M.D. numero 13, 18 aprile 2007

Editoriale
Ricostruire la catena delle responsabilità


Recentemente il ministro Livia Turco, in un convegno del suo partito su ricerca e innovazione, ha ripassato insieme alla platea i ‘fondamentali del patto sociale del nostro Paese’: ovvero che bisogna coniugare efficienza, equità e universalità del servizio sanitario nazionale e che è necessario dotarsi di un’idea guida che sia quella di dare al Ssn la missione della qualità e della sicurezza delle cure.
Fin qui niente di nuovo, se non fosse che il ministro ha ammesso che l’azione del Governo al momento è molto complessa e va ridefinita in base al titolo V della Costituzione.
Secondo Livia Turco, in realtà, ogni singolo atto deve essere collocato dentro un progetto, che è appunto quello della qualità e della sicurezza delle cure e che si attua attraverso scelte di valore, politiche e tecniche. Insomma non bastano più risorse a pioggia dal centro verso la periferia, ma bisogna ricostruire la catena delle responsabilità: a ciascuno il suo, sembra dire il ministro.
E diciamo che mai parole furono più attese dai medici di medicina generale. Medici per i quali le responsabilità sono sempre in crescita, ma si riducono al contrario i riconoscimenti e, soprattutto, quello che si è stabilito quasi mai viene davvero controllato e quasi sempre non a suo vantaggio.
Al Servizio sanitario nazionale servono risorse adeguate, ammette il ministro Turco, ma serve anche una maggiore integrazione e più trasparenza nell’utilizzo dei fondi da parte delle Regioni e, aggiungiamo noi, dei singoli centri di costo. Teoricamente, quanto più i processi diagnostici e terapeutici fossero frutto di processi condivisi, tanto meno sarebbe possibile attribuire l’efficacia e l’appropriatezza di gestione del singolo caso a un particolare centro di responsabilità, come vorrebbero invece i manager sanitari.
È arrivato però il momento, a nostro avviso, di dare a ciascuno il suo soprattutto quando, alla vigilia del rinnovo delle Convenzioni, parlare di fondi significa davvero parlare di pezzi possibili e impossibili, sostenibili e insostenibili di innovazione.
Non sembra realistico né particolarmente giusto che il medico di medicina generale si assuma in prima persona e in perfetta solitudine tutti gli oneri economici, finanziari, politici e legali delle scelte di un’intera catena di poteri. Poteri che partono da Roma, passano per la casa dei governatori e attraversano fino all’ultima scrivania dei manager locali e che, lungo la strada, sembrano perdere, a volte, tempo, senso e soldi.