M.D. numero 12, 11 aprile 2007

Professione
Come misurare la relazione clinica?
di Egidio Giordano - Medico di medicina generale, Lauria (PZ) e Anna Matellicani - Dottoressa in Filosofia, Tortorano (CS)


Gli aspetti relazionali hanno una valenza sia culturale sia naturalistica e in medicina, particolarmente nell’ambito della medicina di famiglia, meritano un’attenzione specifica al pari del corretto monitoraggio delle funzioni biologiche. Da qui nasce la necessità di incentivare la ricerca in questo campo attraverso una analisi delle fattibili metodologie di indagine atte a valutare i processi che si innescano nella relazione clinica tra medico e paziente


In Campania vie legali per rinnovare lčaccordo regionale
Visto che di rinnovare l’accordo regionale per la medicina generale in Campania non se ne parla ancora, Federazione Medici - che tiene insieme Sindacato dei Medici Italiani e UIL - ricorre alle vie legali contro l’assessorato alla sanità della Regione. In una nota i sindacati dicono di “non tollerare oltre lo stato di illegittimità entro cui opera l’assessorato alla sanità campano, visto il suo totale rifiuto di confrontarsi democraticamente con le rappresentanze sindacali di categoria”. Si va, dunque, ‘per carte bollate’ “per denunciare le gravi inadempienze di chi continua a perpetrare danno all’attività dei medici di medicina generale e alla tutela della salute dei cittadini”.
Federazione Medici, usando parole forti, dice di respingere fermamente “lo stato di regime che governa la sanità campana. L’assessorato alla Sanità, per incapacità o artatamente, ha fino ad oggi impedito il rinnovo dell’Accordo integrativo regionale che regolamenta, a seguito di una democratica e legittima negoziazione con le rappresentanze sindacali dei medici, l’attività della medicina generale, ormai scaduto da un triennio in barba ai dettami dell’Acn”. Nel frattempo, però, la stessa amministrazione “sta surrogando la vacatio normativa con atti deliberativi che vanno a normare in senso unilaterale l’attività del Mmg - spiegano da Federazione Medici - imponendogli d’imperio come agire professionalmente, senza una razionale programmazione frutto della concertazione tra le parti”.
Visto che la misura è colma, dunque, sembra deciderà un giudice sulle “gravi inadempienze di chi continua a perpetrare danno all’attività dei medici di medicina generale e alla tutela della salute dei cittadini”.

La pratica medica quotidiana, fatta di consuetudini, tende a non considerare gli aspetti dialogici e le possibili dinamiche sperimentali e di ricerca ontologica implicate nella relazione clinica.
La letteratura scientifica infatti concentra le attenzioni sulle tecniche di comunicazione, prescindendo dalla valutazione dei processi di costante innovazione culturale e biologica, che intervengono negli aspetti relazionali umani. Per poter proporre un’ipotesi di lavoro che non si limiti a considerare in medicina solo lo studio delle malattie, la relazione clinica quindi deve avvalersi di un processo incessante di ricerca, attraverso l’analisi delle possibili metodologie di indagine intellettuale e scientifica, con il filtro delle competenze specifiche della medicina generale.
La relazione medico paziente esiste in quanto entrambi i soggetti si incontrano e stabiliscono un rapporto relazionale, di cui vanno delimitati gli aspetti qualitativi.
Si tratta di definire con quali domande, nell’ambito della costruzione di un percorso metodologico e scientifico, tale relazione si rende comprensibile. Si potrebbe rimanere nell’ambito della medicina classica, che considera il rapporto terapeutico come oggettivo e, quindi, registra solo gli eventi fisici e corporei. Si potrebbe intraprendere un percorso di derivazione più psicologico, abbracciando le varie teorie sulla comunicazione o sul dialogo e sull’ascolto, che non vedono nella relazione clinica una oggettività. Si potrebbe, ancora, ipotizzare un percorso di tipo scientista, il quale ammette in un’ottica positivista la oggettività della relazione. Ma in tutti questi ambiti, nell’approccio permane uno status di dualismo o di dicotomia tra valenza culturale e naturalistica.

Soggettività e complessità


Un atteggiamento più moderno non dovrebbe tenere conto di nessuna dicotomia, dato che le neuroscienze hanno dimostrato che alcuni fenomeni, inquadrabili nell’ambito della coscienza, sono dimostrabili; si tratta solo, ma questo è un ambito diverso dal nostro, di interpretare la corrispondenza tra i fatti, che oggettivamente accadono nel cervello (coscienza primaria e coscienza secondaria) con quello che si avverte da un punto di vista soggettivo (di percezione).
Un aspetto determinante e comune a tutti questi percorsi è rappresentato dalla funzione tempo, sia se questo viene visto in senso longitudinale, come storia naturale delle persone, sia se questo viene osservato in senso verticale ossia come attimi nei rapporti umani e nelle relazioni cliniche.
Volendo sviluppare una misurazione della relazione clinica, bisogna quindi chiedersi quali parametri andranno considerati nel suo ambito: quelli del medico, quelli del paziente o di entrambi.
Il Mmg ha il vantaggio di usufruire di un rapporto relazionale col paziente, che dura nel tempo.
Alcuni autori (per esempio, Erving Goffman) hanno sostenuto che la relazione tra medico e malato ha una sua plasticità nell’ambito di una interazione di tipo drammaturgica, dove sia l’uno che l’altro rappresentano la propria identità e incrociano il proprio sapere, i propri dati, le proprie credenze, i propri vissuti le proprie esperienze ecc. Se questo è vero, la relazione clinica esiste in quanto esistono queste due persone, le quali nel momento in cui si incontrano mettono in relazione le proprie coscienze. Se consideriamo per esempio, l’attenzione, entrambi hanno il diritto di rappresentare all’altro le proprie istanze per cui ogni tipo di centratura del rapporto medico paziente (desease centred e/o pazient centred) va quindi ad alterare il rapporto relazionale. Se andiamo a centrare il rapporto su uno dei due soggetti, come gran parte della letteratura si sforza di fare, avremo una prevalenza dell’Io (monologo); se, invece, lo sforzo è quello di interpretazione e di inferenza delle istanze delle due persone avremo una relazione fondata prima tra l’Io e il Tu e, quando questa si sviluppa, tra i Se (dialogo).
Il dialogo si compone sia di aspetti comunicativi prettamente tecnici, che non sono oggetto del nostro intervento, e sia di aspetti che inglobano la dialettica e il linguaggio. Vale la pena chiarire che il linguaggio è inteso non come traduzione linguistica, ma piuttosto come linguaggio logico. A tale proposito vale un’esempio: una vecchia signora, acquistato un televisore, telefona al tecnico per lamentarsi del cattivo funzionamento dell’apparecchio ancora in garanzia. Il tecnico, premuroso, si reca a casa dell’anziana signora e dopo aver controllato tutti i circuiti e la componentistica del televisore, asserendo che era tutto a posto, accende la TV. Dopo aver sintonizzato i canali si sofferma su un talk show e riferendosi alla signora dice: “Mi dica cos’è che non va, qui funziona tutto correttamente”. L’anziana signora risponde con naturalezza: “I programmi! Sono così noiosi”.

Le metodologie


La relazione medico paziente o medico malato considera sia l’aspetto dialettico, nel senso del dialogo tra due coscienze, sia quello prettamente tecnico nel senso della narrazione anamnestica. Alla medicina pratica però non interessano gli approcci fenomenologici e/o filosofici, ma può interessare alla luce delle numerose scoperte nell’ambito delle neuroscienze, di individuare un metodo di approccio alla relazione tra due persone.
L’ottica potrebbe essere rappresentata proprio dal superamento della distinzione tradizionale tra oggetto e soggetto, separazione che genera incomprensioni tra il medico e il malato, per cui andrebbe preso in considerazione che:

  • ogni evento, sia esso esistenziale o fisico, deve essere descritto in termini relazionali, tenendo conto che la malattia è un processo dinamico e che la distinzione tra il corpo e la mente è solo convenzionale;
  • ogni evento è rappresentato a livello fenomenico in base all’esperienza del soggetto e tale evento è inserito in un’unica e singola relazione casuale;
  • la mente è determinata sia dall’esistenza di strutture cerebrali sia dall’interazione con gli effetti del mondo esterno.

Quindi mente e oggetti si costituiscono contemporaneamente, si determinano nell’interazione e nascono congiuntamente con il flusso e la combinazione di quei momenti elementari di esistenza e potenzialmente di esperienza. Lo studio delle relazioni umane può essere affrontato attraverso una metodologia, che studia le differenze di un gruppo di soggetti, che presentano situazioni di complessità e di estrema variabilità, cercando, attraverso l’eliminazione di tutte le fonti di disturbo e la variazione di un solo elemento, le differenze che si osservano e che possono essere imputate all’unico elemento che è stato variato; questa metodologia ha un orientamento di tipo statistico probabilistico.
L’altra metodologia è quella relazionale, più idonea a cogliere la complessità dei fenomeni. Tale metodologia parte dal principio che se tra due fenomeni si osservano eventi ripetutamente concomitanti, questi fenomeni sono direttamente in relazione tra di loro.
La metodologia relazionale è in grado di compiere delle valutazioni sia quantitative che qualitative, sia oggettive che soggettive. Grazie alla possibilità di effettuare controlli a posteriori, produce informazioni differenziate in grado di restituire complessità ai fenomeni naturali.
Tale metodologia non richiede controlli a priori, né gruppi omogenei e/o randomizzati, e permette di paragonare gruppi provenienti da realtà diverse e specifiche avvalendosi anche di informazioni prese nell’ambito della pratica quotidiana.
Il linguaggio del paziente non è un linguaggio scientifico e presenta anche condizioni di asimmetria tra linguaggio parlato e linguaggio pensato; molto spesso è un insieme di pratiche sociali e successivamente diventa, anche, un sistema di rappresentazione.
Sviluppare una ricerca sulla logica del linguaggio significa attribuire al linguaggio un significato strumentale ed esso implica la possibilità di affrontare i rapporti linguisitici tra i due soggetti da un punto di vista casuale.
Si può, quindi, dare un approccio statistico allo studio del linguaggio e alla variabilità dei soggetti, che frequentano l’ambulatorio della medicina generale e arrivare per approssimazioni successive alla uniformità. Questo approccio di tipo epidemiologico, che tanti risultati ha dato nello studio delle malattie, dovrebbe essere utilizzato nello studio della logica del linguaggio nella relazione clinica.
La revisione fatta della letteratura, in verità, fa capire che questi argomenti sono poco studiati, ma in generale la epidemiologia potrebbe essere ulteriormente impiegata proprio nello studio dei comportamenti sia del paziente sia del medico (studio delle costanti statistiche del linguaggio clinico) da assumere come base per lo studio della logica linguistica nell’ambito della relazione clinica.
Un altro approccio può essere rappresentato dallo studio della linguistica sociale, tale campo, ancora inesplorato, può interessare il rapporto medico paziente in quanto ricerca le costanti linguistiche e le circostanze casuali in cui queste si sviluppano.
La pratica della medicina generale ingloba tutti questi presupposti teorici enunciati.

Per un approccio innovativo


L’idea di fondo è quella di non rinunciare a un approccio innovativo per la medicina generale, che sperimenti in un campo che le è proprio la possibilità di misurare la qualità della relazione clinica, così come avviene con altri parametri fisico-chimici. Tale misurazione può dare una nuova conoscenza “alla clinica del medico di famiglia” attraverso una metodologia capace di superare ogni contrapposizione tra natura e cultura, tra scienze fisiche e scienze umane e sociali.
Alla luce delle nuove conoscenze sembra che non esistano differenze tra il dominio dei dati naturali e il dominio dei dati personali, e la malattia si articola insieme all’esperienza del malato attraverso un percorso filogenetico categoriale e ontogenetico. Se non si comprende questa unitarietà metodologica è difficile comprendere la relazione clinica stessa.