M.D. numero 6, 22 febbraio 2006

Riflessioni
La cura della parola, ossia terapia di serie B
di Leonardo Trentadue, Medico di medicina generale, Ferrandina (MT)

Tra le funzioni professionali del Mmg, ce n’è una che di rado è sottolineata e che non è soggetta a retribuzione: “la cura della parola”. La si potrebbe, tecnicizzando, chiamare terapia verbale o, filosofeggiando, cura dell’anima. Resta il fatto che, quando il Mmg cura un malato, accanto alla terapia medica sensu stricto, aggiunge una serie di interventi che attengono ad altre branche dello scibile, come la psicologia, la sociologia, la filosofia, la teologia per chi è credente, ecc. Alcuni, in modo riduttivo, chiamano ciò “buonsenso”, “filosofia spicciola” o altro, contribuendo a negare ad essi ogni valenza terapeutica. Altri addirittura negano loro qualsiasi significato, considerandole semplici integrazioni delle funzioni strettamente professionali del medico

D
a anni la medicina generale ha acquisito una sua specificità che ritrova nell’accezione “medicina biopsicosociale” i tratti salienti della sua significatività. Se prima i medici di famiglia non avevano piena coscienza di questi aspetti del loro comportamento terapeutico-professionale, oggi sono più consapevoli del proprio ruolo e sentono che tali aspetti sono sostanziali, ma non riconosciuti dallo Stato. Il leggendario medico condotto di stampo balzachiano non si poneva minimamente questa problematica, immerso com’era nella sua funzione “olistica” di factotum, con una spinta che non è retorico definire idealistica. Ma da allora ne è passata acqua sotto i ponti.
I Mmg di oggi, con tutti i problemi burocratici, economici e di identità, hanno subito una vera e propria mutazione genetica sul piano professionale, stritolati dai meccanismi economicistici e alienizzanti della società. In questa situazione di accerchiamento cercano di difendersi dando risalto a ogni aspetto della loro professione. In questa valorizzazione non può non rientrare la cura della parola. Quale Mmg può dire di non essere mai venuto in contatto, o avere dovuto tenere in conto nel suo rapporto terapeutico situazioni esistenziali e sociali degli assistiti?
Può succedere talvolta, come è stata mia esperienza, che dei pazienti si rivolgano al Mmg anche per ottenere prestiti, come se l’ambulatorio fosse una sorta di sportello bancario. Questo accade perché nell’immaginario collettivo i Mmg sono visti socialmente dagli assistiti come dei professionisti facoltosi, con lauti guadagni, ignorando le innumerevoli difficoltà che oggi attanagliano la categoria.

Altre esperienze


Questa funzione che il Mmg esercita gratuitamente, in altre nazioni ha già assunto una propria specificità. Negli Stati Uniti, per esempio, molti ospedali hanno il “philosopher in residence” o “l’ethicist” che si affiancano ai medici per assistere e curare i pazienti che necessitano del loro intervento. Si sa che gli americani hanno la tendenza a parcellizzare in modo esasperato la medicina e in questo sembrano gli epigoni della scuola di Cnido, che nell’antica Grecia si opponeva alla scuola di Cos. In questo caso però si tratta di una razionalizzazione della pratica medica del tutto legittima e funzionale al concetto di appropriatezza che oggi interessa come non mai la medicina generale.
Da noi, invece, succede che un solo professionista si debba assumere il peso e la responsabilità di attuare cure ad “ampio spettro d’azione” senza avere un background culturale e professionale adeguato. Tutto è lasciato al caso e alle capacità culturali e individuali del singolo. Il più delle volte il Mmg è costretto a “tappare i buchi” su basi puramente empiriche, a meno che non abbia conseguito un’altra laurea in filosofia o sociologia o che abbia uno sterminato bagaglio culturale. E allora, visto che questo compito esiste e contribuisce alla specificità del medico di famiglia, perché non dargli una dignità scientifica organizzando corsi di formazione filosofico-sociologici, accanto a quelli sulle dislipidemie, malattie cardiovascolari ecc.? Perché non spingere per vedere riconosciuto anche sul piano economico un lavoro importante, forse decisivo se fatto in maniera eccellente? Certo sopravviene un po’ di tristezza se si pensa che, una volta acquisiti tali diritti, assomiglieremmo più al sofista Antifonte, del quinto secolo a.C., che curava le malattie dell’anima a pagamento, che al grande Socrate che elargiva a tutti gratis la sua filosofia. Ma dall’antica Grecia ad oggi l’uomo è molto cambiato, scivolando sempre più verso il materialismo egotistico e belluino, senza che la storia, per dirla con Montale, “la devastante ruspa” che però “lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli”, gli abbia insegnato niente.