M.D. numero 6, 22 febbraio 2006

Rassegna
Gestione della patologia emorroidaria nel setting della medicina generale
di Giovanni Romano, Direttore Struttura Complessa di Chirurgia 1ª, AO “S. Giuseppe Moscati”, Avellino

Al medico di famiglia spetta il compito di eseguire una visita proctologica approfondita, possibilmente completata da anoscopia, di escludere la presenza di patologie neoplastiche e di selezionare i pazienti da inviare
a consulenza specialistica

N
ell’ambito delle patologie coloproctologiche, quella emorroidaria, caratterizzata da elevata frequenza, dovrebbe coinvolgere attivamente il medico di medicina generale sotto due aspetti. Il primo è quello di offrire una preziosa funzione di filtro, che consente di selezionare i soggetti in funzione della necessità immediata o meno di una valutazione da parte di centri specialistici.
Un altro importante aspetto è quello della gestione del periodo post-operatorio di queste patologie.
Fatta eccezione per la gravidanza, i moventi eziopatogenetici principali – familiarità, fattori alimentari, età, stipsi cronica o diarrea – possono presentarsi in egual misura nell’uomo e nella donna.
Spesso i pazienti lasciano trascorrere molto tempo prima di sottoporsi a una valutazione medica e questo comporta un ritardo sia sul versante diagnostico sia su quello terapeutico. Secondo una recente revisione della letteratura nella popolazione generale, la richiesta di consulenza al Mmg per patologia emorroidaria è di 6/1000 l’anno e allo specialista di 7/10.000 l’anno.

Quadro sintomatologico e diagnostica


Le emorroidi si presentano come dilatazioni del plesso venoso emorroidario sottomucoso e/o di quello sottocutaneo e possono assumere l’aspetto di rigonfiamenti (gavoccioli) più o meno congesti, rosso bluastro, talvolta sanguinanti. L’evoluzione della malattia porta spesso all’esteriorizzazione delle emorroidi interne, ovvero a un prolasso al di fuori dell’orifizio anale.
In base al grado di sanguinamento e, soprattutto, alla gravità del prolasso, le emorroidi vengono classificate di 1° grado se non vi è presenza di prolasso, di 2° grado se il prolasso è spontaneamente riducibile, di 3° grado se è manualmente riducibile e infine di 4° grado se non è riducibile.
Secondo un nuovo sistema classificativo, il PATE 2000, vengono introdotti nuovi parametri relativi alla descrizione topografica di ogni singolo nodulo, alla valutazione degli eventi acuti connessi alla malattia e alla valutazione del tono sfinteriale per definire tutti gli aspetti della malattia emorroidaria.
A seconda che si tratti di emorroidi interne o esterne il corteo sintomatologico sarà differente. Nel primo caso esse in genere danno segno della loro presenza solo durante il passaggio delle feci, con dolore, sanguinamento e prurito. Può accadere che tendano a prolassare all’esterno ed essere riducibili – spontaneamente o manualmente – o assumere una dolorabilità elevata in caso di impossibilità ad essere riposizionate dentro l’ano.
Le emorroidi esterne risultano molto dolorose se sotto tensione e, più frequentemente di quelle interne, possono complicarsi con la formazione di coaguli all’interno della loro compagine. Alcuni di questi sintomi, quando presenti, possono indirizzare il sospetto diagnostico del clinico: sanguinamento alla defecazione con sangue rosso vivo, prolasso che può rientrare più o meno facilmente, prurito spesso accompagnato da sensazione di ano umido, dolore (in genere tipo bruciore), nodulo/i esterni dolenti, a volte a insorgenza nel giro di poche ore.
E' necessaria l’esplorazione visiva e digitale dell’ano e del retto per evidenziare ringonfiamenti delle strutture vascolari ed escludere altre anormalità. Particolare attenzione va sempre posta alla diagnosi differenziale, poiché sono diversi i quadri clinici la cui sintomatologia può sovrapporsi a quella della patologia emorroidaria: ragadi, fistole, ascessi, dermatiti perianali, cancro dell’ano. Se per alcuni di questi vi è in genere assenza di pericolosità e/o di rischio per la vita del paziente, non si può dire lo stesso per le patologie oncologiche che vanno identificate, diagnosticate e stadiate tempestivamente per consentire al più presto di avviare il paziente al trattamento appropriato. In particolare è essenziale escludere altre cause di sanguinamento del tratto gastroenterico – soprattutto in soggetti con fattori di rischio per età (>50 anni), familiarità, presenza di sangue con muco nelle feci – e per questo motivo è bene fare ricorso alla colonscopia.
Il Mmg deve perciò nella sua pratica favorire l’emersione del sintomo; trattare direttamente le patologie di sua competenza; richiedere gli esami appropriati per la diagnostica differenziale; selezionare i pazienti da indirizzare allo specialista adatto per l’inquadramento e la cura della patologia diagnosticata o sospettata.

Principi di terapia


Le linee guida della Società Italiana Chirurgia Colo-Rettale (SICCR) sul trattamento della patologia emorroidaria riassumono le indicazioni al tipo di trattamento per ogni grado di emorroidi, indicando la scelta terapeutica col rispettivo grado di raccomandazione sulla base della sua evidenza scientifica.
Esiste in letteratura sufficiente accordo sul fatto che le emorroidi di 1° grado vadano trattate in maniera conservativa. Accanto ai trattamenti dietetici a base di fibre e acqua per rendere la defecazione più facile, l’uso di flavonoidi (per esempio diosmina) sembra contribuire in maniera importante al controllo dei sintomi mediante i loro effetti sul microcircolo (grado di raccomandazione B). L’uso dei flavonoidi è indicato per il controllo del sanguinamento acuto in tutti i gradi di emorroidi e in quei pazienti in attesa di un trattamento definitivo (legatura elastica, scleroterapia, intervento chirurgico), in modo da poter schedulare adeguatamente i tempi dell’intervento stesso.
Altre opzioni di trattamento prevedono la scleroterapia e la coagulazione all’infrarosso, utilizzate per le forme non prolassanti e, infine, le varie tecniche chirurgiche (legatura elastica, mucoprolassectomia con suturatrice meccanica, legatura delle arterie emorroidarie superiori terminali, emorroidectomia).

Conclusioni


L’esecuzione di una visita proctologica completata da anoscopia negli ambulatori di medicina generale è sicuramente un obiettivo di qualità che, facendo riappropriare il Mmg di competenze oggi diventate quasi esclusive dello specialista, lo gratifica dal punto di vista professionale. Ogni paziente con sintomi anorettali dovrebbe avere dal proprio medico di famiglia una prima valutazione sulla base di un’esplorazione rettale e possibilmente di un’anoscopia, avendo ben presente che il 90% delle patologie possono essere trattate al primo livello di cura.
La conoscenza delle patologie anorettali di competenza specialistica permette inoltre al Mmg di informare e consigliare adeguatamente il paziente.
È in quest’ottica che si inseriscono i corsi teorico-pratici della SICCR, in collaborazione con Alfa Wassermann e rivolti al Mmg, allo scopo di esercitare il medico di famiglia nell’esecuzione di una adeguata visita del paziente con sintomi anorettali, con l’obiettivo di una rapida esclusione della patologia neoplastica e di un management appropriato delle altre patologie anorettali.