M.D. numero 14, 25 aprile 2007

Editoriale
È sempre colpa del solito medico di famiglia


E' bastato un articolo un po’ strillato sulle prime pagine del Corriere della Sera, e il pronunciamento di un importante giuslavorista, per riscatenare la ciclica “caccia alle streghe” contro i medici di famiglia. Questa volta a tema ci sono i “certificati allegri” che farebbero perdere al nostro Paese milioni di euro in giornate
non lavorate e che sarebbero farina del sacco di professionisti che, invece di lavorare quotidianamente per la salute dei cittadini, passerebbero il loro tempo a coprire i propri pazienti. Ben fa il segretario della Fimmg, Giacomo Milillo, a ricordare che la figura del medico di famiglia è legata al rapporto di fiducia instaurato con il proprio assistito, del quale conosce la storia clinica e la dimensione psico-fisica. Quando ne certifica un’invalidità temporanea al lavoro, lo fa seguendo questi parametri. D’altronde la funzione di controllo non appartiene al medico, né ai vari ordini professionali dei medici.
Il nostro ordinamento concede questa facoltà all’Inps e alle Asl, che la espletano sulla base di precise disposizioni di legge. Questo caso riapre, tuttavia, una finestra ampia su quello che c’è e quello che manca per il Mmg nell’ordinamento attuale. C’è, infatti, un fiorire di attività, anche amministrative, che gravano su di lui: dal lavoro ai certificati sportivi, dall’accompagnamento alla nascita, fino a tutte le principali attività e campagne di prevenzione, alla cura delle cronicità oltre al lavoro di relazione e di accompagnamento alla vita del cittadino e della sua famiglia.
A fronte di tutto questo impegno, il suo profilo rimane sempre incerto: doveva essere il gatekeeper del Sistema sanitario nazionale, ma da guardiano dell’accesso è diventato, più che altro, a seconda delle necessità, il ragazzo di bottega, ma anche il factotum, che dalle prescrizioni dei pannoloni fino alla diagnostica e alla clinica è capace di svolgere tutti le parti di quella che sta assumendo sempre più i caratteri di una commedia.
Ma c’è di più. Se in Italia i numeri del gradimento degli italiani per il proprio medico di famiglia sono sempre altissimi, come abbiamo scritto e confermato più volte, una nuova ricerca pubblicata su Medical Care, rivista dell’American Public Health Association, ha evidenziato, dati alla mano, che quando la relazione tra medico e paziente è all’insegna dell’ascolto, della fiducia e della comprensione reciproci, l’assistito non è soltanto più soddisfatto, ma guadagna salute: il mal di testa cronico migliora, i livelli di glicemia e pressione arteriosa sono meglio controllati e la psiche è più serena. Insomma questa buona relazione che, secondo alcuni, in Italia sarebbe alla base di complicità al limite del malaffare, oltreoceano è considerata un determinante della salute
al pari di farmaci e vere e proprie terapie. Sogniamo un giorno in cui i Mmg incasseranno un titolo su un quotidiano di prestigio nazionale anche per questo.