M.D. numero 15, 12 maggio 2007

Editoriale
Giuramento d’Ippocrate al passo coi tempi


La scienza medica evolve, e così anche i problemi etici che si trova ad affrontare e il profilo deontologico della professione. Per questo, oltre a contratti, convenzioni e finanziamenti, ecco sottoporsi al restyling anche il Giuramento d’Ippocrate, che dopo le versioni rivisitate dalla Federazione degli Ordini nel 1978, nel 1989 (licenziata nel 1998), è stato aggiornato anche alla luce delle modifiche intervenute nel Codice deontologico della professione. La FNOMCeO ha lavorato molto per raggiungere un compromesso, tra la conferma di un ruolo millenario da una parte e il mutare del contesto sociale e di prospettive scientifiche dall’altra. È così che nasce il nuovo testo aggiornato, avvertono, nella stesura, ma non nella tensione morale rispetto a quello antichissimo di Ippocrate.
La misura di quanto sia cambiato il contesto nel quale i medici si trovano a operare oggi, rispetto ai tempi della medicina sacrale e un po’ magica degli inizi, la dà la formula “Giuro di astenermi da ogni accanimento terapeutico e diagnostico”, dietro la quale non si può non leggere la scia delle infuocate polemiche accese dai casi di Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli.
Ma c’è anche un’altra novità che non può non far parlare di sé e della trasformazione della professione: “Giuro - leggeranno gli aspiranti medici nel pronunciare il proprio giuramento - di esercitare la medicina in libertà e indipendenza del giudizio e di comportamento, rifuggendo da ogni indebito condizionamento”.
Il presidente della FNOMCeO Amedeo Bianco definisce le rinnovate ‘pietre miliari’ della deontologia “più propositive e meno paternaliste, distanti da vecchi poteri”. Secondo Bianco il medico di oggi scende in campo affrontando, con responsabilità e competenza, i conflitti posti dalla moderna società e dalla moderna medicina, non derogando dal suo ruolo civile e istituzionale che chiede a questo professionista di rispondere del suo operato ai cittadini oltre che alle istituzioni.
Ma non c’è solo la scienza e la coscienza che oggi fanno cambiare espressione, e a volte sfigurano, la professione medica in Italia: parliamo dell’unitarietà mancata del sistema delle cure pubbliche. Il terzo dei 15 punti del Giuramento di Ippocrate prevede però da tempo che il medico prometta “di curare ogni paziente (…) promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario”.
Lo stesso ministro Turco di recente ha ammesso che garantire l’universalità del Ssn è ancora una sfida da vincere, mentre oggi rischiamo “di vedere frantumati molti dei nostri diritti”.
E i medici italiani, nel frattempo? Tutti spergiuri?