M.D. numero 12, 11 aprile 2007

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Prevenzione del ca prostatico: puntualizzazione dalla medicina generale


Associazioni della medicina generale, in un documento congiunto, espongono le loro perplessità e criticano il messaggio che ha caratterizzato la “Settimana Nazionale di Prevenzione del Tumore della Prostata - Festa del Papà 2007” organizzata 0 dalla World Foundation of Urology con l’appoggio delle massime istituzioni italiane

L'aa “Settimana Nazionale di Prevenzione del Tumore della Prostata - Festa del Papà 2007” organizzata dalla World Foundation of Urology (una Onlus con sede in Italia) con l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del ministero della Salute, e del ministero dell’Università e della Ricerca, merita un giudizio fortemente critico. Ancora una volta si trasmette al pubblico una informazione omissiva su limiti, rischi e incertezze di uno screening ancora in corso di valutazione scientifica, su cui la comunità medica internazionale è divisa per la mancanza di conoscenze ragionevolmente sicure sull’efficacia e il rapporto beneficio-rischio. Non è accettabile una promozione dello screening dei tumori prostatici dichiarandone solo gli aspetti positivi e sottacendo invece le importanti conseguenze negative dell’intervento di prostatectomia (come incontinenza urinaria e impotenza) e l’elevato numero di soggetti che non si gioverebbero comunque dell’anticipo diagnostico.

Le società scientifiche firmatarie
AIMEF (Associazione Italiana Medici di Famiglia);
ASSIMEFAC (Associazione Scientifica Interdisciplinare di Medicina di Famiglia
e di Comunità);
CSeRMEG (Centro Studi e Ricerche
in Medicina Generale);
EGPRN-Italia (European General Practice Research Network);
EURACT-Italia (European Academy of Teachers in General Practice);
EURIPA-Italia (European Rural and Isolated Practitioners Association)
EUROPREV-Italia (European Network for Prevention and Health Promotion in Family Medicine and General Practice);
SAMG (Società Altoatesina di Medicina Generale);
SIQuAS (Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria - VRQ).
Adesioni: Centro italiano Cochrane.

Le preoccupazioni

Siamo molto preoccupati di come e quanto la decisione di sottoporsi all’esame del PSA sia sempre più banalizzata da una intensa e incontrastata propaganda mediatica, che impedisce un giudizio equilibrato e spinge a sottoporsi a test preventivi anche persone che altrimenti non lo farebbero. Non è mai stato provato che la diagnosi precoce di tumore della prostata sia efficace nel ridurre la mortalità per la malattia, mentre numerosi dati evidenzianono un rischio importante di diagnosticare e quindi trattare soggetti che non avrebbero mai sviluppato clinicamente la malattia, o che sarebbero comunque deceduti per altre cause, considerata la frequenza di forme non evolutive del tumore, la sua lunga storia naturale e la prevalenza in età avanzate. Laddove lo screening è diffuso, come negli USA, si è assistito a un incremento esponenziale di diagnosi di tumore della prostata e di prostatectomie, senza che sia stata documentata alcuna riduzione di mortalità a distanza di oltre 20 anni dalla scoperta del PSA.
In queste condizioni è lecito sostenere tanto l’opinione che lo screening sia raccomandabile quanto il contrario; ciò che non è lecito è non esplicitare le incertezze e omettere informazioni rilevanti nel determinare - come inevitabilmente avverrebbe - scelte differenti tra diversi soggetti. Tutto ciò che può influenzare l’autonoma decisione individuale è essenziale per la qualità dell’informazione. Lo screening del tumore della prostata (mediante dosaggio del PSA e altri esami) è una scelta personale difficile, che va presa dopo averne discusso opportunità, limiti e rischi con un medico di fiducia (non necessariamente urologo: il medico di medicina generale è anzi il naturale riferimento e può ben essere l’unico).
La novità di questa campagna, rispetto a infinite altre iniziative analoghe, è data dall’autorevolezza dei suoi sostenitori. Stupisce la contraddizione con il documento prodotto dalla Consensus Conference di Firenze del 2003 (sottoscritto da moltissime Società scientifiche italiane tra cui tutte quelle della medicina generale), con la posizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche del 2004, con quanto afferma il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero della Salute (addirittura in una pagina web dedicata alla formazione continua dei medici) e con le linee guida internazionali.
La domanda che sorge spontanea ai medici di medicina generale, quotidianamente a contatto con milioni di persone, è perciò molto semplice: che genere di informazione al pubblico, su fatti di salute, le istituzioni democratiche del nostro Paese intendono dare e sostenere? È o no un diritto delle persone essere informate correttamente e compiutamente dai medici, per poter effettuare delle libere scelte sulla propria salute, tanto più in condizioni di incertezza del rapporto beneficio-rischio? Queste domande valgono sempre e per ogni intervento medico, ma impongono altissimo rigore e cautela quando si propongono interventi a persone sane e asintomatiche, che non ne hanno fatto richiesta.