M.D. numero 16, 9 maggio 2007

Clinica
Flussi mestruali abbondanti: approccio pratico
di Lino Del Pup - UO Oncologia Ginecologica, Istituto Nazionale Tumori, Aviano (PN)

Le cause delle mestruazioni abbondanti sono molteplici e l’iter diagnostico complesso. Anche se la percezione della quantità di flusso da parte delle donne non è precisa o l’entità dei rilievi obiettivo-strumentali rendono poco rilevante il problema dal punto di vista clinico, la paziente va comunque valutata e trattata se il bleeding compromette la qualità della vita

Il medico di medicina generale viene spesso consultato per la presenza di mestruazioni che la donna reputa abbondanti o troppo protratte.
Le cause possono essere molteplici e di conseguenza l’iter diagnostico completo è impegnativo, complesso e fastidioso nel caso la donna si sottoponga a indagini invasive.
Non è quindi possibile fare in tutti i casi gli accertamenti completi fino all’isteroscopia e alla conferma istologica della negatività endometriale.
D’altro canto, tra le possibili cause, vi sono patologie rilevanti, come le neoplasie endometriali o le gravidanze misconosciute extrauterine. Pertanto bisogna trovare una mediazione tra il bisogno di contenere la spesa sanitaria e l’esigenza di massima accuratezza diagnostica.
Al fine di aiutare il medico di medicina generale a gestire in modo pratico e appropriato questo frequente disturbo, si suggeriscono una serie di domande che dovrebbero essere poste alla donna, e le strategie gestionali da adottare in base alle riposte.

1. Quanti anni ha la donna?
Maggiore è l’età della donna, maggiore il rischio che l’eccessiva perdita ematica sia il segno di una neoplasia e quindi è necessario orientarsi maggiormente verso l’esecuzione delle indagini invasive: isteroscopia e biopsia endometriale.
L’incidenza di cancro endometriale considerando in base all’età inferiore o superiore a 50 anni è rispettivamente di 0.4 versus 6-8/100.000/anno.
Più la donna è giovane, maggiore è invece la fertilità, più alta è la probabilità che la perdita anomala sia il primo indizio di una gravidanza misconosciuta e quindi è necessario escluderla con un test di gravidanza.
Il test va fatto di fronte ad anomalie mestruali di recente insorgenza, anche nei casi in cui la donna neghi di essere gravida, in quanto la presunta mestruazione non è una prova certa di non gravidanza.

2. Quanto è intensa è la perdita ematica? La preoccupa, le limita l’attività lavorativa o la vita sessuale?

La valutazione soggettiva dell’entità delle perdite ematiche è poco correlata all’effettiva presenza di patologia. Anche se l’emorragia sembra non oggettivamente intensa, la donna va comunque ascoltata e rassicurata e vanno escluse anamnesticamente, o meglio ancora con indagini mirate, le patologie più importanti e frequenti.
Le perdite ematiche vaginali evocano emozioni negative a volte sproporzionate e sono ancora diffusi miti riguardo al loro significato e alimentano il timore di avere una neoplasia maligna.
Può anche succedere che queste emozioni e pensieri possono essere non espressi dalla donna e causare un malessere soggettivo meglio risolvibile se il medico le indaga attivamente, chiarifica l’entità reale dei rischi, fornisce informazioni aggiornate e le possibili soluzioni.
La donna che presenta mestruazioni abbondanti va quindi valutata e trattata se il bleeding compromette la qualità della vita, anche se i livelli di emoglobina o l’entità dei rilievi obiettivo-strumentali rendono poco rilevante il problema dal punto di vista del medico.

3. In quale periodo avviene la perdita ematica anomala? Quanto dura e da quanto tempo?
Le perdite ematiche che insorgono al di fuori del fisiologico periodo mestruale sono quelle maggiormente a rischio. Le menorragie, che per definizione sono perdite abbondanti durante il mestruo, si associano infatti a un bassissimo rischio di patologie severe.
Le metrorragie che insorgono fuori del periodo atteso sono invece da valutare con maggiore attenzione. Le perdite ematiche postmenopausali devono fare insorgere il massimo grado di sospetto e, anche se nella maggioranza dei casi sono dovute a cause non neoplastiche, devono essere valutate isteroscopicamente e istologicamente. Le cause psicologiche e ormonali delle perdite ematiche possono dare perdite ematiche episodiche, di entità variabile, periodiche o a risoluzione spontanea. Le patologie organiche (polipi o fibromi) e quelle neoplastiche tendono a causare perdite che persistono o si aggravano nel tempo.



4. Usa con regolarità un contraccettivo, terapie ormonali o altri farmaci?

L’insorgere di perdite ematiche durante l’uso di contraccettivi ormonali è molto frequente, soprattutto se contengono bassissime dosi di estrogeni, nei primi mesi di utilizzo o se sono assunti irregolarmente. Dopo avere escluso patologie, la donna va rassicurata e sollecitata a proseguire l’assunzione: il rischio di cancro endometriale o di patologie gravi endouterine è più basso di coloro che non usano contraccettivi.
Le terapie ormonali sostitutive combinate continue possono causare perdite anomale nei primi mesi di utilizzo, ma anche in questo caso il rischio neoplastico è minore di chi non usa questi schemi di HRT.
Le perdite divengono sospette se persistono oltre i primi sei mesi o insorgono dopo un periodo di amenorrea in corso di tale terapia. Una perdita ematica che insorge in corso di terapie ormonali ha buone probabilità di essere stata indotta solo dalla non fisiologica stimolazione ormonale.
Una perdita ematica vaginale spontanea in postmenopausa, in donne che non utilizzano terapie ormonali, va invece considerata come un potenziale segno iniziale di una neoplasia, fino a prova istologica contraria.
Va anche attivamente indagato l’eventuale uso di farmaci antiaggreganti piastrinici, anticoagulanti o che possono determinare alterazioni coagulative e mestruali.

5. Vi sono, o vi sono stati, periodi di iperestrogenismo e/o di deficit di progesterone?
I fattori di rischio della varietà più frequente di neoplasie endometriali hanno in comune il fatto di determinare iperestrogenismo, assoluto o relativo, anovulazione e/o carenza di progesterone.
Vanno considerati tutti i fattori a cui la donna è stata esposta nell’arco della sua vita, e non limitarsi solo a quelli in atto o recenti.
Ad esempio obesità e sindrome dell’ovaio micropolicistico sono i più diffusi e aumentano notevolmente il rischio, poiché agiscono per molti anni.
L’analisi di tali fattori di rischio mira a identificare precocemente solo le neoplasie endometriali, dette del “primo tipo”, ma ha però il grosso limite che tendono a sfuggire proprio le forme neoplastiche a prognosi più severa, cosiddette di “secondo tipo”, che sono circa il 20%, non hanno fattori di rischio identificabili e non sono prevenibili. Quindi, nei casi dubbi, è meglio usare la presenza di fattori di rischio per supportare l’esecuzione di approfondimenti, invece che fidarsi della loro assenza per limitare le indagini invasive.



6. Quando ha eseguito e che risultato ha fornito l’ultima ecografia transvaginale?

L’ecografia transvaginale va prescritta in tutti i casi, in quanto è un’indagine in grado di escludere, con notevole accuratezza, la gran parte delle patologie uterine più importanti, è assolutamente innocua, relativamente economica ed è un’ottima occasione per escludere anche eventuali altre patologie pelviche.
Ogni donna dovrebbe fare sempre l’ecografia transvaginale, accanto alla valutazione obiettiva pelvica bimanuale, considerata la bassissima sensibilità di questa manovra.
Pertanto la data di esecuzione e il referto dell’ultima visita con ecografia possono indicare l’opportunità di ripeterla, il grado di urgenza e possono servire come riferimento per rilevare eventuali modificazioni endometriali.
Il valore predittivo negativo dell’ecografia transvaginale, se eseguita con tecnica rigorosa, è elevato, tranne quando vi è una scarsa visibilità dei limiti dell’endometrio.
L’ecografia eseguita per via addominale non è sufficiente ed è meglio eseguire l’ecografia transrettale, dopo consenso, nelle pazienti che non hanno mai avuto rapporti sessuali.
La sonoisterografia consiste nell’introdurre un mezzo fluido in cavità endometriale per valutarne meglio il profilo all’ecografia e rilevare maggiormente un’eventuale patologia endometriale focale o limitare il numero di casi in cui è necessaria l’isteroscopia.

7. Che livello di sicurezza vuole ottenere e quale grado di invasività è disposta ad accettare?
L’isteroscopia è il gold standard della diagnostica endometriale e la sua accuratezza aumenta con il progredire della severità della patologia endocavitaria, sfiorando il 100% se viene associata alla biopsia endometriale mirata. È l’unica indagine che garantisce una tale accuratezza diagnostica ed è necessario selezionare le donne che la eseguono, prevalentemente per motivi di costi sanitari e di fastidio dell’esecuzione.
Tuttavia, è legalmente e deontologicamente corretto che sia la donna, accuratamente informata, a decidere se sottoporsi all’indagine e quindi avere maggiori rassicurazioni oppure preferire i controlli non invasivi, essendo ben informata dei loro limiti e consapevole della necessità di controlli più ravvicinati.

8. Desidera avere un bambino?
Vi sono altre patologie ginecologiche da trattare?

Il desiderio di concepire, se l’età lo consente, esclude la maggior parte dei trattamenti medici efficaci e di quelli chirurgici demolitivi.
Gli unici trattamenti efficaci, utilizzabili solo durante il mestruo, sono l’acido tranexamico e i farmaci antinfiammatori non steroidei.
L’uso di progestinici nella sola fase luteale è possibile in questi casi, ma è poco efficace.
I progestinici usati per almeno tre settimane al mese sono efficaci, ma poco tollerati.
I contraccettivi ormonali estroprogestinici sono preferibili quando è necessaria anche la contraccezione oppure quando i cicli vanno regolarizzati.
La spirale che rilascia levonorgestrel è più efficace come contraccettivo e riduce molto di più l’entità del mestruo nel lungo termine rispetto ai contraccettivi ormonali, ma non regolarizza i cicli e può dare perdite ematiche subcontinue nei primi mesi dopo l’inserimento.
Il danazolo e il gestrinone si prestano a un utilizzo limitato a causa degli effetti collaterali androgenici.
Gli analoghi del GnRH sono molto efficaci, ma il loro utilizzo è limitato dai costi e dagli effetti collaterali dovuti all’ipoestrogenismo marcato.
La presenza di fibromi o di un’altra patologia ginecologica operabile fa propendere maggiormente per la soluzione chirurgica causale, come la miomectomia o la polipectomia, o demolitiva, come l’ablazione endometriale o l’isterectomia.


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