M.D. numero 13, 18 aprile 2007

Appunti
Passione e vocazione? Un bel ricordo

Hoo letto l’articolo del collega Francesco Giuseppe Romeo dal titolo “La medicina di famiglia è moribonda?” (M.D. 2007; 9: 12) e al riguardo avrei qualcosa da puntualizzare. Innanzitutto l’articolo 36 della convenzione stabilisce che il minimo di ore di apertura degli studi è, per un massimalista, di 15 ore la settimana e via decrescendo con il diminuire delle scelte e pertanto non è obbligatorio restare in ambulatorio 8 ore come indica il collega. Restando in ambulatorio 8 ore non si fa altro che lavorare di più a stipendio uguale e solo per soddisfare la crescente ansia di salute dei pazienti.
Per quanto concerne il discorso sulla “passione” e la “vocazione” penso di averle non perse del tutto, ma diminuite di molto, non tanto per colpa mia quanto per l’evoluzione professionale del Mmg “più confacente a un impiegato” che diligentemente deve ogni giorno esperire a innumerevoli incombenze burocratiche. Leggendo ormai da molto tempo le lamentele e le rimostranze dei colleghi su M.D. ho la magra consolazione di non essere un caso isolato.
Forse il collega non trova questo gran disagio nel districarsi ogni giorno, e nei confronti ormai quasi di ogni paziente, con una ottantina di note, una quarantina di esenzioni, un buon numero di piani terapeutici, di richieste di ausili e presidi per diabetici, di richieste per pannoloni, di biffature; di sfiancarsi a spiegare che tale farmaco non può essere prescritto come indicato dall’ospedale, che tale altro farmaco necessita di piano terapeutico e quant’altro ci hanno appioppato le varie convenzioni con l’avallo di chi dovrebbe portare le nostre istanze al tavolo delle trattative. Tutto ciò ci ha sempre più allontanato dalla nostra “vocazione” e ha fatto affievolire la nostra “passione”.
Tutta la burocrazia che il Mmg deve espletare necessita di tanto tempo, tanta forza e tanta pazienza. Ma anche i Mmg sono uomini e quindi avvezzi alla stanchezza, alla malattia, alla indisposizione e al desiderio di coltivare gli affetti privati, quindi non sempre si è disposti a “dare certezza della nostra presenza verso i pazienti”. Ma certamente, non essendo “impiegati”, ma medici, abbiamo il dovere di cercare di garantire la nostra assistenza anche quando siamo colpiti da indisposizioni che, guarda caso, risultano però idonee per richiedere da parte degli assistiti certificati di malattia per assentarsi dal lavoro.

Daniele Cappelletti,
Medico di medicina generale
Milano



Chi ha paura del Mmg dipendente?

Svolgo l’attività di medico di medicina generale da 15 anni e da alcuni anni sto valutando l’idea che il Mmg possa trovare un buon futuro entrando in un rapporto di dipendenza nei territori dove c’è la Azienda sanitaria unica regionale (ASUR). D’altra parte cosa ci sarebbe di strano in una realtà sanitaria in cui ci sono ospedali pubblici, poliambulatori specialistici pubblici, ecc. Osservando le cose da questa prospettiva, l’anomalia sembra quella del medico di famiglia, il solo a essere parasubordinato. L’argomento dell’opportunità o meno della dipendenza per questo professionista è di grande attualità, visto anche il favore con cui il ministro Livia Turco vede questa possibilità. Di certo questo però non è il pensiero e la posizione dei sindacati di categoria. In primis a opporsi a tale eventualità c’è la Fimmg che attraverso il suo segretario Giacomo Milillo ha dichiarato: “Ministro e Regioni sono attratte dalla prospettiva di inserirci in un meccanismo da ordine di servizio dove controlliamo e siamo controllati”.
Se il problema è quello del controllo, allora dico che sul piano teorico ha ragion d’essere, ma nella realtà è un falso problema. La situazione attuale di contesto lavorativo del Mmg mostra palesemente come nei suoi confronti si attui un estremo controllo burocratico da parte delle aziende sanitarie. Una prassi a cui, loro malgrado, hanno contribuito anche i sindacati di categoria.
Ma il segretario della Fimmg afferma anche che “tale meccanismo è incompatibile con la funzione che svolgiamo di filtro critico alla domanda di salute dell’assistito”. Mi chiedo, ma è veramente il medico di medicina generale a governare la domanda di salute? O forse sarebbe più corretto dire che la funzione del Mmg è quella di calmierarla? La verità è che siamo incapaci di opporci sia individualmente sia attraverso chi ci rappresenta come categoria (sindacati) e come professionisti (FNOMCeO e Società scientifiche) agli eccessi generati da particolari campagne di marketing, legittimamente sponsorizzate dalle case farmaceutiche, dalle aspettative dei pazienti prodotte dall’imperversare di programmi televisivi sulla salute, che troppo spesso non tengono in giusto conto che stanno trattando di argomenti molto sensibili.
Al diniego verso il passaggio alla dipendenza si adduce la motivazione che un tale provvedimento renderebbe i Mmg più precari dal punto di vista giuridico avrebbero meno garanzie. Ma questo è tutto da vedere, tramite una seria trattativa sindacale.
A quanti poi si appellano al fatto che i Mmg con il loro rapporto fiduciario sono gli atomi inscindibili del territorio, che dai sondaggi risultano essere “i più amati dagli italiani” per la funzione che svolgono, vorrei palesare un lato della professione che, presi dalle lusinghe, rimuoviamo.
Certo, siamo i “più amati dagli italiani” per la funzione che svolgiamo, a cui è legato anche il fatto che il Mmg, essendo revocabile, ha un rapporto fiduciario “schizofrenico” con il suo assistito, questo è facilmente pronto a sfiduciarlo se si oppone troppo ai suoi desiderata prescrittivi. Motivo per cui non si può omettere il fatto che la fidelizzazione del paziente non passa esclusivamente per meriti empatici, clinici e terapeutici del Mmg e della disciplina che esercita.
Ma anche chi tra i rappresentanti di categoria mostra una qualche apertura verso la possibilità di una dipendenza del Mmg, lo fa in modo molto originale. Lo Snami, per esempio, ha proposto che il prolungamento della continuità assistenziale a 24 ore al giorno sia realizzato con l’assunzione di 20 mila medici convenzionati (non di assistenza primaria). Altro che continuità, la “frammentazione” diverrebbe la regola, in altre parole un paziente in poco tempo sarebbe curato dal Mmg, da quello di assistenza delle 24 ore e dalla guardia medica. Ma a questo punto perché non pensionare anticipatamente i medici di famiglia “poco produttivi” o meglio, perché non attuare un percorso professionale dove i “meriti” siano premianti?
Tra le varie proposte per rifondare la medicina generale e con essa il Mmg, la possibilità della dipendenza non trova spazio, ma grande eco ha invece l‘approdo universitario della MG come specialità accademica autonoma insegnata da generalisti.
Al riguardo posso solo portare la mia esperienza di medico di medicina generale che nel corso della sua attività ha “dimenticato” l’insegnamento della specializzazione in chirurgia generale e ha imparato molto dai lunghi anni di guardia medica. Sicuramente quello che potrei insegnare oggi con una sicura competenza è: teoria, pratica e filosofia delle Note AIFA, con corso propedeutico di Storia della Nota nel servizio sanitario italiano.
In questa mia spicciola dissertazione sull’attuale dibattito che investe la professione di Mmg in Italia non posso dimenticare le innovazioni ambite dal ministro della Salute, Livia Turco, tra cui primeggiano le strutture territoriali Case della Salute. Secondo il ministro, la centralità del cittadino, l’accessibilità, l’integrazione sono tra le caratteristiche fondanti queste strutture. Pur essendo favorevole a qualificare l’assistenza territoriale, al riguardo vorrei ricordare che occorrerebbe verificare la densità di certe strutture per evitare di creare piccoli ospedali vicino a grandi ospedali, piccoli poliambulatori, piccoli pronto soccorso vicino ad analoghe strutture più grandi.
Ma vista la vicinanza delle elezioni amministrative, ogni buon sindaco sarà sicuramente favorevole alla proliferazione di ambulatori e laboratori di analisi periferici. E chi gli può dare torto.

Luciano Zaccari,
Medico di medicina generale
Osimo (AN)