M.D. numero 10, 22 marzo 2006

Clinica
Differenze di genere nei disturbi neuropsichiatrici
di Giovanni Filocamo, Medico di medicina generale, Milano, Responsabile Nazionale Dipartimento di Neuroscienze Aimef

Nella pratica clinica il medico di famiglia non può prescindere della necessità di considerare anche il genere come parametro per affrontare la gestione delle patologie psichiatriche


I
l dibattito sull’esistenza di differenze strutturali e funzionali tra i cervelli dei due sessi risale ormai al secolo scorso. Il cervello della donna sembra avere dimensioni minori rispetto a quello dell’uomo, tuttavia le nuove tecnologie di neuro-imaging hanno permesso di misurare il volume relativo (valore assoluto diviso il volume complessivo del cervello) di alcune aree cerebrali, come la corteccia frontale e l’area limbica, che si sono dimostrate maggiori nelle donne. Le diversità si presentano nelle regioni encefaliche tipicamente attribuite all’elaborazione delle emozioni e di alcune funzioni cognitive superiori, anche se a oggi non è ancora certo il significato di tali differenze.
Le differenze fra i due sessi non sono solo morfologiche, ma sono evidenziabili anche in ambito clinico. Considerando i dati epidemiologici sulla prevalenza di alcuni disturbi neuropsichiatrici, si può osservare che nel sesso femminile:

  • sono maggiormente frequenti distimia e stati ansioso-depressivi;
  • l’andamento clinico di alcune forme di schizofrenia è più favorevole;
  • sono presenti più frequentemente sintomi negativi (depressione, ansia, isolamento sociale) rispetto agli uomini, che manifestano maggiormente sintomi positivi (delirio, fasi maniacali);
  • nelle sindromi bipolari, sebbene non sia evidenziata una differente prevalenza fra i due sessi, le donne sono più portate a rapidi cambiamenti d’umore;
  • nella pratica clinica si osserva la comparsa di gravi disturbi dell’umore nelle pazienti sottoposte a isterectomia o a chirurgia della mammella.

Va ricordato anche che la sindrome disforica e la deflessione dell’umore negli stati post-gravidici e in menopausa hanno una possibile eziopatogenesi nelle variazioni dei livelli ormonali che si riscontrano nel sesso femminile.
Per quanto riguarda l’alcolismo va tenuto presente che la donna è fisiologicamente e biologicamente più vulnerabile dell’uomo agli effetti dell’alcol e rischia intossicazioni più gravi bevendone minori quantità, può sviluppare complicanze mediche (ulcera peptica, epatopatia, anemia, atrofia cerebrale) in tempi più brevi e dopo avere bevuto controlla con più fatica i processi cognitivi e corporei. Alcuni autori suggeriscono che, oltre ad altri fattori, ciò potrebbe essere imputato alla funzionalità dell’enzima alcol-deidrogenasi (ADH) che risulta di gran lunga minore nelle donne ripetto agli uomini.

Differente metabolismo dei farmaci


Dal punto di vista terapeutico, in letteratura viene segnalato un differente profilo cinetico e dinamico dei farmaci nel sesso femminile, causato dagli effetti metabolici degli ormoni (progesterone, estrogeni) che possono variare la funzione epatica, incrementando la frazione di molecola metabolizzata. Nonostante queste differenze, le terapie mediche normalmente in uso sono utilizzate indifferentemente nei due sessi.
Per quanto riguarda la schizofrenia, le donne rispondono meglio al trattamento e richiedono una minore quantità di farmaco rispetto agli uomini: questa circostanza ha indotto i ricercatori a ipotizzare che gli estrogeni, che hanno un’attività antidopaminergica come i neurolettici, possano svolgere un’azione protettiva nei confronti della malattia. Nelle pazienti che assumono neurolettici si evidenzia frequentemente un’iperprolattinemia, che può causare un’alterazione del ciclo mestruale.
Alcune donne riferiscono un’esacerbazione dei sintomi riferibili ad ansia e depressione nella fase premestruale, che può essere efficacemente affrontata con l’assunzione di una dose di antidepressivo 7-10 giorni prima del ciclo mestruale.
Prima di iniziare una terapia antidepressiva in una paziente è importante valutare la funzionalità tiroidea e quella ormonale, in quanto distiroidismi e iperprolattinemia sono più comuni nella popolazione femminile e causano spesso oscillazioni dell’umore, simili a quelle evidenziabili negli stati bipolari.
Va inoltre evidenziato che la terapia con sali di litio, normalmente utilizzata come stabilizzatore di membrana negli stati bipolari, comporta spesso alterazioni del quadro tiroideo.

Conclusioni


Alla luce della grande variabilità di condizioni che deve affrontare nella pratica clinica, il medico di famiglia deve sempre più spesso aggiornare le proprie conoscenze, possedere caratteristiche di flessibilità e predisposizione a un approccio il più possibile individualizzato, considerando anche il sesso del paziente quale variabile imprescindibile in una valutazione biopsicosociale.