M.D. numero 14, 25 aprile 2007

Prospettive
Ssn: è in arrivo la riforma quater
di Rebecca Lamini


Il disegno di legge sul Governo clinico che il ministro per la Salute Livia Turco aveva annunciato necessario come base per un impianto più efficace del Ssn, a mano a mano che passavano i giorni della legislatura si è arricchito di una serie di elementi strutturandosi come un disegno di legge di riforma. E così c’è chi definisce una vera e propria Riforma quater quella arrivata al vaglio degli addetti ai lavori in cui ci sono novità per tutti gli attori del Ssn con specifici obiettivi anche per la medicina generale


Dopo le festività pasquali un vero e proprio disegno di legge è al vaglio degli addetti ai lavori e dopo il loro via libera sarà all’esame del Consiglio dei Ministri e delle Regioni per assicurare nuove basi al sistema sanitario. Ventidue articoli e più che puntano all’ammodernamento del Ssn. Il titolo del Ddl è: “Interventi per la qualità e la sicurezza del Ssn”. Non poche le novità rilevanti: innanzitutto i cittadini che diventano protagonisti del sistema e assumono spazi di partecipazione. Per le Regioni che non adottano i Piani sanitari si prevede anche il commissariamento. I LEA dovranno essere fissati contestualmente al finanziamento nell’arco di un quinquennio, agganciandosi al Dpef e agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Ma specifici obiettivi riguardano anche la medicina generale e a come poterla rendere più efficace: si punta sulle unità di cure primarie, che vengono generalizzate per medici di famiglia e pediatri. E LEA e cure primarie saranno anche alla base dell’accordo che Stato e Regioni stanno negoziando per rendere concreto il Piano sanitario nazionale 2006-2007.

Le sette priorità del Piano Sanitario Nazionale

Sono sette le priorità del Piano sanitario nazionale 2006-2008: LEA, cure primarie, rete ospedaliera, prevenzione, liste d’attesa, salute mentale ed evento nascite.
Sette capitoli che le Regioni hanno concordato con il ministero della Salute per l’utilizzo degli 1,2 miliardi di euro di fondi vincolati. Al primo posto, com’è logico, anche in quest’accordo troviamo i Livelli essenziali d’assistenza. Per garantire che la loro erogazione sia efficace, appropriata e omogenea, il documento indica la necessità
che nell’ambito delle risorse programmate si renda coerente la programmazione dell’offerta con i mutamenti socio-economici, tecnologici e demografico-epidemiologici e della domanda di assistenza territoriale legata alla cronicità, di cui il Ssn non si è fatto ancora sufficientemente carico in alcune zone del Paese.
Ma c’è un’attenzione specifica anche per le cure primarie. Governo e Regioni concordano che vada portata a termine la loro riorganizzazione che ha importanti ricadute anche sulla qualità della risposta ai bisogni socio-sanitari complessi, in cui spesso la mancata presa in carico congiunta dei servizi sanitari e sociali rischia di rendere inutile anche l’intervento più efficace. I punti chiave dell’integrazione sono:

  • l’approccio multidisciplinare per i meccanismi di integrazione delle prestazioni sociali e sanitarie;
  • la presa in carico del paziente da parte di servizi e istituzioni sociali e sanitarie per coordinare tutti gli interventi necessari a superare le condizioni che ostacolano il completo inserimento nel tessuto sociale o che limitano la qualità della vita.

Tornano distretti e dipartimenti

Al distretto è affidato il compito di organizzare ed erogare l’assistenza primaria, le prestazioni ad alta integrazione sociosanitaria e le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale. Il tutto in stretto contatto con gli ospedali, per garantire l’integrazione tra attività specialistiche e continuità assistenziale ospedale-territorio. Le sue risorse sono definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione e su queste il distretto avrà autonomia economica e tecnico-gestionale. Per decidere necessità assistenziali e programmi di intervento a questo livello, le Regioni chiameranno in causa anche i Comuni. Tra le funzioni del distretto, poi, entra a pieno titolo anche la salute mentale, che è inserita tra le attività da garantire sul territorio. Il dipartimento è, invece, il “modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie e ospedaliere”. Le attività dei dipartimenti sono dsiciplinate dalle Regioni che gli assegnano anche i budget e quelli delle attività ospedaliere hanno natura strutturale.

L’Agenzia per i servizi sanitari regionali


Cambia nome: si chiamerà Agenzia nazionale per i servizi sanitari e sarà di supporto tecnico-scientifico al ministero della Salute e alle Regioni per la definizione delle linee strategiche del Ssn. L’Agenzia si occuperà di dare sostegno all’elaborazione degli atti di programmazione sanitaria regionale e di tutte le attività di valutazione, monitoraggio e informazione sui Lea e sulla spesa. Ma dovrà anche monitorare sperimentazioni gestionali e nuove tecnologie ed elaborare modelli di organizzazione e funzionamento dei servizi sanitari e sociosanitari, dare supporto a ministero e Regioni per la predisposizione, valutazione e attuazione dei provvedimenti sull’ECM e certificare la frequenza ai corsi di formazione dei direttori generali. L’Agenzia ha programmi triennali predisposti dal ministro della Salute e approvati d’intesa con le Regioni, opera in collaborazione con le Agenzie sanitarie regionali e alle spese di funzionamento del programma si farà fronte con una quota accantonata dal Fsn.

Cittadino controllore


Il cittadino deve essere partecipe a pieno titolo alla gestione e al controllo delle attività sanitarie. E le strutture del Ssn dovranno dotarsi di un sistema per la sicurezza dei pazienti per la gestione del rischio clinico con una funzione aziendale ad hoc che attui prevenzione, formazione degli operatori e monitoraggio degli errori e degli eventi avversi. Il tutto dovrà essere trasmesso a Regioni e ministero della Salute. E a vegliare su questa organizzazione sarà il centro nazionale di riferimento per la sicurezza dei pazienti, costituito presso l’Agenzia nazionale dei servizi sanitari e per il cui funzionamento è intenzione di stanziare 200mila euro per il 2007 e 1,5 milioni per il 2008 e 2009 presi dai fondi del ministero della Salute. La partecipazione dei cittadini è prevista in forma singola o associata e le strutture pubbliche dovranno coinvolgerli, informarli e consultare le loro associazioni sia in fase di progettazione sia di decisione sulle politiche sanitarie. È anche prevista sperimentalmente la realizzazione di un consiglio dei cittadini nelle aziende che vigili sulla loro attività e partecipi anche alle commissioni sugli appalti.

Tornano anche le UCP


Per tutti i Mmg e i pediatri di libera scelta arrivano, questa volta forse per davvero, le Unità di cura primaria. Per chi non lo ricordasse già a memoria, o si confondesse con analoghe proposte, si tratta di strutture organizzative elementari per l’erogazione delle prestazioni in cui lavorano obbligatoriamente tutti i Mmg, i pediatri e i medici di continuità assistenziale e che operano sotto forma di rete integrata nel dipartimento di cure primarie del distretto. Le UCP dei Mmg sono composte da medici di famiglia e di continuità assistenziale e si trovano nella Casa della salute o in altre sedi distrettuali per l’assistenza territoriale. Le dirige un Mmg che coordina l’attività degli altri medici e i collegamenti con l’ospedale e può restare in carica un biennio, rinnovabile per una sola volta. Le unità sono costituite da non meno di 20 medici, in base all’ambito territoriale (decide la conferenza unificata) di riferimento e assicurano l’assistenza tutti i giorni nelle 12 ore diurne e quella domiciliare ininterrotta, diurna e notturna.
Mmg e pediatri possono svolgere attività professionale anche in propri studi professionali, compatibilmente con l’impegno che hanno nelle unità. Gli specialisti ambulatoriali, organizzati per assicurare un’adeguata presenza nella stessa sede in cui operano le unità di base, assicurano, in forma integrata, l’erogazione delle prestazioni richieste dalle unità di assistenza primaria. Il trattamento economico e le modalità dell’attività professionale all’interno delle unità le deciderà la Convenzione nazionale, che si occuperà anche della partecipazione dei medici alle attività del dipartimento di cure primarie, del distretto e degli organi delle aziende di riferimento. Infine, si affida al ministero della salute il coordinamento della formazione in medicina generale per darle omogeneità su tutto il territorio nazionale.