M.D. numero 11, 4 aprile 2007

Rassegna
Quel filo sottile che lega parodontopatie e aterosclerosi
di Simona Palermo


Un nuovo studio sembra confermare l’esistenza di una associazione tra malattia parodontale, disfunzione endoteliale e rischio aterosclerotico. Una adeguata salute dei denti può quindi essere vista anche in chiave di prevenzione cardiovascolare

Il trattamento intensivo delle paradontopatie non soltanto produce benefici per la salute orale, ma favorisce anche un miglioramento della funzionalità endoteliale, suggerendo un possibile ruolo in prevenzione cardiovascolare.
È quanto emerge da uno studio condotto da un’équipe di ricerca dell’Università del Connecticut e dell’University College di Londra e recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine (Tonetti et al. 2007; 356: 911-20).
I risultati dello studio si aggiungono ai dati già presenti in letteratura che associano le infiammazioni parodontali alla disfunzione endoteliale e a un profilo di aumentato rischio di aterosclerosi. In soggetti affetti da gravi forme di parodontite sono state osservate, infatti, alterazioni a carico dei tessuti vascolari, quali riduzione di reattività dell’arteria brachiale (Amar et al. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2003; 23: 1245-9) e ispessimento dell’intima-media dell’arteria carotidea (Beck et al. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2001; 21: 1816-22; Desvarieux et al., Circulation 2005; 111: 576-82), nonché un aumento dei livelli plasmatici di trigliceridi e di LDL (Rufail et al. J Lipid Res 2005; 46: 2752-60).

Lo studio


La recente sperimentazione ha preso in esame 120 soggetti di mezza età affetti da infezioni gengivali, ma esenti da malattie sistemiche e disturbi cardiovascolari. Il campione è stato suddiviso in maniera casuale in due gruppi: al primo sono state somministrate cure primarie (igiene orale e pulizia sopragengivale), mentre il secondo gruppo è stato sottoposto a trattamenti parodontali intensivi (rimozione meccanica della placca subgengivale, estrazione dei denti più compromessi e somministrazione locale di minociclina).
Alcuni parametri significativi sono stati misurati prima del trattamento e a distanza di 1, 7, 30, 60 e 180 giorni. Quale principale indice di funzionalità endoteliale è stata misurata la dilatazione dell’arteria brachiale durante il flusso sanguigno. Inoltre, sono stati misurati i livelli nel siero dei principali biomarker di infiammazione, quali la proteina C reattiva, l’interleuchina 6, l’E-selectina solubile, nonché i livelli plasmatici di alcuni marker di coagulazione, quali l’attivatore del plasminogeno tissutale (t-PA), il relativo inibitore (PAI-1) e il fattore di Von Willebrand.
A 24 ore dal trattamento, nel gruppo sottoposto a cure intensive sono stati osservati un peggioramento della funzionalità endoteliale e un aumento dei livelli dei marcatori di infiammazione e coagulazione. Ma a distanza di sei mesi emergeva un quadro assai diverso: la dilatazione flusso-mediata dell’arteria brachiale era significativamente maggiore nel gruppo trattato rispetto a quello di controllo e l’infiammazione vascolare appariva ridotta. Inoltre il grado di miglioramento dei parametri cardiovascolari era associato alle condizioni di salute gengivale, misurate come numero di lesioni parodontali e sedi di sanguinamento gengivale.

Considerazioni conclusive


Questi risultati corroborano i dati precedenti che mettono in relazione la parodontite e la disfunzione endoteliale, ma i meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiari. Un’ipotesi è che i batteri Gram-negativi responsabili delle infiammazioni paradontali si diffondono attraverso il circolo ematico, fino a raggiungere le coronarie e il cuore, intaccandone direttamente la funzionalità. È possibile però che intervenga anche un effetto indiretto: la risposta infiammatoria scatenata dall’infezione gengivale, alterando i livelli di alcune proteine, avrebbe effetti deleteri sui tessuti vascolari.
Il presunto effetto delle terapie locali della parodontite sui tessuti endoteliali, se confermato da ulteriori evidenze, suggerirebbe un approccio particolarmente attento da parte del Mmg al paziente con piorrea, incoraggiando il ricorso ad adeguati trattamenti gengivali non soltanto a salvaguardia della salute orale, ma anche allo scopo di prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari.