M.D. numero 13, 18 aprile 2007

Rassegna
Aspetti psicosomatici nelle malattie neoplastiche
di Emanuele Zacchetti - Medico di medicina generale, specialista in Neurofisiologia Clinica, Psicoterapeuta, Borgosesia (VC)


Nella genesi della malattia tumorale non si può negare il ruolo di vari fattori biologici, ma nuovi spiragli di comprensione arrivano dallo studio dei meccanismi psiconeuroimmunologici. I rapporti tra cancro e psiche sono sempre più studiati e per i vissuti depressivi che comporta è importante anche per il Mmg sviluppare forme di assistenza psicologica del paziente che va verso la guarigione e, nei casi a prognosi infausta, per una gestione della fase terminale della vita più dignitosa


Una delle domande che ci si pone come medici nella propria pratica clinica è se la patologia tumorale abbia o meno un’origine psichica, cioè se tra i vari fattori eziologici già conosciuti si possa aggiungere quella dello stress emozionale e della conflittualità intrapsichica.
Fino ad alcuni anni fa la risposta era categoricamente negativa e veniva evidenziato che nessun rapporto era sufficientemente accertato tra stress emozionale e cancro e che le cause erano da ricercarsi in fattori biologici ben evidenziabili. Ora la situazione sta cambiando e nuove prospettive sembrano aprirsi nella comprensione di questa terribile e per alcuni aspetti misteriosa malattia.

Psiconeuroimmunologia


La nascita della psiconeuroimmunologia, sintesi e fusione tra lo studio del sistema nervoso centrale e di quello immunitario nelle loro relazioni con le componenti endocrinologiche, ha aperto nuovi spiragli di comprensione nella genesi delle malattie tumorali e dei legami con lo stato affettivo, emozionale e sulle possibili componenti psicopatologiche presenti nella persona che si ammala di cancro.
Studi recenti eseguiti in laboratorio hanno evidenziato come in situazioni croniche di stress aumenti notevolmente la possibilità di sviluppare una neoplasia e noi sappiamo che il sistema immunitario si attiva in situazioni di stress acuto, ma tende a deprimersi in situazioni di stress cronico, quando si ha la percezione che non vi siano possibilità di fuga o cambiamento.
Il tabagismo, l’abuso di alcol, il tipo di alimentazione, la sedentarietà, l’esposizione a sostanze tossiche, l’inquinamento ambientale, fattori di predisposizione genetica, il contatto con alcuni tipi di virus e altri fattori che si verranno a scoprire, sono sicuramente dei dati certi che la ricerca dell’ultimo secolo ha portato nella comprensione del cancro.
In ogni paziente possono essere prevalenti uno o più di questi fattori nella genesi della malattia e nessuno può negarne l’evidenza, ma sicuramente per il clinico fermarsi solo a questi senza considerare l’aspetto psichico ed emozionale nell’origine della patologia può essere limitante.
D’altra parte però può essere pericoloso “psicologizzare” completamente la malattia tumorale, questo perché potrebbe portare il paziente all’abbandono delle terapie tradizionali che negli anni hanno dimostrato la loro efficacia e spingerlo verso terapie alternative che in alcuni casi possono portare a risultati disastrosi, ma anche perché nessun dato scientifico che abbiamo a disposizione ci permette di affermare che questo legame tra psiche e cancro siano qualcosa di assoluto e fondamentalmente certo.
Il cancro è una malattia multifattoriale, in cui oltre ai fattori conosciuti e certi si fondono fattori oscuri e meno chiariti dalla ricerca scientifica che passano attraverso la sfera emozionale, il sistema neurovegetativo, endocrino, immunitario, i cui legami si estrinsecano nei vari apparati dell’organismo con una maggiore o minore suscettibilità a contrarre malattie infettive, autoimmuni (dove per paradosso l’organismo produce anticorpi verso parti di se stesso), tumorali (figura 1).
Nel corso della vita in molti soggetti alcune cellule subiscono dei danni da esposizione a sostanze chimiche, radiazioni, inquinanti ambientali o per l’invecchiamento e possono subire delle trasformazioni in senso precanceroso, ma un sistema immunitario ben funzionante può riconoscerle ed eliminarle prima della loro trasformazione in cellula cancerosa definitiva.
In queste capacità dell’organismo di sapersi difendere vi sono sicuramente delle componenti genetiche, alcuni gruppi familiari si ammalano di cancro molto più frequentemente di altri, ma una parte importante sembra essere legata all’assetto psiconeuroimmunologico del soggetto, che può condizionare la sua capacità di difesa nei confronti della malattia.
Un’altra osservazione di ordine più pratico è che persone con una struttura psichica più equilibrata e con maggiore capacità di espressione della propria emozionalità hanno solitamente uno stile di vita più sano ed equilibrato e quindi possono essere protetti dalla malattia tumorale sul versante della qualità di vita.

Stress e sistemi biologici


Lo stress è sempre innescato da un’attivazione emozionale, a sua volta l’emozione è attivata dopo che gli stimoli sono stati sottoposti a una valutazione cognitiva a livello della struttura corticale.
Gli stimoli psicosociali sono la principale fonte di stress, il quale interferisce con le funzioni somatiche dell’organismo attraverso tre importanti sistemi biologici: endocrino, nervoso vegetativo, immunitario.

Sistema endocrino

Attraverso l’attività dei suoi sistemi recettori-ligandi e dei suoi effettori periferici il sistema endocrino effettua un controllo prevalentemente di tipo metabolico a livello delle funzioni cellulari.
Sistema nervoso vegetativo
Il sistema nervoso vegetativo attraverso l’attività dei due sistemi simpatico e parasimpatico, regolati a loro volta dalle strutture ipotalamiche, ha un’importante funzione nell’esprimere l’emozionalità, che è un’esperienza prevalentemente psichica in sensazioni ed espressione fisica, cioè viscerali e cenestesiche.

Sistema immunitario

Il sistema immunitario possiede meccanismi di regolazione più profondi dei due sistemi precedenti, dai quali riceve un’importante modulazione. In situazioni di stress acuto vi può essere un fattore di stimolo sul sistema immunitario, mentre durante lunghi periodi di stress si può avere una diminuzione della funzione immunitaria, della produzione linfocitaria e anticorpale.

Disregolazioni dei sistemi

I primi due sistemi sono veloci nell’entrare in azione durante una situazione di stress emozionale, il sistema immunitario è più lento a subire modificazioni ed è condizionato dalle modificazioni dei due precedenti, ma la sue disregolazioni diventano nel lungo termine importanti nello sviluppo di patologie psicosomatiche anche gravi.
Vi sono studi che evidenziano come dopo episodi di lutto o perdita non superati sul piano emotivo vi sia una maggiore possibilità di sviluppare una malattia tumorale.
Diventa evidente come un trattamento farmacologico antidepressivo adeguato, abbinato alla psicoterapia, possa essere una terapia non soltanto del disturbo dell’umore che segue al lutto, ma anche una possibilità di prevenzione di possibili patologie che possono svilupparsi nel futuro.

Psiconcologia


Valutare gli aspetti psichici ed emozionali presenti nei pazienti tumorali non comporta solo la possibile comprensione delle relazioni esistenti tra sistema nervoso e immunitario ed eziologia del cancro (che come si è precisato è ancora molto da definire e valutare in ambito scientifico), ma riguarda soprattutto il vasto campo delle componenti psichiche, emotive, di conflittualità, di regressione e aggressività che accompagna il malato tumorale nel suo cammino di malattia.
L’ampio settore della psicologia medica che ha assunto la definizione di psiconcologia è diventato di estrema attualità nell’ultimo decennio. La figura dello psiconcologo, in genere uno psicologo o psichiatra con competenza specifica nel settore, è inserita nelle moderne équipe come supporto per il paziente nei momenti più difficili, dalla comunicazione della diagnosi, all’accettazione di terapie dagli effetti collaterali pesanti o gli effetti mutilanti di interventi demolitivi, oppure nella fase finale delle cure palliative come accompagnamento alla terapia farmacologica del dolore.
È sicuramente più facile per il medico di famiglia o specialista gestire la parte clinica della malattia, la diagnosi, l’invio al chirurgo o all’oncologo, la chemioterapia, la radioterapia. Vi sono linee guida precise a cui ci si può adeguare con risultati spesso positivi.
Ma in quella percentuale di pazienti in cui non vi è guarigione e dove si va verso un peggioramento progressivo, diventa per il medico difficile la gestione del paziente, proprio perché gli aspetti biologici della malattia vengono a perdere importanza e cominciano ad affiancarsi gli aspetti più dolorosi e in parte misteriosi, che ogni paziente vive a suo modo e che danno al medico un senso di impotenza e
sconforto.
La psiconcologia è un qualcosa di nuovo per molti medici, nessuno l’ha appresa all’Università e diventa quindi importante la collaborazione del medico con queste figure addestrate a seguire il paziente nella fase terminale (tabella 1).
Il medico moderno non può lasciare comunque la gestione delle problematiche psichiche del malato terminale soltanto a questa nuova figura proofessionale, ma nei limiti delle sue possibilità dovrebbe entrare nel mondo psichico del suo paziente, cercando di decifrare le sue paure e dargli la sensazione di ascolto, della sua presenza, del suo sostegno nella riduzione del dolore fisico e della depressione che si accompagna alla malattia.
Emerge chiaramente il fatto che il medico è anche la persona che può meglio sostenere il paziente: lo conosce bene, è colui che deve assumersi certe responsabilità in virtù della propria situazione privilegiata, poiché non è così vicino al malato come i membri della sua famiglia. Nell’ascoltare il paziente nelle sue lamentele, nel percepire l’aggressività, la delusione e le fantasie è importante che il medico non inserisca troppo le sue considerazioni o non lascino al paziente la possibilità di esprimere la sua emozionalità, per esempio inserendo frasi di convenzione che tendono a eludere il problema e che sono in genere le meno gradite dai pazienti.
Il sostegno psicologico ad un malato terminale può passare attraverso vari livelli.
Il primo può essere realizzato dalle persone più vicine al paziente (amici, volontari di associazioni di sostegno, sacerdoti, infermieri domiciliari, oltre ai parenti).
Il secondo può essere affidato alla figura del medico di famiglia che si affianca ad altre figure (oncologo e palliativista).
A lui viene affidato il controllo della terapia del dolore e delle complicazioni che si creano quando il paziente si trova nella sua abitazione, può esercitare un intervento di sostegno che può definirsi di tipo psicoterapeutico.
Il medico moderno deve fare un salto di qualità e apprendere quei metodi di comunicazione che vanno al di là del buon senso e delle frasi convenzionali, queste capacità nell’arte di comunicare possono essere già nel bagaglio del medico, nel suo sapere “essere”, nelle sue caratteristiche soggettive e nelle sue capacità di empatia, e possono essere apprese come le altre capacità del saper fare.

Terapia farmacologica


Un intervento di psicoterapia può essere affiancato alla terapia farmacologica nel paziente terminale. La terapia farmacologica prevede in genere l’uso degli analgesici minori o maggiori a secondo dell’intensità del dolore, associati ad ansiolitici e antidepressivi. Questi ultimi, in particolare gli SSRI, hanno un benefico effetto sulla componente di angoscia, sui disturbi del sonno, sulla percezione del dolore che la malattia comporta.
Nei casi di compressione di terminazione nervosa da parte di una massa tumorale possono essere usati i triciclici con discreti risultati. I neurolettici a basso dosaggio possono essere utili per il loro effetto antinausea oltre che per quello sedativo.
In genere questo terzo livello di intervento viene fornito da uno psicologo o psichiatra con formazione specifica, che può far parte dell’équipe che segue il paziente e che di solito fa capo ad una struttura pubblica, oppure essere un libero professionista a cui si rivolgono o il paziente o i familiari.

Psicoterapie e ipnosi


Molte sono le psicoterapie che attualmente si offrono come possibilità di trattamento: ad indirizzo psicodinamico, cognitivo-comportamentale, sistemico, esistenziale e ognuna di loro, condotta da una persona esperta, può risultare efficace. Tra le varie possibilità le tecniche di ipnosi ericksoniane (che prendono il nome da Milton Erickson, psichiatra americano considerato un’autorità mondiale nell’uso dell’ipnosi in medicina e delle psicoterapie brevi) possono essere estremamente interessanti e veloci nell’ottenimento di risultati in una patologia dove il tempo è un fattore importante.
Pazienti con aspettativa di vita: nei pazienti che hanno magari superato un intervento chirurgico o cicli di chemioterapia l’ipnosi può permettere una migliore accettazione degli effetti collaterali, un’attivazione mediante il profondo stato di benessere e di calma psichica del sistema immunitario come si osservava in precedenza e quindi una naturale resistenza dell’organismo alla malattia, una ricerca interiore per dare nuovi significati alla propria vita in un momento in cui il paziente si sente perso e con una diminuzione delle energie vitali.
Pazienti terminali: l’ipnosi può rappresentare una possibilità di “accompagnamento”, in cui il terapeuta può portare il paziente a ripercepire ancora delle sensazioni di calma e serenità oltre ad una riduzione della componente dolorosa o di altre sensazioni negative legate alla malattia.

Conclusioni


Sicuramente nuove speranze di cure efficaci e risolutive si apriranno nella cura del cancro, alcune terapie già presenti saranno perfezionate e nuove terapie entreranno nelle possibilità di trattamento della malattia, ma alla terapia medica e chirurgica sarà importante che possa affiancarsi la psiconcologia. La figura dello psiconcologo, per ora presente soltanto in équipe oncologiche di ospedali dedicati, potrà diffondersi anche nelle più piccole strutture di provincia e soprattutto affiancarsi sul territorio alla figura del medico di famiglia nella gestione del paziente anche nella sua abitazione.
Il cancro è una malattia misteriosa i cui rapporti con la psiche sono profondi e sempre più studiati, per i vissuti depressivi e dolorosi che comporta diventerà sempre più importante sviluppare delle forme di psicoterapia per un sostegno durante il cammino della malattia sia verso la guarigione sia, nei casi a prognosi infausta, per una gestione della fase terminale più dignitosa non solo negli aspetti fisici, ma anche per quelli psichici ed esistenziali.