitivi privi di riscontri adeguati - nelle sedi decisionali (comitati di settore) - circa l’effettiva sostenibilità, a carico dei bilanci degli enti, dell’onere che su di essi andrà a gravare”. Ovvero le Regioni.

Convenzione: i conti non tornano

Le associazioni sindacali di categoria dei Mmg, all’indomani della relazione del presidente della Corte dei Conti, sono insorte abbastanza duramente, paventando che questo scenario avrà, innanzitutto, serie ripercussione sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini. Per non parlare del rischio che corrono i Mmg di non vedere mai nelle proprie parcelle quel riadeguamento all’inflazione che le organizzazioni sindacali avevano ottenuto con l’approvazione, nell’ambito della Legge Finanziaria 2006, di una raccomandazione delle Camere al Governo.
Cumi-Aiss e Umanef infatti erano riusciti, nelle more dell’approvazione della Legge Finanziaria, a far recepire come raccomandazione delle Camere al Governo un ordine del giorno che prospettava l’adeguamento dei compensi dei Mmg al costo della vita.
Gli ACN della medicina generale, della specialistica ambulatoriale e della pediatria convenzionata, stipulati tra l’organo preposto dalle Regioni, la Sisac, e le organizzazioni sindacali si sono chiusi nel marzo 2005 definendo per il biennio 2004-2005 un incremento complessivo della massa retributiva corrispondente all’inflazione programmata, allora stimata nella misura dell’1.7% per il 2004 e dell’1.5% per il 2005. Il rinnovo del contratto per i medici dipendenti ha invece determinato un aumento relativo a un’inflazione calcolata, per lo stesso biennio, dell’1.9% per il 2004 e del 2.23% per il 2005, aumentata di uno 0.7% ancora in più, derivato dall’impegno del Governo per il rinnovo dei contratti di tutto il pubblico impiego.
Il Parlamento ha dunque impegnato il Governo “a reperire i fondi necessari per l’incremento economico dello 0.7%”. Ma con la crisi economica presente, anche questo impegno rischia di rimanere sulla carta, come molti altri Odg degli anni precedenti.

Un timore asserito


A rafforzare quanto dichiarato dalla Corte dei Conti è anche l’ultimo rapporto del Centro Studi Sintesi, che ha analizzato i “conti” della sanità italiana. Il rapporto spesa sanitaria/Pil in Italia è passato dal 5.9% del 2000 al 6.6% del 2004. Tuttavia, se le regioni del Nord e del Centro presentano valori prossimi alla media nazionale, nel Sud la sanità assorbe quasi il 9% del Pil regionale, con punte del 9.5% in Campania e del 9.2% in Sicilia. Come riusciranno, soprattutto le Regioni del Sud già gravate da questi deficit, a far fronte agli impegni per il rinnovo convenzionale a livello decentrato? I tavoli di concertazione, che avrebbero dovuto già approvare le declinazioni locali dell’ACN, in realtà procedono al rallentatore in quasi tutta Italia. E con queste previsioni di sbilancio, certificate con chiara preoccupazione dalla Corte dei Conti, non c’è da stare troppo tranquilli.