M.D. numero 10, 22 marzo 2006

Pratica medica
Da un pneumotorace spontaneo alla diagnosi di endometriosi pleurica
di Sergio Perini, Medico di medicina generale, Carpenedolo (BS), Tutor di medicina generale e Sandra Bogetti, Tirocinante Corso di formazione in medicina generale

Nel febbraio 2002 una giovane paziente di 29 anni si presenta in ambulatorio per una tosse persistente accompagnata da dolore a livello dell’apice polmonare destro. A seguito di diagnosi di bronchite produttiva prescriviamo terapia antibiotica e mucolitica. Dopo sette giorni si ripresenta in ambulatorio con la stessa sintomatologia.

A questo punto richiediamo una radiografia del torace, che evidenzia un pneumotorace spontaneo.
La paziente viene ricoverata in un reparto chirurgico dove le posizionano un drenaggio pleurico per quattro giorni. Le ipotesi eziologiche vertono per un’origine traumatica o idiopatica, essendo la paziente longilinea e sottopeso (altezza 174 cm, peso 55 kg, BMI 18 kg/m2).
Per due anni la giovane donna sta bene, ma nel maggio del 2004, in concomitanza con il primo giorno del ciclo mestruale, accusa nuovamente la stessa sintomatologia (tosse produttiva e dolore all’apice del polmone destro).

Iter diagnostico


Il dato fondamentale è l’insorgenza del pneumotorace in concomitanza del primo giorno del ciclo mestruale.
n Anamnesi fisiologica: non fuma, non beve, non fa uso di droghe. Alimentazione varia, digestione buona, alvo e diuresi nella norma. Menarca a 12 anni; dai 17 anni cicli mestruali regolari ma abbondanti, preceduti da dismenorrea.

  • Anamnesi remota: nel 1979 (a 5 anni) intervento di tonsillectomia, nel 1997 intervento per alluce valgo, nel 2000 asportazione di cisti ovarica destra, nel 2003 nodulectomia per fibroadenoma nel quadrante superiore esterno destro.
  • Esame obiettivo: negativo.
  • Rx torace: pneumotorace spontaneo destro recidivo.
  • Biopsia diaframmatica: tessuto endometriosico.
  • Biopsia apice polmone destro: modificazioni fibro-elastosiche obliterative tipo “apical cap” e con “bleb” sottomesoteliali.
  • Esami ematochimici indicativi: CA 125 patologico (13.7).
    La diagnosi verte verso uno pneumotorace da localizzazione polmonare di tessuto endometriosico in paziente con endometriosi ovarica.

Terapia chirurgica

Trattandosi del secondo episodio di pneumotorace destro, dopo il posizionamento di drenaggio pleurico, la paziente viene trasferita nel reparto di chirurgia toracica per l’indicazione all’intervento di resezione dell’apice polmonare destro con plicatura del diaframma e abrasione pleurica destra.
Attualmente la paziente non avverte sintomi riferibili all’endometriosi.

Note & approfondimenti


L’endometriosi consiste nella presenza di endometrio al di fuori dell’utero. Le sedi che più frequentemente sono interessate sono le ovaie, le tube, i legamenti dell’utero e il tessuto di rivestimento dalla cavità peritoneale. Le localizzazioni dell’endometriosi nel compartimento pelvico posteriore possono essere più frequentemente causa di aderenze, che a loro volta sono associate a una maggiore frequenza di sterilità o dolore pelvico cronico.
Talora si può trovare tessuto endometriosico sull’apparato urinario e sull’intestino, e più raramente in altre sedi lontane dalla cavità peritoneale, come i polmoni e le pleure. Spesso sono colpiti più di un tessuto o di un organo e solo in circa un terzo dei casi le localizzazioni sono uniche.
Ogni mese, sotto l’effetto ormonale del ciclo mestruale, il tessuto endometriale impiantato in sede anomala va incontro a sanguinamento, similmente a quanto si verifica a carico dell’endometrio normalmente presente nell’utero. Tale sanguinamento comporta un’irritazione dei tessuti circostanti, con conseguente formazione di tessuto cicatriziale e dolore.

Eziologia


Diverse ipotesi sono state proposte per spiegare l’eziologia dell’endometriosi, ma nessuna di esse può spiegare tutti i casi.

  • Una prima teoria è quella della mestruazione retrograda: durante la mestruazione, parte del tessuto endometriale migra in senso inverso nelle tube e si impianta nell’addome.
  • Un’altra ipotesi è che il tessuto endometriale si distribuisca dall’utero ad altre aree del corpo per mezzo del sistema linfatico o il circolo ematico. Questo spiegherebbe la presenza del tessuto endometriale nelle sedi lontane dalla cavità peritoneale (per esempio la cavità pleurica).
  • Un’altra teoria propone che tessuto residuo dal periodo embrionale possa successivamente trasformarsi in tessuto endometriosico o che alcuni tessuti dell’adulto mantengano la capacità che avevano durante la vita embrionale di trasformarsi in tessuto riproduttivo. L’ipotesi spiega bene le segnalazioni di rarissimi casi di endometriosi in pazienti con agenesia utero-vaginale o endometriosi in soggetti maschi.
  • Vi è poi la teoria chirurgica, secondo la quale durante un intervento chirurgico sull’utero è possibile favorire il trasporto di cellule endometriali con conseguente impianto endometriosico in corrispondenza di cicatrici addominali post-chirurgiche.
  • Diverse ricerche riconoscono come agente eziologico l’esposizione ad alcune sostanze chimiche (per esempio la diossina). Molti dei fattori di rischio per questa malattia sono collegati con l’esposizione agli estrogeni, quindi gli estrogeni ambientali possono contribuire allo sviluppo della endometriosi in individui suscettibili.
  • Viene suggerito che la malattia possa essere trasmessa in alcuni gruppi familiari con il genoma o che in alcune famiglie si possano avere fattori predisponenti all’endometriosi. È stato infatti suggerito che il rischio di endometriosi sia maggiore in donne le cui madri o sorelle abbiano anch’esse la malattia e che essa possa essere più grave in pazienti con anamnesi familiare positiva.

Incidenza

Il profilo epidemiologico delle donne con tale malattia è ancora sostanzialmente non ben definito. L’endometriosi esterna ha la sua massima incidenza tra i 30 e i 40 anni. Sembra che siano più predisposte all’endometriosi le donne nullipare con età <30 anni e donne con cicli mestruali ininterrotti per tutto il periodo riproduttivo e menarca precoce. Ciò può essere spiegato da una maggiore probabilità di contaminazione pelvica da parte di materiale endometriale mestruale, come suggerito dalla teoria del reflusso. Tuttavia, i dati disponibili sono scarsi e, almeno in parte, contrastanti. L’endometriosi pelvica è rara prima del menarca e tende a diminuire dopo la menopausa, tuttavia ormoni assunti in menopausa possono causare sintomi di endometriosi e far continuare la malattia.
All’anamnesi patologica remota di molte pazienti affette da endometriosi risulta inoltre una patologia ginecologica che ha reso necessari interventi chirurgici all’apparato genitale (fibromi, polipi, iperplasia dell’endometrio con meno-metrorragie, ecc).

Sintomi


I sintomi dell’endometriosi possono essere molto variabili. Nel 20-25% dei casi è asintomatica. Nei restanti casi le caratteristiche e la gravità della sintomatologia non sempre sono correlate con l’estensione della malattia, poiché il dolore dipende dalle zone colpite: anche piccoli focolai, se localizzati vicino a terminazioni nervose simpatiche o parasimpatiche, determineranno dolori pelvici o dismenorrea. Generalmente la sintomatologia inizia qualche giorno prima del flusso e tende ad accentuarsi durante e soprattutto alla fine della mestruazione. Possono anche essere presenti (in rapporto alla localizzazione dell’endometriosi) dolore o senso di peso nel retto, diarrea e/o stitichezza, defecazione dolorosa, minzione dolorosa, affaticamento cronico, dolore nella regione lombare o lungo un arto inferiore, dolore toracico.
Il 30-40% circa delle donne con endometriosi è sterile. Ciò dipende spesso dal danneggiamento del tessuto ovarico per effetto dell’endometriosi, oppure da processi aderenziali a livello pelvico, che fanno sì che i rapporti tra tube e ovaie siano alterati. Tuttavia, in queste pazienti sterili si nota talvolta l’assenza di aderenze e di lesioni endometriosiche gravi, ma solo pochi impianti di malattia. È stato ipotizzato che anche in queste condizioni si crei un alterato ambiente peritoneale che può essere responsabile della sterilità.
L’endometriosi costituisce una delle prime tre cause di sterilità femminile e molte donne scoprono di esserne affette quando hanno difficoltà di concepimento. Se una donna ha l’endometriosi ed è desiderosa di prole, il medico può suggerire di avere rapporti completi non protetti per sei mesi o un anno prima di intraprendere alcuni trattamenti. In letteratura viene segnalata anche una maggiore frequenza di gravidanze extrauterine.

Diagnosi


L’endometriosi pelvica può cominciare ad essere sospettata se vi è una storia di dismenorrea o di dispareunia o di dolore pelvico cronico. La diagnosi risulta molto più difficoltosa se si tratta di endometriosi localizzata in organi esterni alla pelvi poiché la sintomatologia può essere molto varia e fuorviante.
La visita ginecologica può evidenziare altri segni: dolore a livello pelvico, o presenza di cisti o noduli a carico degli organi genitali.
L’ecografia e la TAC (quando necessaria) potranno dare informazioni riguardo alle tumefazioni pelviche apprezzate con la visita. Caratteristico può essere l’aumento del livello di CA 125 nel sangue.
Spesso la diagnosi di certezza viene posta con la laparoscopia, che può consentire una visualizzazione diretta degli organi pelvici (utero, tube e ovaie). Con la laparoscopia è inoltre possibile rimuovere chirurgicamente le lesioni endometriosiche confermate successivamente dall’esame istologico e, per quanto possibile, porre rimedio alla situazione aderenziale dovuta all’endometriosi stessa. Se si tratta di altri organi, è molto importante il dato anamnestico di dolore associato al ciclo mestruale. Gli esami strumentali verranno scelti caso per caso in base al tipo e alla sede della sintomatologia.
La diagnosi definitiva verrà poi posta solo con esame istologico.
Per quanto riguarda l’endometriosi toracica, questa è di eccezionale riscontro e può essere reperita nella pleura o nel polmone. L’endometriosi pleurica di solito rappresenta il diffondersi attraverso il peritoneo di una endometriosi pelvica, tramite la fisiologica circolazione del fluido peritoneale. L’endometriosi polmonare si pensa derivi invece da un’embolizzazione per via ematogena di frustoli endometriali. Compare con maggiore frequenza a livello dei lobi inferiori dei polmoni, ma non sono escluse le altre sedi polmonari. La sintomatologia, nei rari casi di endometriosi toracica (polmonare o pleurica), può anche essere assente. Se è presente può manifestarsi con:

  • generici disturbi clinici toracici ritmati dalla mestruazione;
  • emorragie o emottisi;
  • emotorace o pneumotorace recidivante in epoca mestruale.
Tali disturbi scompaiono nel corso di una gravidanza e nei casi in cui, sospettata la diagnosi di endometriosi toracica, si è attuata una terapia ormonale soppressiva. Occorre comunque tenere presente che questi sintomi non sono sempre un segno specifico di endometriosi polmonare e pleurica. Talora sono dovuti a una particolare fragilità distrettuale vascolare accentuata in fase mestruale da influenze ormonali o da alterazioni emocoagulatorie. Di solito le lesioni toraciche di natura endometriosica risentono favorevolmente della terapia ormonale soppressiva. Raramente necessitano di un trattamento chirurgico.

Terapia


La scelta del tipo di terapia da praticare deve basarsi su diversi fattori: le dimensioni, la localizzazione e l’estensione delle lesioni endometriosiche; l’entità della sintomatologia; l’età della paziente e l’eventuale desiderio di gravidanza; l’eventuale infertilità associata.
In alcuni casi di endometriosi lieve, con scarsa sintomatologia, si può tenere una condotta di attesa, senza instaurare alcuna terapia, limitandosi a eseguire dei regolari controlli periodici. Il dolore, se presente, può essere attenuato con l’uso di FANS.
Un concetto importante da tenere presente è che, non essendo nota con certezza la causa dell’endometriosi, qualunque terapia praticata non può dare la certezza di risolvere in maniera definitiva la malattia, ma può essere utile a ridurre la sintomatologia o a favorire la fertilità. Pertanto dopo la sospensione di una terapia medica, oppure qualche tempo dopo un intervento chirurgico, si può assistere spesso alla ricomparsa della sintomatologia.
Alcune scelte di trattamento includono: fermare l’ovulazione con terapia ormonale o con una gravidanza; FANS; antibiotici; consigliare esercizi di rilassamento e una terapia psicologica.
Lo scopo delle terapie mediche e della gravidanza è di ridurre il livello di estrogeni, in modo da porre un freno allo sviluppo dell’endometriosi. Le sostanza maggiormente utilizzate sono gli estroprogestinici combinati (per esempio la pillola contraccetiva), il solo progesterone, il danazolo (derivato del testosterone) o gli analoghi del GnRH (Gonadotropin Releasing Hormone).
È stato suggerito che i CO (contraccettivi orali) sopprimano temporaneamente l’endometriosi, ma il loro precedente utilizzo potrebbe aumentare il rischio di malattia. Probabilmente, il trattamento con CO non cura l’endometriosi e gli impianti endometriali ectopici sopravvivono, anche se in forma atrofica, pronti a riattivarsi quando la terapia viene sospesa.
Con la terapia chirurgia si cerca invece di asportare le lesioni tipiche dell’endometriosi (per esempio cisti ovariche o focolai di endometriosi sul peritoneo). In seguito all’intervento chirurgico si ha una regressione della patologia con sensibile attenuazione dei sintomi. Spesso, per prevenire eventuali possibili recidive dell’endometriosi, in seguito all’intervento chirurgico si propone un periodo di terapia farmacologica.