M.D. numero 7, 1 marzo 2006

Diagnostica
L’ecografo nello studio del medico di famiglia
di Giuseppe Brundusino, Medico di famiglia, Rozzano (MI)

Il setting della medicina di famiglia può essere un luogo privilegiato per la diagnostica ecografica. Non vanno però trascurati alcuni aspetti, tra cui quello formativo e quello economico, oltre ai limiti intrinsechi alla metodica stessa


A
nni fa, quando la metodica ecografica si stava perfezionando e ancora ricercava un’identità propria, veniva rimarcato il fatto che tale presidio fosse strettamente operatore-dipendente. In generale si identificava una cerchia di “ecografisti bravi” e una di “ecografisti pressoché incapaci”. Ne conseguiva una forte diffidenza nella lettura di un referto ecografico effettuato presso una deteminata struttura se questa era etichettata come “non affidabile”. La presenza di apparecchiature che possedevano una modesta capacità risolutiva dell’immagine determinava però la possibilità di grossolani errori anche da parte di medici esperti che operavano in strutture “affidabili”.
Oggigiorno la metodica ecografica, utilizzata con sempre maggiore frequenza per scopi diagnostici, si è molto affinata, sempre più professionisti sono in grado di eseguirla e viene utilizzata in ogni campo della medicina (cardiologia, reumatologia, ortopedia, chirurgia, ecc) in funzione del setting al quale si vuole applicarla.
Fra questi, quello che ha fatto e fa discutere maggiormente è quello della medicina di famiglia. Nei congressi di alcune società scientifiche specialistiche accade ancora oggi di sentire commenti assolutamente inappropriati e indecorosi sulle reali capacità e potenzialità del medico di famiglia.
In realtà anche il medico di famiglia, continuamente assetato di voglia di sapere, desideroso di non essere solo un mediocre prescrittore, sempre avvolto da una corazza indistruttibile di entusiasmo, è in grado di effettuare brillanti diagnosi clinico-ecografiche nel proprio studio. Sicuramente, per poterle effettuare, è necessario impossessarsi della metodica, con un corretto training teorico-pratico, effettuabile, a mio parere, con l’ausilio delle società scientifiche e dei reparti ospedalieri dedicati.
Una volta acquisita, la metodica andrebbe “alimentata” in continuazione, eseguendo più indagini possibili e avendo riscontri, in casi dubbi, con altre metodiche diagnostiche.

Setting della medicina di famiglia


Nel determinare la sensibilità diagnostica di un professionista il setting in cui si opera è estremamente importante. A confronto di quello ospedaliero, quello del medico di famiglia risulta essere alquanto povero di patologia impegnativa, pertanto potrebbe essere utile avere contatti con reparti specialistici, per mantenere l’“occhio allenato” all’identificazione di quelle patologie che, anche se molto rare nella casistica del medico di famiglia, devono e possono essere comunque diagnosticate.
Non va però dimenticato che spesso una diagnosi è il punto di arrivo di un percorso a step, non il solo risultato di una diagnostica per immagini: chi meglio del medico di famiglia è a conoscenza di questo percorso? Chi meglio del medico di famiglia è in grado di unire tutti i pezzi di questo mosaico diagnostico e interpretarne i risultati?
Nella medicina di famiglia sta sempre più prendendo spazio l’utilizzo del supporto ecografico nell’ambulatorio o, se si posseggono le apparecchiature trasportabili, a casa del paziente che non deambula, per lo studio di alcuni distretti (addome, tiroide, spalla, ginocchio e testicolo). Purtroppo per diversi motivi sembra non molto realizzabile l’esecuzione di un’ecografia durante la classica visita quotidiana del paziente.
Va però tenuto presente che se il paziente decide di eseguire l’esame ecografico nel nostro studio, gli va garantita una valutazione degli apparati interessati al quesito diagnostico in modo dettagliato. Egli ha il diritto di ottenere una prestazione completa ed esaustiva, come accadrebbe se dovesse eseguire l’esame in sede diversa, evitando omissioni e misconoscenze che potrebbero esserci in caso di analisi troppo mirate e/o frettolose.
In proposito mi sovviene il caso di un paziente sessantenne, per il quale c’era indicazione alla esecuzione di un esame ecotomografico del fegato e delle vie biliari per una sintomatologia attribuibile a una patologia colecistica. Il suo medico di famiglia, effettuando l’esame durante l’orario di ambulatorio, non completò l’esame del fegato in toto e si limitò a esplorare solo la colecisti (che risultava essere normale). La fortuna fece in modo di identificare comunque una lesione solida, di aspetto ripetitivo, che si trovava proprio a ridosso di un segmento epatico contiguo alla colecisti. Se tale lesione si fosse trovata in un altro segmento sarebbe stata misconosciuta e ne sarebbe conseguito sicuramente un ritardo diagnostico.
È convinzione della maggior parte delle società scientifiche che l’indagine ecografica debba essere effettuata in un ambiente tranquillo, con una tempistica che risulta essere incompatibile con quella della pratica clinica quotidiana del medico di famiglia. È anche opinione pressoché comune a tutti i Mmg, che abbiano una discreta esperienza sull’utilizzo della metodica, che l’esame ecografico dovrebbe essere effettuato al di fuori delle ore dichiarate per la medicina generale e quando è necessario dopo un’adeguata preparazione del paziente (digiuno, replezione vescicale, ecc.).
Recentemente ho avuto modo di effettuare un piccolo sondaggio fra colleghi Mmg che già effettuano l’ecografia. La situazione appare particolarmente eterogenea, il livello è estremamente variabile e la competenza varia tra chi esegue la sola ecografia addominale fino a realtà dove la competenza arriva all’applicazione della metodica per lo studio dell’apparato cardiovascolare.

Abilità dell’operatore


Condizione essenziale per potere affiancare l’ecografia alla medicina generale è la consapevolezza dei propri limiti e di quelli della metodica stessa. Non saremo mai dei bravi ecografisti (nemmeno dei bravi medici) in assenza di una giusta dose di umiltà e un obiettivo e consapevole limite al nostro operato.
Un esempio può essere l’esame ecografico della mammella: l’abilità si acquisisce durante il periodo di training in ospedale, ma tale approccio diagnostico diventa frequentemente non perseguibile nel setting della medicina generale, per l’estrema scarsità di richiesta dell’esame. La conseguenza pressoché immediata diventa, nostro malgrado, l’abbandono dello studio ecografico della mammella, in quanto la scarsa casistica smette di “alimentare” la sicurezza a suo tempo acquisita.
L’esempio contrario è l’utilizzo dell’ecografia per lo studio della patologia muscolo-tendinea e articolare. Non è infrequente infatti il riscontro diagnostico di patologie flogistico-degenerative, per esempio a carico della spalla. In questi casi, quando non controindicata, può essere di grande ausilio la terapia iniettiva locale, che eseguita sotto guida ecografica offre risultati straordinari e minori complicanze rispetto ad altre terapie se vengono rispettate le più elementari norme di asepsi.

Responsabilità professionale


Un problema molto sentito per chi pratica l’ecografia è quello riguardante la responsabilità professionale. Spesso i neofiti ecografisti si domandano: “Se poi non vedo un tumore?”. Effettivamente questo è un problema di grande attualità e di rilevante importanza.
L’ecografia è una metodica che presenta una certa sensibilità e specificità, che in ogni caso non arriva mai al 100%. Di conseguenza, ogni incidente correlato all’utilizzo dell’ecografo che abbia rilevanza medico-legale (in genere di tipo omissivo) deve fare i conti anche con la sensibilità e specificità della metodica stessa. Di fronte a un’omessa diagnosi ecografica (di cui fa da padrona la patologia neoplastica) le sentenze dei Tribunali tengono conto soprattutto del tipo di training che ha portato alla preparazione del medico, il numero di ecografie eseguite e l’aggiornamento certificato dalle società scientifiche.
Va segnalato che però allo stato attuale non sono particolarmente note problematiche medico-legali collegate a omesse diagnosi che riguardano Mmg ecografisti.

Aspetto economico


Un altro aspetto che va preso in considerazione è quello economico e il risultato fra ciò che il paziente onora dopo la prestazione e l’onere dell’acquisto dell’apparecchiatura.
A questo proposito è di fondamentale importanza la scelta dell’apparecchio ecografico, che deve basarsi su tre aspetti: capacità, possibilità economiche e potenzialità di resa economica prevista.
Indagando le esperienze di varie realtà sul territorio italiano, non mi è giunta alcuna notizia di perdite economiche conseguenti all’acquisto dell’ecografo e alla sua messa in opera. In tutti i casi gli introiti sono stati significativamente superiori rispetto alle spese sostenute.

Conclusioni


Non vuole essere mia intenzione proporre la presenza dell’ecografo in tutti gli studi medici, e neppure di altri tipo di apparecchiature, in modo indiscriminato e contro la volontà del professionista. La pratica dell’ecografia va riservata solo ed esclusivamente a coloro che desiderano realmente eseguirla, in modo volontario e libero da ogni forzatura.
Il medico che deciderà di portare l’ecografia al servizio dei propri pazienti dovrà adattare le conoscenze al proprio setting locale e al bacino di utenza. Tutto ciò, in un contesto caratterizzato da un buon background culturale e continuamente alimentato da grande passione per la metodica, consentirà di eseguire diagnosi precoci, precise ed efficaci.