M.D. numero 14, 25 aprile 2007

Appunti
La dipendenza è un falso problema

Siamo arrivati, finalmente, al redde rationem: la medicina generale non serve più al Servizio sanitario nazionale. È necessario dirlo per fare chiarezza una volta tanto. Siamo troppo abituati ai “dico e non dico”, ai mormorii della politica, ma questa volta sembra proprio che alea iacta est.
Il sindacalismo di categoria, d’altronde, è tutto in fermento. Soddisfatto del traguardo raggiunto, con anni di indefesso lavoro mirante alla rottamazione della medicina generale, sta già pensando con la lungimiranza da talpa che lo contraddistingue, a come sistemarsi all’interno del nuovo status di dipendenti pubblici.
Naturalmente la prima preoccupazione non può essere che la carriera. Poi ripensare alla medicina generale, per rifondarla.
La verità è che al Ssn occorre, per completare la sua filiera di servizi sanitari, una figura professionale tecnica. Diciamo, un funzionario, con laurea breve in scienze mediche, a cui affidare il compito di smistare gli assistiti alle varie branche specialistiche. Basta soffermarsi un attimo di più su funzioni e caratteristiche di Utap e Case della Salute per vedere palesare questa finalità. Spero, dubitandone fortemente, che ci sia qualcuno che possa dimostrare il contrario. Molti medici di medicina generale, purtroppo, saranno costretti ad accettare il declassamento per conservare il posto di lavoro. Il vero problema, infatti, non è la dipendenza, ma il declassamento del ruolo professionale dei medici di famiglia.
Malgrado la situazione non faccia sperare nulla di buono per il futuro dei Mmg non sono pessimista. La competenza del medico di famiglia non è emendabile. Una comunità non può farne a meno e i motivi noi Mmg li conosciamo bene.
Non ho dubbi, per questa disciplina medica si apriranno nuove opportunità. Liberata dalla morsa omologante dello Stato, essa saprà recuperare quella professionalità, troppo a lungo mortificata, che l’ha resa nobile fra le nobili di tutti i tempi. Ed allora ci cercheranno.

Giuseppe Schirosa,
Medico di medicina generale
Montalbano Jonico (MT)



Democrazia partecipata e rete dei servizi

I medici da anni continuano a dichiarare (a urlare) il proprio disagio: gli articoli e le pubblicazioni apparse sulle riviste di settore sono innumerevoli. Ma queste “narrazioni” non interessano più di tanto le dirigenze nazionali o regionali.
Il Ssn funziona grazie a coloro che ogni giorno operano sul campo e riceve il riconoscimento internazionale per essere uno dei servizi sanitari migliori. Ma chi lavora all’interno di questo servizio sa che numerose alte dirigenze non perdono occasione per dimostrare la loro inettitudine, il loro disinteresse per il buon funzionamento dei servizi, concentrate come sono su obiettivi limitati (risparmio farmaceutico) e ripresentati costantemente come ossessivi tormentoni per mascherare l’inconsistenza organizzativa gestionale.
Anni di finta aziendalizzazione alla fine hanno creato solo un “nuovo ceto sociale” che presenta propri interessi specifici, è costantemente autoreferenziale, molto potente economicamente, completamente distaccato da ogni dovere deontologico nei confronti dei colleghi. Si aggiunga anche un po’ di de-responsabilizzazione assicurata dal salvagente politico e una buona dose di perdita di tempo. È sempre più netto il distacco tra le due Italie sanitarie: quella di coloro che operano in prima linea, che permettono al Ssn di definirsi come tale, e quella rappresentata da numerose dirigenze non più aderenti alla realtà. La mutua incomprensione sta diventando immensa.
Ora le parole di moda che circolano nei corridoi aziendali (sono gli unici luoghi dove si può incontrare qualche dirigente e, considerata l’occasione, si è tentati di accennare a quel problema o a quell’appuntamento richiesto da 4 mesi, ma tutto si risolve in battute sul tempo o sul caffè…) sono “democrazia partecipata” e “rete dei servizi”. Anche se il manuale non scritto delle regole aziendali suggerisce caldamente di utilizzare questi termini in ogni documento o in ogni intervento, mi sorge spontanea una domanda: ma allora prima, per esempio solo qualche mese fa, com’era la democrazia? Meno partecipata, per nulla partecipata? Deve proprio essere così, considerato come alcuni dettami degli accordi nazionali o regionali sono applicati e altri sono dimenticati completamente.
Se il Ssn è un servizio complessivo, anche le alte dirigenze non sono estranee alla cosiddetta “rete dei servizi”: un loro cattivo funzionamento, un cattivo esempio, l’incapacità di attuare comunicazioni sane con tutti gli operatori si ripercuote inevitabilmente come una influenza su tutta la piramide organizzativa e il burn out è il minimo garantito. In questo modo la rete dei servizi perde la capacità integrativa, non si riconoscono più i nodi e le competenze distintive. Si inizia a navigare a vista e grazie ai soliti ignoti comunque si galleggia. I professionisti in prima linea sono abituati a non essere ascoltati, a non ottenere risposte, a vedere gratificati proprio coloro (yesmen) che creano problemi e comunicazioni distorte.
Senza una condivisione vera e una iniziativa creativa le Asl non potranno avere un successo duraturo. Ciò che caratterizza una organizzazione e la rende unica è la sua identità (che è composta da quella di ogni professionista che vi appartiene o sia di riferimento per l’azienda), è la sua cultura.

Luter Blisset,
Mantova


Gli utenti devono essere informati

Dopo oltre due mesi di attesa, nella speranza che amministratori pubblici e rappresentanti di istituzioni rispondessero ai quesiti che ho loro posto previa missiva, ho deciso di esporre la lettera inviata in sala di attesa affinché i mie assistiti, nonché cittadini e utenti paganti il Ssn, possano constatare come un Mmg è costretto ad operare. Essi saranno così edotti di come, in un clima di sostanziale isolamento, nel disinteresse generale circa le difficoltà operative di questo professionista, in spregio della deontologia e delle più elementari norme di buona educazione, non possa essere in grado di fornire ai propri assistiti spiegazioni su provvedimenti che risultano a volte incomprensibili e a volte contraddittori. Una realtà che ha come conseguenza quella di rendere sempre meno dignitoso ed efficace il lavoro del Mmg, obbligando a svolgerlo passivamente e meccanicamente.
Tutto questo forse minerà ulteriormente la credibilità delle istituzioni agli occhi dei cittadini, ma la degenerazione è tale che c’è bisogno di una corretta informazione.
La mia missiva era incentrata sulla questione delle prescrizioni indotte e sulla mancanza o sul non utilizzo, da chi sarebbe tenuto a farlo, dei ricettari del Ssn. Per quale motivo le strutture sanitarie accreditate col Ssn non vengono dotate dei ricettari regionali utili e necessari alla prescrizione di esami o visite per elaborare una corretta diagnosi, di farmaci per le 48 ore successive la dimissione dopo un ricovero ospedaliero?
Inoltre tale situazione viene peggiorata dal mancato utilizzo del ricettario regionale in dotazione ai colleghi delle stutture pubbliche.
I disagi che tale situazione comporta sono molteplici.

  • Defatiganti andirivieni del paziente, che dallo specialista deve tornare dal Mmg per farsi ri-trascrivere gli esami sul ricettario.
  • Possibili errori trascrittivi (spesso per la indecifrabile grafia, non proprio da amanuense, dei colleghi) con conseguenti intuibili inconvenienti.
  • Ri-trascrizione di esami con utilizzo di abbreviazioni (sigle) oramai abusate dagli specialisti che, affetti da “crampo dello scrivano”, sono comprensibili solo agli stessi, con notevole imbarazzo da parte del Mmg nella loro interpretazione e forieri di nuovi “giri di valzer” per i pazienti.
  • Frequenti discussioni con gli assistiti esasperati da queste procedure, poiché (al sottoscritto per primo) risulta incomprensibile come non si possa emanare un provvedimento che eviti questo iter “demenziale”.
  • Scontri verbali degli assistiti con gli impiegati della struttura a cui si rivolgono in disaccordo con la formulazione riportata dallo stesso specialista (dal sottoscritto compitata con cura così come ricevuta), come se impiegata e medico prescrittore attingessero informazioni da “maestri” diversi.
La caratteristica di chi governa nel non rendere partecipi gli utenti, ma soprattutto gli esecutori materiali, delle motivazioni che sono alla base di certi provvedimenti è la fonte di inutili, snervanti e quanto deleterie discussioni che hanno l’unico fine di rendere la vita impossibile a tutti senza portare peraltro beneficio a nessuno. Inoltre mi permetto di fare osservare che l’uso estensivo del ricettario a tutte le strutture accreditate potrebbe anche essere utile all’assessorato della sanità per attribuire, oltre la vera responsabilità delle indagini strumentali, anche l’origine della spesa, tutt’altro che secondaria, prescritta ma non originata dal Mmg.
Questo sarebbe inoltre un modo efficace e preciso, qualora fosse necessario intervenire con provvedimenti correttivi opportuni.

Paolo Personeni,
Medico di medicina generale
Milano