M.D. numero 9, 15 marzo 2006

Pensieri
Un po’ medici e un po’ filosofi: così potremo uscire dal tunnel
di Francesco Giuseppe Romeo, Medico di medicina generale, Firenze

Il medico, oggi, se vuole evitare il precipizio, non può limitarsi a utilizzare le scarse nozioni tecniche acquisite all’Università, ma deve riproporre la figura del medico-filosofo umanista e rinascimentale. Un filosofo che ponga al centro della sua attenzione l’uomo, cioè il paziente. Un filosofo che indaghi sulle esperienze quotidiane, che si trasformi in poeta, mago dell’anima, cioè scandagliatore della natura, un uomo visceralmente immerso nell’ambiente in cui vive e lavora. L’universo dei medici-filosofi è correlato da nomi illustri a cui ispirarsi e trarre la forza per imprimere un cambiamento a quella che è stata trasformata in una professione di “basso profilo culturale” qual è quella del medico di medicina generale.


M
edicina e filosofia sono state per secoli compagne di viaggio. Non dimentichiamo che il Canone della Medicina di Avicenna, medico-filosofo inventore “dell’eternità della materia” (tradotto a Toledo in latino da Gherardo Cremonese nella seconda metà del secolo XII) è stato il testo base di Montpellier e delle scuole mediche italiane. Verrà adottato sino al ‘500, ma uscirà definitivamente dalle università soltanto nel ’700.
Passando al XV secolo, una delle voci più autorevoli della cultura di quel tempo, fu Marsilio Ficino (1433-1499), medico e figlio di medico, anzi suo padre era il medico di Cosimo il Vecchio. Filosofo, medico, insuperabile traduttore dal greco, Ficino ebbe una parte importante nella rivoluzione culturale che, aveva riportato all’autorevolezza i filosofi antichi tra cui in prima fila Platone.
I filosofi umanisti “non erano solo dei teorici che si limitavano a ragionare e riflettere, ma erano anche pensatori che operavano, che facevano ricerca, insomma erano anche scienziati. Non solo, ma anche maghi in quanto si occupavano di scienza della natura e operavano sul piano naturale” (da E. Garin. L’Uomo del Rinascimento, Ed. Laterza, pag. 186). Erano intellettuali che cercavano nuove strade, dato che quelle a disposizione non portavano più da nessuna parte. Si sentivano soffocare da una cultura accademica, amministrata da severi maestri che nelle Università ignoravano che al di fuori degli antichi punti di riferimento come Aristotele e Tolomeo, altri pensatori stavano aprendo nuovi orizzonti: Copernico, Keplero e Galileo erano già nell’aria.
Ficino apparteneva alla categoria dei medici-filosofi ma non era solo, vi faceva parte anche Pomponazzi il dissacratore, Enrico Cornello Agrippa, che si proponeva di smascherare i ciarlatani e salvare i maghi autentici e Pico della Mirandola con l’astronomia. E poi c’era lui, il più inquieto e bizzarro degli umanisti, Paracelso, medico, alchimista, filosofo e mago.
Tutti questi personaggi, pur diversi nel carattere, ponevano al centro delle loro speculazioni l’uomo, con la sua libertà di ragionare, scandagliare la natura al di fuori di dogmi ed imposizioni “La medicina - scriveva Paracelso - è fondata sulla filosofia, come l’astronomia, l’alchimia, perché fondata sulla natura. Il medico deve procedere partendo dalla natura, che altro è la natura se non la filosofia; e la filosofia cos’altro è se non la natura invisibile?”.

Le trappole di ieri e di oggi


Al drappello dei medici-filosofi citati va aggiunto anche Girolamo Cardano, medico e matematico in giro per il mondo con le sue disgrazie e la sua genialità.
Le trappole di quegli uomini erano gli schemi accademici, l’autoritarismo di una cultura incasellata nelle Università che impediva ogni confronto, ogni critica e ogni approfondimento.
Le trappole attuali per i medici, soprattutto i medici di famiglia (che con il loro approccio olistico e bio-psico-sociale sono i più vicini alla mater philosophia), sono la burocrazia, le linee guida, l’imposizione della dottrina del risparmio, le sofferenze degli altri considerate in astratto, amministrate come voci commerciali, la parcellizzazione della medicina nelle innumerevoli specializzazioni.
È necessario liberarsi da queste reti che ci avviluppano, dobbiamo riconsiderare l’uomo, e con esso l’uomo-ammalato. Se non possiamo farlo materialmente, dobbiamo farlo mentalmente, culturalmente, spiritualmente. Ritornando al periodo più glorioso della storia dell’uomo, riacquisteremo la piena libertà intellettuale, ritorneremo filosofi, matematici, astronomi e anche “maghi dell’anima” se ciò dovesse servire a indicare la via giusta per salvare noi stessi e la nostra professione.
Marsilio Ficino lo fece e i tanti colleghi che lo seguirono non furono da meno.