M.D. numero 9, 15 marzo 2006

Terapia
Oppioidi e terapia del dolore: la via dell’appropriatezza
di Cesare Tosetti, Medico di medicina generale, Porretta Terme (BO), Associazione Medici Alto Reno

Anche se ci si è liberati dal “complesso della prescrizione” degli oppiacei, nella terapia del dolore rimane ancora molto da fare, affinché ogni paziente possa ricevere quanto prima il tipo di cura più adatto

Le valutazioni del consumo di oppiacei in Europa pongono l’Italia costantemente nelle posizioni di coda, con valori simili a Grecia e Portogallo, circa la metà dell’uso di Spagna, un terzo di Francia e meno di un quarto dei Paesi anglosassoni e tedeschi (fonte OsMed su dati IMS).
Le motivazioni di queste differenze sono sempre state attribuite a tre fattori: culturale, formativo e burocratico. Dal punto di vista culturale si ritiene che influenze secolari abbiano impedito di considerare il dolore come sintomo trattabile piuttosto che alleviabile. In realtà le posizioni religiose ufficiali non hanno mai approvato l’idea di intrattabilità del dolore. Per l’aspetto formativo solo recentemente si è provveduto al riconoscimento della terapia del dolore come dovere e cardine professionale a tutti i livelli. Pochissimo spazio era dedicato a questa pratica nei corsi universitari e post-laurea per chi non esercitava discipline anestesiologiche, demandando a questi specialisti la gestione di ciò che sconfinava dalla routine.
L’assoluta scarsità di servizi territoriali ha necessariamente favorito la nascita di associazioni appoggiate al volontariato che hanno sostenuto la diffusione sociale dei concetti di terapia del dolore, caricandosi degli aspetti assistenziali in carenza di servizi pubblici. È anche grazie a queste associazioni che l’opinione pubblica ha modificato l’atteggiamento verso la comprensione della fenomenologia del dolore. Il confronto con le scuole anglosassoni e l’introduzione della good clinical practice hanno permesso di inserire il trattamento del dolore nei programmi formativi dei medici, sostenendo iniziative quali “ospedali senza dolore” o progetti di assistenza di cure palliative. Il fattore burocratico ha pesato fortemente fino al 2001 quando finalmente una normativa ad hoc ha semplificato le modalità di prescrizione, trasporto e approvvigionamento degli stupefacenti per il trattamento del dolore. Le procedure sono state ulteriormente semplificate nel 2003 con l’abolizione dei formalismi. Tuttavia, le semplificazioni burocratiche non hanno prodotto i risultati attesi, visti i dati di confronto europeo riportati in precedenza.

Tendenze del mercato italiano


Occorre distinguere nel mercato italiano tendenze differenti. La morfina, che è considerata l’oppioide di scelta per le sue qualità di efficacia, mancanza di effetto tetto, bassa tossicità e maneggevolezza, non ha avuto nessun incremento di utilizzo, passando dal 2000 al 2004 dalle 11 alle 10 DDD (dose definita giornaliera)/100.000 abitanti/die. Questo nonostante la forma orale sia particolarmente adatta nel trattamento ambulatoriale e che la disponibilità delle forme parenterali permetta una copertura totale delle situazioni cliniche.
Diversamente l’utilizzo del fentanil in forma transdermica è aumentato considerevolmente passando dal- le 9.6 DDD/100.000 abitanti/die del 2001 (anno della sua immissione in rimborsabilità) alle oltre 30 DDD/100.000 abitanti/die del 2004.
Questi dati possono essere interpretati in due modi, non mutuamente esclusivi. Il primo è evidentemente basato sulla promozione dei vantaggi della formulazione transdermica a rilascio prolungato di fentanil, che ha permesso di assorbire tutti gli effetti della deburocratizzazione su questo principio a scapito della più economica morfina. La seconda ipotesi consiste nel vedere nell’utilizzo di questo preparato, dotato di ottima compliance da parte del paziente, un primo passo verso una cultura del trattamento del dolore, attraverso uno strumento di utilizzo relativamente semplice, almeno in una certa tipologia di pazienti. Non sono disponibili dati altrettanto attendibili sull’utilizzo degli oppiacei deboli, a completare il quadro dei vari gradini che costituiscono i cardini della terapia del dolore, però l’adeguamento dei prezzi e la rimborsabilità di recente introduzione dovrebbero averne favorito l’utilizzo.

Potenziare i percorsi formativi


In pratica è stato operato un primo passo, liberandoci dal “complesso della prescrizione”. Si tratta ora di procedere anche sulla via della appropriatezza, insistendo sui percorsi formativi e l’integrazione tra servizi, perché ogni paziente riceva la terapia più adatta. Il controllo del dolore è migliorato sia nel paziente acuto (per esempio nel postoperatorio) sia nel malato cronico (in primis oncologico), ma la carta principale da giocare nell’immediato futuro consiste nel non ritardare l’inizio della terapia, utilizzando i presidi disponibili in fase precoce, precedendo la corsa del dolore. I pazienti non possono e non devono aspettare.