M.D. numero 8, 8 marzo 2006

Terapia
La gestione del dolore nelle malattie reumatiche: cosa chiedono i pazienti?
di Livia Tonti

Il dolore condiziona fortemente la qualità della vita dei malati reumatici. Tra le principali richieste del paziente con queste patologie vi sono la rapidità e la durata degli effetti antidolorifici. La scelta di una terapia adatta può aiutare a venire incontro a queste esigenze


Il dolore muscolo-scheletrico è sicuramente uno degli aspetti principali delle malattie reumatiche come artrosi, reumatismi extrarticolari, spondiloartriti, artrite reumatoide. Non solo è considerato un indice di attività e severità di malattia e in grado di condizionare la prognosi a lungo termine, ma rappresenta un elemento fortemente condizionante la qualità della vita. Con il peggioramento della malattia il dolore può finire infatti per ostacolare ogni movimento durante la giornata e anche il riposo notturno e contribuire alla limitazione funzionale delle articolazioni colpite, a sua volta responsabile dei problemi incontrati dal paziente nella gestualità quotidiana.
Questa situazione determina significativi riflessi anche sulla sfera comportamentale, cognitiva e affettiva, poiché disturba l’espressività corporea e quindi la capacità di comunicare, le interazioni sociali e familiari e l’attività lavorativa, contribuendo a peggiorare drammaticamente la qualità di vita.
Quasi tutti i malati reumatici che chiedono consulto al Mmg, lo fanno a causa del dolore e della limitazione funzionale provocati dalla malattia.
Una recente indagine realizzata sul territorio italiano con il coinvolgimento di oltre 600 medici di famiglia ha mostrato come per il 57% dei pazienti il dolore, anche se in corso di trattamento, impedisca di svolgere normalmente le attività quotidiane, come alzarsi ed essere subito attivi la mattina, lavorare, salire e scendere le scale, fare le faccende di casa, ecc.
La stessa indagine ha rivelato come l’84% dei medici e il 55% dei pazienti siano in accordo sul fatto che la principale ragione di richiesta di consulto sia relativa alla domanda di terapie più efficaci contro il dolore e come 9 medici su 10 ritengano che la richiesta prioritaria che i pazienti affetti da artrosi o da artrite reumatoide rivolgono loro sia il controllo efficace e immediato del dolore (figura 1).
La troppo breve durata dell’effetto antidolorifico è la prima causa di lamentela da parte del paziente (riscontrata nel 33% degli intervistati), seguono la scarsa rapidità d’azione (22%) e l’inefficacia della terapia (20%). Indipendentemente dall’insoddisfazione dichiarata, l’81% dei pazienti afferma di essere propenso a modificare l’approccio terapeutico qualora il medico lo proponga, suggerendo la disponibilità a cambiare le proprie abitudini quando vi sia un possibile miglioramento degli effetti della terapia.
z Opzioni di trattamento
Per venire incontro a queste esigenze terapeutiche a lungo termine il medico ha attualmente a disposizione alcune alternative che si sono rivelate di una certa efficacia.
Innanzitutto gli analgesici semplici, in particolare il paracetamolo, indicato soprattutto per il dolore lieve-moderato (il farmaco però è controindicato in pazienti epatopatici).
Un’alternativa può essere rappresentata dagli analgesici oppioidi, come il tramadolo, che possono essere usati da soli o in combinazione con paracetamolo o FANS nei casi in cui questi non diano risultati soddisfacenti.
Un ruolo di primo piano è da tempo svolto dai FANS, dimostratisi efficaci nel ridurre sia la flogosi che il dolore, senza effetti sulla progressione della malattia. Il loro meccanismo d’azione si basa essenzialmente sulla soppressione della sintesi prostaglandinica mediata dall’inibizione dell’enzima ciclossigenasi, nelle sue isoforme Cox-1 e Cox-2. La tossicità di questi farmaci, soprattutto a livello gastrointestinale, correlata al dosaggio e alla durata della terapia, rappresenta il fattore maggiormente limitante il loro impiego.

Inibitori della Cox-2


In questo ambito uno spiccato interesse è stato suscitato dall’introduzione degli antinfiammatori selettivi per la Cox-2, i cosiddetti coxib, caratterizzati da un rischio minore di effetti collaterali indesiderati a carico dell’apparato gastroenterico rispetto ai FANS tradizionali. Questa peculiarità ha fatto sì che tali farmaci potessero essere considerati più adatti dei FANS tradizionali per una larga fetta di pazienti reumatici che sono ad alto rischio, tra cui gli anziani (Pilotto et al. Aliment Pharmacol Ther 2005; 22: 147-55).
Diversi studi hanno confrontato l’efficacia di coxib e FANS non selettivi, dimostrando risultati almeno analoghi, ma alcune evidenze hanno suggerito come i primi possano presentare alcuni vantaggi in termini di rapidità e durata degli effetti.
Uno studio di Zacher et al (Curr Med Res Opin 2003: 19: 725-36), che ha confrontato efficacia e tollerabilità di etoricoxib, inibitore della Cox-2 altamente selettivo, alla dose di 60 mg una volta al giorno (n=256), con diclofenac 50 mg tre volte al giorno (n=260) in pazienti con artrosi del ginocchio o dell’anca per 6 settimane, ha dimostrato un’efficacia paragonabile fra i due farmaci.
Oltre al vantaggio della monosomministrazione giornaliera, realizzabile grazie agli effetti prolungati della terapia e che può avere effetti positivi anche nel facilitare l’adesione al trattamento, etoricoxib ha fatto registrare un significativo miglioramento rispetto a diclofenac per quanto riguarda la rapidità degli effetti, nettamente superiore quando valutata a 4 ore dall’assunzione della prima dose di farmaco il primo giorno di terapia (figura 2).
Un altro studio di Matsumoto et al (J Rheumatol 2002; 29: 1623-30) ha confrontato l’efficacia e la tollerabilità di etoricoxib 90 mg con naprossene 1000 mg in pazienti con artrite reumatoide attiva trattati per 12 settimane. Un terzo gruppo di pazienti è stato trattato con placebo.
Al termine del periodo di osservazione aveva abbandonato il trattamento per efficacia insoddisfacente una percentuale significativamente maggiore di pazienti del gruppo placebo e del gruppo naprossene rispetto al gruppo etoricoxib (rispettivamente 54.5%, 36.5%, 21.7%; p<0.01 per etoricoxib rispetto agli altri due trattamenti).
Il trattamento con etoricoxib è risultato più efficace rispetto agli altri due approcci già a partire dalla prima valutazione, avvenuta dopo 2 settimane di trattamento, e tali differenze si sono mantenute per tutta la durata dello studio (figura 3), suggerendo come il trattamento con questo inibitore della Cox-2 dei pazienti con artrite reumatoide possa apportare importanti vantaggi rispetto a naprossene.
Come per tutti i farmaci il trattamento con coxib richiede particolari cautele: è infatti controindicato per i pazienti con cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare o insufficienza cardiaca congestizia; la terapia con etoricoxib non deve essere iniziata in pazienti con ipertensione arteriosa non controllata ed è necessario un monitoraggio pressorio negli altri pazienti.