M.D. numero 8, 8 marzo 2006

Note stonate
A proposito della gestione dei servizi territoriali
di Luter Blisset
Alcuni concetti espressi nell’articolo sulla clinical governance in medicina generale (M.D. 2005; 37: 4-6) mi hanno stimolato delle riflessioni. Nell’articolo, per esempio, si sostiene che per passare dalla teoria alla pratica della clinical governance è necessario che i modelli nascano dal basso, cioè dai Mmg e, soprattutto, che non si possa separare l’atto clinico (della medicina generale) dalla sua gestione (che deve essere in carico agli stessi Mmg). Ma se i modelli devono partire dal basso e se la medicina di famiglia ha veramente un ruolo strategico nel buon funzionamento dell’assistenza del Ssn, allora ci troviamo di fronte a reiterate contraddizioni. Come è possibile, per esempio, che i servizi territoriali operanti a stretto contatto coi Mmg siano gestiti da non medici? I quali, peraltro, hanno una millesima parte delle responsabilità deontologiche, legali e professionali di un medico. Le alte dirigenze aziendali però sostengono strenuamente la candidatura dei non medici ai vertici dei servizi sul territorio. Ma quello che è paradossale è che per essi tali figure apicali (non mediche) non sbaglino mai, a differenza dei medici di famiglia, siano sempre encomiabili e se tavolta capita che l’errore sia evidente, si chiude lo stesso un occhio. Non di rado gli interessati dei misfatti organizzativi gestionali sono addirittura premiati.
Analizzando le cose da un mero punto di vista economico-gestionale, visto che le risorse sono limitate, un medico che ha responsabilità e capacità gestionali e organizzative può anche fare attività di ambulatorio, sostituire colleghi in malattia o in ferie, ecc. Uno psicologo, per esempio non può fare ambulatorio. Le alte dirigenze amministrative, nascondendosi dietro la parola clinico, tendono a livellare le responsabilità che non sono per nulla sovrapponibili. Tutto ciò crea diseconomie a volte gravissime, mai considerate dalle Asl e neppure dai sindacati. In proposito, sono stato testimone del fatto che in un tavolo regionale riunito per affrontare la questione degli accordi regionali un rappresentante di un importante sindacato, dopo aver letto le bozze del testo che argomentava sui Nuclei di Cure Primarie (NCP), ha espresso il seguente concetto: “considerato che nella medicina generale vi è una importante componente psico-sociale non c’è da scandalizzarsi nel pensare che il coordinatore (ex-referente) del NCP possa essere un non medico”. Questo stato di cose procura un forte disagio nei medici che si traduce, a sua volta, in perdita di consensi. Sarebbe opportuno che le amministrazioni sanitarie regionali facessero un’analisi anche politica della situazione comunicativa e partecipativa. Al momento fanno orecchie da mercante, ma restano saldi sull’affermazione che ciò che continua a rovinare la sanità italiana, guarda un po’, è la prescrizione farmaceutica dei medici di famiglia.