M.D. numero 10, 22 marzo 2006

Contrappunto
Terapie noetiche tra limiti e opportunitą
di Leonardo Trentadue, Medico di medicina generale, Ferrandina (MT)

Il fiorire di lavori scientifici che hanno per oggetto le cosiddette terapie noetiche mostrano come la scienza medica cominci a prendere in considerazione ambiti che trascendono i suoi attuali confini epistemologici, ma che possono contribuire ad ampliare l’orizzonte della complessità dell’atto terapeutico


E'
stato un recente articolo del professor Ignazio Marino, direttore del Centro Trapianti del Jefferson College di Philadelphia, (L’Espresso 20 febbraio 2006), a rilanciare una vexata quaestio: può la preghiera essere efficace come terapia medica?
L’argomento è di quelli spigolosi perché ciondola su un crinale dal quale si può facilmente scivolare verso un fondamentalismo religioso acritico oppure, sul versante opposto, verso il precipitoso dileggio dei materialisti integralisti.
Senza alcuna ombra di dubbio il metodo scientifico galileiano è l’unica procedura che permetta l’oggettività epistemologica ed è quella che ha permesso alla scienza di fare passi giganteschi nella storia del progresso dell’umanità. Ciononostante il metodo è condizionato da variabili così numerose da richiedere a volte un ampliamento degli strumenti epistemologici per interpretare la complessità della natura.
Uno dei più grandi filosofi del secolo scorso, Hans Georg Gadamer, padre dell’ermeneutica, sostiene che il metodo scientifico non è applicabile su tutto, per cui non ha una valenza universale. Ancora più radicale è la critica al metodo scientifico del filosofo Paul Feyerabend, fautore del pluralismo metodologico.
Fatte queste doverose puntualizzazioni, dall’esplorazione della letteratura scientifica medica si può constatare il fiorire di lavori scientifici che hanno per oggetto le cosiddette terapie noetiche, cioè quelle pratiche terapeutiche che non sono mediate da elementi tangibili come i farmaci o la chirurgia. Queste terapie comprendono non solo le preghiere di matrice cristiana, ma qualsiasi altra pratica religiosa come la meditazione buddista e altre.

Indicazioni dagli studi


Uno studio prospettico multicentrico comparso su Lancet (2005; 366: 211-217), ha studiato la possibile efficacia della preghiera di intercessione su pazienti cardiopatici. In pratica, una metà dei 748 pazienti riceveva solo cure mediche, l’altra metà cure mediche con l’aggiunta di preghiere da parte di altre persone, il tutto in cieco. Ebbene, chi aveva usufruito dell’apporto delle preghiere ha manifestato, a sei mesi dall’esordio della cardiopatia, una riduzione significativa della mortalità e delle complicanze. I risultati non sono incontrovertibili e mostrano il fianco a vari bias statistici e metodologici, ma manifestano una tendenza verso una certa efficacia.
Un altro studio ha dimostrato che il rosario e il mantra riducono gli atti respiratori da 14 al minuto a 6 al minuto fino alla sincronizzazione del respiro col ritmo cardiaco, normalizzano la pressione arteriosa, diminuiscono lo stress fino al raggiungimento della tranquillità. Altri studi hanno mostrato questo trend, per cui non si corre certo il rischio di cadere nell’eresia scientifica se ci si ferma un po’ a riflettere.

Apriamo un dibattito


Ogni Mmg ha proprie convinzioni religiose, c’è chi è agnostico e chi è francamente ateo. Nella dinamica del rapporto medico-paziente questo fattore emerge entrando in relazione con le convinzioni del paziente e l’interazione tra questi elementi può condizionare sia il rapporto dualistico stesso che la terapia effettuata. Ciascun Mmg può constatare gli effetti di queste interazioni a seconda che il paziente interagente abbia le sue stesse convinzioni oppure non le abbia. Sarebbe auspicabile a questo punto che si aprisse un dibattito tra i colleghi per comunicare le proprie esperienze e valutare l’impatto, le dinamiche e gli esiti terapeutici. Tutti abbiamo delle esperienze in merito, a volte positive a volte negative, ma nessuno finora ha cercato di studiarle a fondo. Ci si rende conto che organizzare trial in questo senso richiederebbe particolari metodologie, ma non per questo non si dovrebbe cominciare a spianare la strada. È quello che stanno facendo appunto gli studi sulle terapie noetiche che, quindi, non vanno snobbate. Mentre sta facendo passi avanti la medicina darwiniana, è sperabile che anche altre metodologie entrino in gioco nell’interpretazione della realtà. Il Mmg si trova a essere il perno centrale attorno al quale ruotano queste dinamiche attraverso l’azione interattiva col paziente nel suo habitat naturale, all’interno cioè del turbine bio-psico-socio-ambientale che con i suoi proteiformi meccanismi determina il risultato dell’atto terapeutico del medico. Considerata in questa ottica, l’azione del Mmg evidenzia, al di là dei facili ottimismi del progresso medico e scientifico, la condizione “preistorica” in cui versa ancora la medicina, che per riuscire a capire fino in fondo gli intimi meccanismi delle patologie ha bisogno di effettuare ancora un lungo cammino.