M.D. numero 10, 22 marzo 2006

Terapia
Il calcitriolo nella terapia dell'osteoporosi
di Patrizia D’Amelio, Dipartimento Medicina Interna, Università di Torino e Giancarlo Isaia, Professore Straordinario di Medicina Interna, Università di Torino

Intervenire con terapie farmacologiche nelle fasi iniziali di un processo patologico o nelle condizioni cliniche intermedie potrebbe produrre risultati positivi. Inoltre il Mmg potrebbe operare una corretta prevenzione

La vitamina D nella sua forma attivata può essere considerata un vero e proprio ormone che regola il metabolismo fosfo-calcico e l’omeostasi dello scheletro. L’insufficiente livello di vitamina D nel sangue comporta una maggiore demineralizzazione ossea e, di conseguenza, un maggiore rischio di frattura. È stato dimostrato come in soggetti anziani i livelli di vitamina D circolanti siano ridotti e come la prevalenza di insufficienza di vitamina D in Italia nella popolazione anziana non istituzionalizzata raggiunga il 76%1. Sulla base di queste osservazioni è stato suggerito che la supplementazione con calcio e vitamina D o con la sola vitamina D potrebbe essere utile nel prevenire il rischio di frattura nei soggetti a rischio.
Review sistematiche della letteratura2 e metanalisi3,4 di studi randomizzati e controllati hanno dimostrato come il trattamento con vitamina D non idrossilata riduca i rischio di fratture osteoporotiche in donne in menopausa. Tuttavia rimane aperta la controversia sia sulla forma di vitamina D da utilizzare sia sulla necessità di associare una supplementazione di calcio4. Nell’organismo la vitamina D viene attivata attraverso due sequenziali idrossilazioni: una a livello epatico in posizione 25 che dà origine all’alfa-calcidolo [25(OH)D3], l’altra a livello renale che dà origine al calcitriolo [1,25(OH)2D3].
Una terapia combinata con calcio e vitamina D è stata proposta come standard di trattamento per i pazienti anziani a rischio di osteoporosi5, inoltre una metanalisi pubblicata su JAMA ha suggerito come l’effetto della supplementazione di vitamina D sulle fratture dipenda dal suo dosaggio6, ed ancora, la vitamina D non idrossilata sembra presentare un minor rischio di insorgenza di ipercalcemia7. Altre osservazioni suggeriscono che gli analoghi della vitamina D possano essere più attivi: recenti studi confermano infatti la loro efficacia nella prevenzione della perdita di massa ossea e delle fratture da fragilità. Il dibattito continua.

Studi sugli analoghi della vitamina D


A questo proposito una recente metanalisi ha valutato l’efficacia della terapia con la vitamina D non idrossilata in confronto con quella di due analoghi, calcitriolo e alfa-calcidolo, nella prevenzione dell’osteoporosi primitiva e da glucocorticoidi (GIOP Glucocorticoid - Induced Osteoporosis) e delle fratture associate8. In particolare la metanalisi dimostra che la somministrazione degli analoghi della vitamina D è in grado di ridurre la perdita di massa ossea in misura maggiore rispetto alla vitamina D non idrossilata sia nelle pazienti affette da osteoporosi menopausale che nei pazienti affetti da GIOP (a livello della colonna) (figura 1).
Per quanto attiene al rischio di frattura somministrando gli analoghi della vitamina D si ottiene una maggiore riduzione del rischio sia rispetto al placebo sia alla somministrazione della stessa vitamina D che, comunque, è in grado di ridurre il rischio fratturativo. In particolare gli analoghi riducono il rischio di frattura del 10% (intervallo di confidenza al 95%(CI) 2-17), mentre la vitamina D lo riduce del 2% (CI al 95% 1-3) (p <0.0001).
La differenza nella riduzione delle fratture ottenuta con gli analoghi rispetto a quella ottenuta con la vitamina D è dell’8% (CI al 95% 1-16). La superiorità degli analoghi è evidente sia per quanto attiene alle fratture vertebrali sia a quelle non vertebrali (figura 2). La somministrazione della vitamina D non idrossilata e dei suoi analoghi dopo 24 o 36 mesi di terapia non è in grado di ridurre l’incidenza di fratture vertebrali nei pazienti affetti da GIOP, mentre l’assenza di dati non permette di valutare l’effetto sulle fratture non vertebrali (figura 2).
I dati dei due studi di confronto testa a testa tra vitamina D non idrossilata e suoi analoghi sembrano invece suggerire una superiorità di questi ultimi sulla prevenzione delle fratture vertebrali 9,10.
Questi dati suggeriscono che calcitriolo e alfa-calcidolo sono più efficaci della vitamina D non idrossilata sia nella prevenzione della perdita di massa ossea nelle pazienti affette da osteoporosi primitiva o da GIOP, sia nella prevenzione delle fratture vertebrali e non vertebrali nelle pazienti affette da osteoporosi primitiva.
Un aspetto non trascurabile della potenzialità terapeutica del calcitriolo di ridurre l’incidenza di fratture sembra essere legata alla riduzione del rischio caduta. Com’è noto gli anziani cadono con maggiore facilità rispetto ai soggetti in età giovanile: le cadute avvengono in circa il 30% dei soggetti di età superiore ai 65 anni e nel 50% dei soggetti di età superiore agli 80 anni11. Circa il 50% delle fratture da fragilità è di tipo non vertebrale e le cadute ne rappresentano un maggiore determinante12.
Un recente studio in doppio cieco randomizzato con placebo ha esaminato l’effetto della somministrazione di calcitriolo (0.25 mg bis in die) o di una terapia estrogenica sostitutiva sulla densità minerale ossea e sull’incidenza di cadute e di fratture13. Dopo tre anni di terapia l’analisi ha dimostrato che la somministrazione di calcitriolo riduce l’incidenza di cadute del 38% (p=0.0015). Inoltre nelle donne in terapia con calcitriolo la performance fisica risultava migliore rispetto ai soggetti trattati con placebo sia per il tempo impiegato ad alzarsi (figura 3) sia per il tempo di camminata (figura 4).
Questo effetto del calcitriolo deve essere considerato importante e la sua spiegazione non è legata alla riduzione della miopatia correlata alla carenza di vitamina D, in quanto i pazienti studiati non erano carenti di vitamina D. Gli autori suggeriscono che, poiché sia le fibrocellule muscolari sia i neuroni contengono recettori per l’1,25-OH vitamina D, questo metabolita potrebbe indurre un aumento della forza muscolare e del controllo posturale mediato dal sistema nervoso centrale14.
Poiché è noto come l’incidenza di cadute e di fratture ad esse correlate aumenti con l’età, l’azione “anti-caduta” del calcitriolo va considerata come parte integrante della sua capacità di ridurre il rischio di frattura da fragilità.

Conclusioni


In conclusione la terapia con calcitriolo si è dimostrata:
• più efficace della terapia con la vitamina D non idrossilata nella prevenzione di perdita di massa ossea nelle pazienti affette da osteoporosi postmenopausale o da GIOP;
• più efficace della terapia con la vitamina D non idrossilata nella prevenzione delle fratture da fragilità nell’osteoporosi primitiva;
• in grado di ridurre il rischio di caduta attraverso un miglioramento della performance fisica nelle donne affette da osteoporosi postmenopausale.


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