M.D. numero 16, 9 maggio 2007

Contrappunto
I medici di famiglia e i fannulloni: una proposta
di Filippo Mele, Medico di medicina generale, Policoro (MT)

I
l “caso” è esploso ad aprile. È stato il professore di diritto del lavoro all’Università di Milano, Pietro Ichino, a lanciare “la pietra nello stagno” sul Corriere della Sera con l’articolo “I medici e i fannulloni. Quando i certificati diventano troppo facili” (M.D. 2007; 14: 12-3; 15: 12).
Non si vogliono confutare le tesi del giuslavorista, ma analizzare quel che è accaduto all’interno della categoria. Mi ha sorpreso, infatti, che tra le varie voci levatesi dal mondo della medicina generale nessuno abbia fatto una sorta di “mea culpa”. E non è per spirito di autolesionismo o di andare per forza controcorrente se affermo che ho letto l’articolo di Ichino e l’ho condiviso in gran parte. Il docente, tra le vicende eclatanti portate come esempio alla sua tesi, ha dimenticato quella di qualche anno fa, quando alcuni professori di scuola media, con famiglie, erano a trascorrere una settimana bianca grazie al certificato di malattia dei loro medici curanti. Vicenda che venne alla luce solo perché qualcuno di loro, sciando, si ruppe una gamba. Ma al di là degli episodi assurti alla cronaca, credo che qualche domanda i Mmg italiani debbano porsela: quante volte, per esempio, viene attestata la “fatidica” malattia di chi telefona perché ha il “mal di pancia” o i “dolori reumatici”? E magari, poi, vai a scoprire, se hai un buon sistema computerizzato, che queste richieste sono quasi sempre imputabili agli stessi assistiti. Scagli la prima pietra chi è senza peccato.
L’articolo di Ichino, poi, mi ha fatto tornare in mente un’indagine personale, “Conflitti: se li conosci, alcuni puoi evitarli”, pubblicata da M.D.(2001; 21:12-3) in tempi non sospetti. Indagine durata tutto l’anno 2000 in cui catalogai quali richieste nel rapporto medico - paziente generassero più conflitti. Ebbene, tra le prime 10 cause di contrasto, al quinto posto, vi era proprio la richiesta di certificati di malattia incongrui. Di più. Ad una verifica sulle determinazioni dei pazienti, inconsapevoli della mia ricerca, nei sei mesi successivi accertai che mi avevano ricusato proprio quelli cui avevo negato il certificato di malattia “facile”. Evidentemente avranno trovato qualche collega più compiacente, come accaduto e forse accade ancora per la prescrizione di farmaci con nota Aifa, nonostante i controlli della Guardia di Finanza.
Che il problema esista, infatti, l’hanno confermato gli stessi sindacati di categoria, come Fimmg e Snami. Sono state le uniche centrali sindacali, del resto, nel silenzio più fragoroso (chissà perché?) di Cgil, Cils, e Uil, che, quanto meno, hanno fatto una proposta concreta di risoluzione rilanciando l’autocertificazione di malattia per i primi 3 giorni. Già, come risolvere il problema? Domanda di difficile risposta. Lo stesso Ichino, per esempio, dopo aver analizzato e criticato, non ha espresso una proposta di risoluzione pratica se non quella teorica di “accrescere il senso di responsabilità dei fannulloni e punire da parte degli Ordini, una volta individuati, i medici dal certificato facile”. Su Panorama Economy (20 aprile 2007) nell’articolo dal titolo, “Nella fabbrica dei certificati”, lo stesso docente però ha lanciato una suggerimento più provocatorio: “Il primo giorno a casa senza stipendio”.

Un’altra indicazione


Si tratta di proposte su cui avrei comunque qualcosa da obiettare. Nell’ipotesi di Fimmg e Snami, che reputo comunque valida, il problema si sposterebbe dai certificati di 2-3 giorni a quelli più lunghi. Per quanto riguarda la provocazione/proposta lanciata da Ichino pagherebbe con il falso malato anche quello vero. Avrei invece una proposta aggiuntiva alle due precedenti, derivante dall’esperienza sul campo dopo che è stata cancellata la convenzione con l’Inail. Da quel momento, infatti, i certificati di infortunio sono a pagamento da parte del paziente che, però, richiede all’ente assicurativo il rimborso della fattura pagata al suo medico. Insomma, il passaggio all’indiretta per questo tipo di certificati li ha ridotti drasticamente. Ed ha ridotto proprio quelli fasulli. Perché non passare all’indiretta anche per i certificati Inps e di altri enti di previdenza? Si risparmierebbe su tutta la serie di visite fiscali spesso inutili.
Sullo sfondo, infine, un’altra questione annosa: quella della “spada di Damocle” della ricusazione che pende sul capo dei Mmg. Occorrerebbe che la scelta per il medico di famiglia avesse una durata minima, quanto meno di un anno. Ciò servirebbe a stabilizzare i rapporti e a chiarire le posizioni del medico di medicina generale nei confronti dei pazienti anche sui certificati di malattia chiesti dai “fannulloni”.