M.D. numero 9, 15 marzo 2006

Focus on
Quando il budget cade dallšalto
di Giuseppe Belleri, Medico di medicina generale, Flero (BS)

Senza la partecipazione attiva di tutti gli operatori sanitari è arduo per la Giunta regionale della Campania raggiungere gli obiettivi di risparmio fissati con la delibera 1843 che ha introdotto il budget per la medicina generale su tutto il territorio. Decisione che allarma i medici di famiglia della Regione e preoccupa anche i vertici sindacali nazionali.


Tabella 1
Bugdet, ovvero chi fa che cosa, con quali obiettivi, risorse materiali e umane

Controllo di gestione è lo strumento di verifica delle attività svolte, in relazione ai piani aziendali e alle risorse previste. Il ciclo di programmazione e controllo a cadenza annuale comprende:
1. la definizione degli obiettivi e degli indicatori con cui misurarne l’attuazione;
2. la previsione di costi e investimenti necessarie a raggiungere gli obiettivi;
3. la rilevazione preordinata degli indicatori, mediante un idoneo sistema informativo;
4. i resoconti periodici (reporting) per la stima dei risultati conseguiti rispetto a quelli attesi. L’insieme degli elementi dei punti 1 e 2 costituisce il budget.
La parola budget in pratica nella sanità italiana ha finito per indicare un particolare bilancio preventivo economico per centri di responsabilità, con dettagliata definizione di obiettivi e individuazione dei responsabili del processo. Al grado di raggiungimento degli obiettivi di budget sono collegati gli incentivi del cosiddetto “sistema premiante”.
L’efficacia del budget aumenta se:

  • chi è coinvolto negli obiettivi, preventivamente condivisi e negoziati, riceve un feedback frequente sul grado di raggiungimento degli obiettivi;
  • i criteri di ricompensa (i “premi”) sono chiari;
  • i professionisti credono in una loro applicazione oggettiva, equa e non eccessivamente penalizzante per chi non riuscisse a raggiungere gli obiettivi.

Probabilmente è la prima volta che viene introdotto in modo imperativo, dalla sera alla mattina, un budget sanitario rivolto a migliaia di medici sparsi su un vasto e popoloso territorio come quello della Regione Campania. In genere operazioni manageriali di questo tipo necessitano di una fase, più o meno lunga e laboriosa, di consultazione delle rappresentanze dei professionisti cointeressati agli obiettivi gestionali e finanziari. In particolare riveste un ruolo cruciale la fase di negoziazione con i principali attori del processo di budgeting che, si badi bene, non va limitata ai soli direttori (per esempio di divisione ospedaliera complessa), ma andrebbe estesa anche al personale medico, paramedico e amministrativo (tabella 1). Di tutto ciò non c’è traccia nella delibera 1843 della Regione Campania, approvata nel dicembre scorso, che introduce il budget per la medicina generale su tutto il territorio regionale (M.D. 2006; 7: 10-11), e nemmeno nella sua traduzione pratica a livello di apparato amministrativo aziendale (tabella 2), destinata a impattare in primis sui professionisti e poi a cascata sugli assistiti del Servizio sanitario regionale (Ssr). È difficile che senza il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli operatori sanitari si possano raggiungere gli obiettivi fissati dalla giunta della Campania, che ha messo in allarme i medici di medicina generale della Regione e preoccupa anche i vertici sindacali nazionali.
In un precedente articolo (M.D. 2006; 4: 8-10) ho proposto una distinzione teorico-pratica tra budget finanziario e budget di salute, vale a dire la divaricazione tra politiche finalizzate al mero contenimento dei costi sul breve periodo e visioni più ampie orientate a una gestione complessiva dei problemi di salute, in particolare quelli di medio-lungo periodo relativi alle patologie croniche.

Tabella 2
Obiettivi di budget dellšazienda ASL 3 della Campania

Con deliberazione n. 2 del 16.1.06 la direzione dell’Asl ha varato il budget di previsione per l’anno 2006 e quello relativo al triennio 2006-2008, formulati sulla scorta della delibera regionale 1843 del 9.12.05. Tale direttiva impone all'Asl di conseguire una riduzione dei costi pari a 18,216 milioni di euro nella gestione 2006, di ulteriori 16,704 milioni
nel 2007 e di altri 19,904 milioni nel 2008, rispetto ai costi registrati nel 2004.
Per la realizzazione degli obiettivi occorre che ciascun medico limiti la prescrizione di farmaci al 90% almeno della massa prescrittiva registrata al 31.12.05, nel rispetto del principio dell'appropriatezza ed all'interno dei meccanismi di collaborazione con l’Azienda.
Analoghe riduzioni e con le stesse finalità di rispetto del principio dell’appropriatezza vanno realizzate nel settore delle prescrizioni di esami di laboratorio e di radiologia e in generale di prestazioni specialistiche. Le prestazioni di FKT, infine, vanno ridotte del 15%; quelle di assistenza integrativa del 9.8%.
Tali obiettivi di risparmio continueranno negli anni 2007 e 2008 per realizzare altre economie tra cui:

  • per la retribuzione dei Mmg e Pls riduzione nel 2007 del 3% rispetto al 2006 e nel 2008 del 4% rispetto al 2007;
  • per i farmaci prescritti dai Mmg e Pls riduzione del 6% nel 2007 e del 3% nel 2008.

Un caso esemplare

La delibera 1843 della Regione Campania rappresenta, se analizzata con questo schema di lettura, un caso esemplare sia per il suo impianto “teorico” sia per i suoi possibili esiti empirici. Probabilmente i responsabili dell’applicazione del provvedimento incontreranno non poche difficoltà, in sede locale, nella verifica del rispetto degli ambiziosi obiettivi posti ai professionisti coinvolti nel cosiddetto budget triennale 2006-2008.
Gli obiettivi del piano triennale regionale rientrano in due distinte categorie:

• target finanziari globali, cioè riferiti a voci di spesa come assistenza farmaceutica, specialistica ambulatoriale, ospedaliera, ecc.;
• target specifici per patologia, relativi alla malattia diabetica.

Target globali

Riguardo alle voci globali di spesa sorge un primo problema pratico: qual è la popolazione di riferimento per le statistiche sul contenimento della spesa? Il massimale individuale, quello delle forme associative o la dimensione distrettuale?
A livello internazionale, nella logica di budget hanno valore statistico solo popolazioni ben più numerose rispetto alle scelte in carico al singolo medico di famiglia. Per esempio in Gran Bretagna, nel momento di introdurre quella particolare forma di budget denominata fundholding, fu definita una popolazione minima di 9.000 cittadini, vale a dire gli assistiti afferenti a un gruppo omogeneo di medici associati in una “practice”. Questo parametro fu individuato per poter tener conto dell’effetto della varianza statistica e per avere una ripartizione equa del rischio tra i vari professionisti (Levaggi R. Forme di organizzazione dei Mmg, budget e governo della spesa. In Fiorentini G. I servizi sanitari in Italia. 2003. Bologna, Il Mulino, 2004). Ciò significa che i dati di spesa del singolo medico di famiglia non hanno valore ai fini della programmazione e del controllo finanziari. Proprio per questi limiti le Asl incentivano l’aggregazione dei professionisti che, in prospettiva, potrebbero assumere il ruolo di centro di responsabilità territoriale, in analogia con quelli ospedalieri.
Oltre a queste problematiche epidemiologiche e statistiche, si profila un altro problema: con quale metro di deve valutare lo scostamento del singolo medico rispetto al dato “storico” di riferimento, vale a dire la spesa registrata nell’anno 2005?
Un dato è certo: la spesa farmaceutica è influenzata da numerose variabili, alcune correlate alle scelte cliniche del medico di medicina generale, altre invece che sfuggono al suo “controllo” ma possono avere un impatto sulle medie prescrittive.
Ecco un sommario elenco di fattori che possono influenzare la spesa del singolo professionista o dell’intera categoria:
• la composizione anagrafica della popolazione: anche ammesso che non subisca significative variazioni annuali, nel corso del triennio l’invecchiamento della popolazione comporta di per sé un incremento delle prestazioni per l’incidenza di malattie collegate all’età;
• il numero di scelte in carico: nell’arco triennale è possibile che un medico registri incrementi o riduzioni numeriche della popolazione assistita, che si rifletterà sulla spesa farmaceutica (necessità di pesatura della popolazione per età e sesso);
• l’influenza degli altri prescrittori: diverse categorie di farmaci sono indotte dalla medicina specialistica, come i prodotti soggetti a Note AIFA e Registro Asl o le specialità prescritte a particolari categorie di assistiti (antitumorali, immunosoppressori, interferoni, prodotti ormonali ecc.);
• gli eventuali provvedimenti regolatori presi a livello nazionale o locale, come introduzione di ticket, modifiche di prezzo per sconti imposti alle aziende, ristrutturazioni del prontuario o rimborsabilità di nuovi farmaci ecc.;
• le variazioni epidemiologiche stagionali, tipo epidemie di malattie infettive, con conseguente aumento di prescrizioni antibiotiche, antivirali ecc.
Tutti questi elementi possono incidere significativamente sulle medie di spesa indipendentemente dal comportamento prescrittivo del professionista; basti pensare all’incremento generalizzato delle prescrizioni conseguente all’abolizione “elettorale” dei ticket nel 2001, ai drastici abbattimenti della spesa conseguenti alla ristrutturazione del prontuario del 1994 o, più recentemente, all’impennata verificatasi nel novembre scorso con il venire meno dello sconto imposto alle aziende farmaceutiche.

Target specifici

Oltre a queste problematiche generali, non di poco conto, gli obiettivi di budget individuati dalla Regione (-18% per la farmaceutica nel triennio 2006-2008) riguardano anche una patologia sociale ad alta prevalenza come il diabete (5% circa della popolazione generale, in costante aumento dalla quarta decade di vita). Ciò significa che, a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’incidenza annuale di nuovi casi, i medici di famiglia campani dovranno contenere le prescrizioni di farmaci, gli accertamenti per il monitoraggio, i ricoveri, seppur “nel rispetto del principio dell'appropriatezza” come recita la circolare dell’Asl Napoli 3.
Il concetto di appropriatezza, in campo diabetologico, ha un ben preciso significato: mantenere i livelli di glicemia e, soprattutto, di emoglobina glicata entro valori che garantiscano la minore progressione dei danni d’organo e il minor numero di complicanze acute correlate all’evoluzione della malattia.
Va da sé, per esempio, che la riduzione delle prescrizioni di antidiabetici o il diradamento dei controlli metabolici potrebbero indurre un peggioramento dell’assetto glicemico che, a sua volta, potrebbe comportare un incremento di ricoveri per complicanze acute o croniche, vanificando così i risparmi propiziati dal contenimento della spesa per farmaci o accertamenti. L’esperienza del disease management e del PDT del diabete si reggeva proprio su questa ipotesi, ovvero che il controllo assiduo del metabolismo glucidico, sulla scorta delle indicazioni emerse dagli esiti di grandi trial clinici, avrebbe rallentato le complicanze e ridotto l’incidenza di eventi acuti, compensando così l’incremento della spesa del primo periodo di introduzione del PDT.

Monitoraggio della spesa


Inoltre per monitorare la spesa relativa a una patologia complessa come il diabete è necessario un sistema informativo capillare e dettagliato, che distingua l’origine delle prescrizioni e ricostruisca il percorso assistenziale. Molti diabetici infatti sono presi in carico dai centri antidiabetici anche se poi le prescrizioni, tra un follow up e l’altro, ricadono sempre sul Mmg: a chi verranno addebitati, per esempio, i costi dei farmaci e degli accertamenti indotti dai centri specialistici? Dalla lettura della Delibera 1843 non è possibile comprendere come verrà risolto il problema dell’attribuibilità delle prescrizioni: per esempio un ricovero prescritto dal diabetologo verrà attribuito al budget del medico di famiglia? Nella delibera della Regione Campania contano solo le cifre secche delle previsioni di budget annuale.
Va ricordato, infine, che i diabetici sono tra i malati cronici quelli gravati dal più pesante tasso di comorbidità, essendo in molti casi contemporaneamente portatori di ipertensione, arteriopatie, insufficienza renale cronica, neuropatia, retinopatia ecc. Un pesante fardello destinato a divenire ancora più gravoso, se non altro dal punto di vista economico.

Medico di famiglia tra due fuochi


Pare di capire che tutto debba ricadere sul medico di medicina generale, che così si troverà stretto (per meglio dire stritolato) tra due fuochi: da una parte i pazienti, soprattutto quelli cronici, giustamente esigenti in fatto di qualità delle cure e poco propensi ad accettare l’idea di pagarsi i farmaci consigliati dallo specialista, e dall’altro l’Asl, che minaccia drastici tagli alle retribuzioni del Mmg che non rispetta il tetto imposto dalla Regione. Un copione già vissuto più volte dai generalisti nel recente passato, che ripropone la logica del parafulmine: scaricare le contraddizioni del sistema sull’ultimo anello della catena sanitaria, vale a dire su colui che deve quotidianamente dare risposte ai bisogni degli assistiti, a cui dovrà invece negare cure e prestazioni.