M.D. numero 15, 2 maggio 2007

Riflettori
Continuità assistenziale: un nodo dalla Toscana alla Campania
di Rebecca Lamini


In Campania si parla di razionalizzazione per il rientro del deficit sanitario, in Toscana di cambiamento del rapporto ottimale, ma il risultato è, a grandi linee, lo stesso: riduzione dei posti in continuità assistenziale e perdita del posto per centinaia di medici precari

A Napoli i sindacati della medicina generale e della pediatria di famiglia della Federazione medici Uil, Fpl, Fimmg, Fimp, Simet, Snami hanno dichiarato lo stato di agitazione nei confronti della Regione Campania per il rinnovo degli Accordi integrativi regionali della medicina generale e della pediatria e hanno in programma un incontro con la Sisac il 16 maggio.
I primi conti li avevano fatti Cgil, Cisl e Uil della Funzione pubblica campana già qualche settimana fa: il peso imposto dal piano di rientro dal deficit sanitario firmato tra Regione e governo dovrebbe colpire, innanzitutto, l’ossatura stessa del sistema in termini di risorse umane: 3mila500 lavoratori in meno nel settore sanitario nel 2007; 8mila lavoratori in meno nell’arco di tre anni, mentre il taglio della spesa sanitaria al personale passerà dall’1.4 all’8 per cento. Per i sindacati questa situazione rischia di diventare insostenibile, nel timore che da una parte sia ridotta l’assistenza ai cittadini e dall’altra finisca per risultare asfittico il blocco del turn over nelle assunzioni, tanto più che la ventilata stabilizzazione dei precari non darà nuova occupazione.
“Le cifre del piano di rientro parlano chiaro: vanno a intaccare la spina dorsale del sistema sanitario e a minare il servizio assistenziale”, avevano avvertito Luigi Savio (Cgil Fp) Francesco Ancellotti (Cisl Fps) e Osvaldo Nastasi (Uil Fpl) insieme a Davide Sarnataro, della segreteria regionale Uil. Tra gli obblighi contestati dalla categoria, anche quello di estendere, sulle ricette, il codice di patologia del paziente (con il rischio di una “schedatura di tutti i cittadini”), quello di prescrizione del solo principio attivo, e dell’imposizione, per medici e pediatri, di un budget di spesa non calcolato su una reale “pesatura” delle patologie trattate ma solo su indicatori numerici.
Se non si verificherà, con l’intervento dei prefetti, l’auspicato “raffreddamento e conciliazione” tra le parti, Giuseppe Del Barone, presidente nazionale Smi, minaccia anche il ricorso allo sciopero delle ricette: “O arriveremo ad un accordo - ha spiegato Del Barone - oppure scatterà il ricorso, da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri, alle ricette bianche che sostituiranno l’attuale ricettario nazionale”, facendo così pagare ai pazienti medicine e diagnostica senza possibilità di rimborso. Senza escludere nuove mobilitazioni di piazza, dopo il corteo del 16 febbraio che allora fu promosso solo da Cisl e Uil Campania.

I tagli della Toscana


Ma anche in una Regione sulla carta “virtuosa”, almeno per quello che riguarda i conti, per i Mmg non c’è tanto da star tranquilli. Succede infatti che la Toscana, e segnatamente l’assessore alla Salute Enrico Rossi, decidano unilateralmente di ridurre il numero dei medici di continuità assistenziale applicando il rapporto ottimale di un medico ogni 5.000 abitanti. Questa proporzione, pur prevista dall’Accordo Collettivo Nazionale del 23.3.2005, fa parte di una serie di norme da analizzare e contrattare per la stesura dell’Accordo integrativo regionale.
“La decisione della Regione - dice Antonio De Luca, presidente nazionale delegato di settore della Fimmg - che farà perdere, di fatto, 270 posti di lavoro a medici precari, è stata presa senza tenere in minima considerazione la netta opposizione delle organizzazioni sindacali presenti al tavolo delle trattative, con motivazioni puramente economiche, senza proporre alcun tipo di sviluppo del servizio e senza tener conto dei disagi che si verranno a creare nella popolazione e fra gli operatori”. La Regione, continua De Luca, “indica il rapporto ottimale di un medico ogni 5.000 abitanti calcolando i residenti effettivi e non tutta la popolazione domiciliata, e quindi assistita, sul territorio. La Fimmg Continuità Assistenziale della Toscana, dopo aver proclamato lo stato d’agitazione ed espletato tutte le procedure per il tentativo di conciliazione tramite la Prefettura di Firenze, aveva trovato un’intesa con i direttori generali di 9 Asl su 12. Un accordo grazie al quale si sarebbero persi ‘solo’ 130 posti di lavoro. L’assessore Rossi ha rifiutato tale intesa e ha ribadito la volontà di risparmiare su questo servizio, che peraltro incide marginalmente sulla spesa sanitaria della Regione”. Visto l’esito negativo del tentativo di conciliazione, il sindacato ha deciso di applicare a oltranza l’ACN, che prevede una serie di restrizioni delle prestazioni erogate all’utenza. Almeno fino a una riapertura del tavolo delle trattative: “Restiamo comunque a disposizione - ha dichiarato De Luca - a patto che l’impegno della Regione sia rispondente alle esigenze di una medicina territoriale forte ed efficiente, in grado di farsi garante dei crescenti bisogni di salute della popolazione e di soddisfare gli operatori del settore”.