M.D. numero 15, 2 maggio 2007

Dibattito
Rifondazione della medicina generale: la parola ai medici
di Filippo Mele, Medico di medicina generale, Policoro (MT)


E' iniziato da un po’ il tour di presentazione agli iscritti Fimmg del documento elaborato dai vertici sindacali sulla rifondazione della medicina generale (M.D. 2007; 14: 4-6). Si tratta di una piattaforma importante su cui il segretario nazionale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, Giacomo Milillo, ha fondato il suo inizio mandato e che lo vede protagonista del confronto con i suoi iscritti. Tra le tappe recenti di presentazione c’è stata la Basilicata. Il confronto ha avuto luogo nella città di Matera. Ed è proprio in quella sede che si è cercato di raccogliere le impressioni e i pareri di alcuni dei partecipanti. Un’opportunità per sentire le “voci della base” sull’iniziativa e sul futuro che si prospetta per i medici di medicina generale


Il segretario nazionale della Fimmg Giacomo Milillo sta girando in lungo e in largo l’Italia per presentare ai medici di famiglia iscritti e non al sindacato, il progetto di “Rifondazione della medicina generale italiana”. Vista l’importanza dell’iniziativa, è sembrato opportuno dare la parola ad alcuni dei partecipanti all’assemblea di presentazione che si è svolta a Matera dopo che il segretario della Fimmg e il vicesegretario nazionale, nonché segretario regionale Fimmg della Basilicata, Carmine Scavone, avevano illustrato le 26 pagine che contengono le “linee” portanti della piattaforma di rifondazione della medicina generale.
È il caso di tenere in conto il fatto che le riflessioni dei partecipanti all’assemblea sono state condizionate dalla loro specifica attività, trattandosi quasi tutti di medici ben inseriti nella professione, per la gran parte operanti in gruppo. Forse, è stato proprio per questo che quasi tutti hanno dato per assodato l’assunto da cui è partito Milillo: “Il disagio nella categoria è forte, occorre cambiare, altrimenti la medicina di famiglia italiana sarà un capitolo chiuso del Ssn”, e si sono subito proiettati, come dire, sul “futuro”.

I pareri degli iscritti


“La parte più stimolante del progetto - ha detto Michele Campanaro - è la possibilità di progettare la nostra attività. Oggi, noi lavoriamo come ingessati da una Convenzione nazionale gestita da funzionari che, spesso, non hanno alcuna idea di cosa sia la medicina del territorio. La proposta forte di entrare nei centri nevralgici delle decisioni, a livello di distretto, di Asl, di Regione, e di istituzioni nazionali, non come uditori, ma con piene possibilità decisionali, mi sembra importante per cambiare la fisionomia della nostra professione. Com’è accaduto in passato per gli ospedalieri. E con progressione di carriera interna ai Servizi sanitari regionali senza doverci rimettere, il che mi sembra decisivo in termini economici”.
Ma, anche la struttura del compenso, legata, soprattutto, ad attività orarie e a onorario per quote capitarie, con una sorta di “tetto”, combinando le 2 voci, raggiungibile dal primo all’ultimo giorno di attività, ha destato interesse. “Mi stimola questa prospettiva. Penso non solo ai giovani che entrano nella medicina generale - ha dichiarato Raffaele Tataranno - e che impiegano degli anni per raggiungere scelte in grado di garantire loro retribuzioni adeguate, ma anche a quanti, alla fine della loro carriera, non possono più lavorare a pieno regime. Potrebbero integrare la loro attività ambulatoriale con alcune ore nella medicina dei servizi e se vogliono anche nella continuità assistenziale. Oppure impegnarsi, per esempio, nelle attività di formazione”.
Entusiasta della possibilità di collaborazione con i colleghi si è dichiarato Nicola Falotico: “Sono stato protagonista della creazione di una delle prime medicine di gruppo della Basilicata e sono socio fondatore della prima cooperativa di medicina generale qui esistente: come posso non salutare con entusiasmo tutte le prospettive che ampliano le nostre possibilità di collaborazione con i colleghi? Ben vengano, quindi, le Unità di medicina generale (Umg) con Mmg, infermieri, personale di segreteria, in cui ognuno di noi può sviluppare le sue possibilità professionali rendendosi, oltretutto, meno ricattabile da parte degli assistiti. Assistiti che minacciano la ricusazione, spesso, come spada di Damocle sul nostro capo”. Sulla stessa linea del collega Ninì Truncellito che ha accettato di buon grado la possibilità di interagire con i colleghi “per uscire dall’isolamento e offrire più opportunità e servizi di migliore qualità ai pazienti”.

Alcuni distinguo


“Alle Umg, però - ha aggiunto Vincenzo Scialpi - vanno dati strumenti nuovi rispetto a quelli, per esempio, delle attuali medicine di gruppo. Occorrerà, vedere, poi, nella pratica come potranno funzionare”. Ovviamente, proprio sulla strutturazione e funzionalità di queste Umg si sono appuntate le perplessità di alcuni. Il collega Antonio Divincenzo, per esempio, ha sollevato il problema dei piccoli Comuni, la gran parte sotto ai 5mila abitanti, sparsi sul territorio: “Il rischio è che le Umg diventino una struttura per fissare uno standard di pianta organica per i medici di medicina generale senza che ci portino qualcosa di innovativo nella nostra attività quotidiana. Come potrebbe realizzarsi questa nostra aspirazione in realtà che non sono urbane o di determinate dimensioni?”. Rossana Vinciguerra in proposito ha auspicato un ridimensionamento di quanto previsto nella bozza in fase di discussione. Angelo Venezia ed Erasmo Bitetti, dal canto loro, hanno paventato la possibilità di perdere una delle grandi prerogative della medicina di famiglia, vale a dire il rapporto di fiducia medico-paziente. “Un rapporto - ha detto Venezia - da valorizzare impedendo che i pazienti girino da un ambulatorio all’altro scegliendo quello dove più gli conviene”. Bitetti, a sua volta, ha citato l’esempio delle Case della salute istituite da 10 anni in Spagna: “Mi preoccupa la visione che fa la bozza delle Umg collegandola al progetto del ministro Livia Turco. Il punto dirompente in Spagna, secondo i generalisti che vi lavorano, è che le Case della salute sono sì strutture riconosciute e riconoscibili dagli utenti, ma in cui questi professionisti si sentono come castigati. Insomma, la criticità è il loro lavoro di tipo dipendente”.

Lo stato giuridico


Altro capitolo molto discusso è stato proprio quello sullo stato giuridico del medico di famiglia. “Noi siamo, oggi, degli ibridi - ha tenuto a esternare Cristoforo Cosola - poiché non siamo né liberi professionisti né dipendenti. E paghiamo le duplici conseguenze di questa definizione di parasubordinati o convenzionati. Non possiamo agire da imprese, pur se paghiamo fitti, attrezzature, dipendenti, e quant’altro, né abbiamo i benefici, fiscali, normativi e pensionistici, dei dipendenti. Io propendo per la libera professione, magari strutturata in gruppo, è da vedersi, che dia libertà al medico di attrezzarsi per esplicare la sua attività. Ho usato, per esempio, per 10 anni il cardiotelefono, ora non lo uso più. Mi verrebbe a costare 20 euro ad elettrocardiogramma quando la Regione me ne rimborsa 15 come prestazione di particolare impegno professionale”. Insomma, pare che, quantomeno, le 26 pagine del progetto di “Rifondazione” siano riuscite a far discutere i Mmg della Basilicata. Forse la discussione è stata tale anche per l’avvertenza, sottolineata proprio da Milillo e Scavone, e dallo stesso segretario provinciale materano, Tommaso Dubla, che trattasi di una “bozza” e, come tale, è emendabile, aperta ai suggerimenti della base.
Volendo tirare le somme dell’evento, i giudizi favorevoli dei Mmg della Basilicata iscritti alla Fimmg sono stati nettamente superiori a quelli contrari. Ma va sottolineato anche che, benché favorevoli, non nascondono una certa incredulità sulla effettiva realizzazione di quanto in fase di discussione e sulle sue reali possibilità attuative.
Il collega Cosola, in particolare ha dichiarato: “Non sono convinto che la medicina generale italiana è destinatano a morire se non verrà rifondata. La medicina generale non morirà mai: se noi continueremo a lavorare dando ottime prestazioni e dimostrando nei fatti la nostra capacità di saper governare il sistema, anche quello della spesa, non potremo essere cancellati dal Servizio sanitario nazionale”.