M.D. numero 16, 9 maggio 2007

Focus on
ECM: proroga e nuovi cambiamenti
di Monica Di Sisto

Solo crediti da accumulare, oppure una vera “manutenzione” della formazione professionale che incida sulle conoscenza dei medici innescando un miglioramento concreto dell’assistenza? Ogni anno il pianeta sanità investe buona parte del proprio tempo in seminari, convegni e corsi di Educazione Continua in Medicina in tutto il mondo, ma uno studio americano ha cominciato a sollevare qualche dubbio sulla sua ragion d’essere, almeno per come è organizzata e valutata oggi a livello internazionale. E la situazione che vive il sistema nel nostro Paese, dove non riesce ancora a passare dalla fase sperimentale a quella effettiva, non può che confermare le principali preoccupazioni della ricerca statunitense.

Journal of Continuing Education in the Health Professions, nell’articolo a firma Tian J et al. (2007; 27: 16-27) si è chiesto e ha domandato agli esperti quale fosse il concreto impatto sui pazienti delle centinaia di ore che tutti gli anni i medici dedicano all’Educazione Medica Continua. Attraverso una selezione di 32 studi a livello internazionale, i ricercatori hanno rilevato che troppo spesso i meccanismi di valutazione dell’efficacia dell’ECM ossservano in misura quasi marginale il suo impatto considerando il livello di salute dei pazienti, “prima e dopo” che i loro Mmg abbiano partecipato ai programmi ECM.
Circa 20 studi hanno osservato un follow up di appena 6 mesi o ancor meno, non dandosi la possibilità concreta di valutare davvero i cambiamenti, mentre 11 sono stati costruiti su un periodo di osservazione tra 1 e 2 anni. Ma c’è di più: soltanto il 6% dei corsi ECM, a un’attenta valutazione, è risultato comportare dei miglioramenti negli esiti dell’assistenza, mentre il 28% di questi è utile a migliorare la pratica clinica dei medici. Ciò significa che il restante 66% serve soltanto ad ampliare le conoscenze dei medici senza tuttavia avere nessuna efficacia sulla loro pratica clinica.
Secondo gli autori dello studio, infine, questa inefficacia dipenderebbe anche dall’attribuzione stessa dei crediti, troppo spesso legata a semplici questionari compilati dai medici stessi, e non a strumenti più complessi, che valutino il reale impatto sulla salute dei pazienti e sulla pratica clinica dei medici dei corsi ECM seguiti.

L’empasse italiana


L’empasse che vive il sistema ECM nel nostro Paese, dove non riesce ancora a passare dalla fase sperimentale a quella effettiva, conferma le principali considerazioni - e preoccupazioni - della ricerca statunitense.
M.D. lo aveva anticipato già nel numero scorso, ma la decisione formale è stata presa nell’ultima seduta dalla commissione paritetica Stato-Regioni, che sta lavorando sulla ridefinizione del sistema ECM. Ci saranno altri sei mesi di proroga, a partire dal prossimo 30 giugno, per la sperimentazione della formazione continua dei medici e degli operatori sanitari. La fase sperimentale, terminata a dicembre 2006, era già stata prorogata fino al 30 giugno di quest’anno, in attesa delle nuove regole. Questa novità, secondo quanto dichiarato da Maria Linetti, responsabile per il ministero della Salute dell’ufficio dedicato all’ECM, non creerà problemi agli organizzatori degli eventi formativi, che potranno essere registrati, anche se previsti per settembre-ottobre. Ma ovviamente saranno accreditati solo dopo il via libera della Conferenza Stato-

I numeri della formazione in Italia
Sono state circa 12 milioni, in 5 anni, le partecipazioni a corsi di aggiornamento ECM degli operatori sanitari. Dall’inizio della sperimentazione, partita nel 2002, gli 850 mila professionisti della salute che debbono fare formazione continua hanno infatti preso parte più di una volta agli eventi accreditati dal ministero della Salute: oltre 330 mila tra i progetti organizzati da vari enti (con 9 milioni e mezzono di partecipanti) e quelli realizzati sul territorio dalle aziende sanitarie (circa 2 milioni di formati). Il bilancio tracciato da Maria Linetti, al Sanit, disegna, però, una diversa distribuzione dei corsi ECM sul territorio nazionale. Essi, infatti, risultano più frequenti in Lombardia (45.659) seguita, a distanza, dal Lazio (31.395).
Più rari gli eventi in Val d’Aosta (396), mentre al penultimo posto c’è il Molise (1.277).

Regioni’. Un lasciapassare praticamente scontato ‘’perché ci sono gli stessi presupposti dell’ultima proroga di dicembre’’, assicura la Linetti che ha spiegato in un incontro al Sanit di Roma che, se si ferma il meccanismo in piedi ora, le ricadute potrebbero essere dirompenti. “Abbiamo fissato, insieme alle Regioni, 30 crediti formativi obbligatori - ha ricordato - per tutto il 2007. In caso di mancata proroga, medici e operatori che non sono riusciti a soddisfare il debito annuale nei primi sei mesi, come può ragionevolmente accadere, cosa faranno? Non potranno più aggiornarsi? E chi si è aggiornato?”. Per l’esperta non è eticamente ammissibile che la proroga si interrompa al 30 giugno. “Ma bisogna che questa nuova boccata d’aria sia un incentivo per concludere rapidamente i lavori per l’accreditamento dei provider, che parte dal primo gennaio 2008”.
Mano a mano che i giorni passano, si vengono a scoprire nuovi dettagli del “sistema che verrà”, a partire, tuttavia, dalla soddisfazione che comunque i numeri dell’ECM italiana suscitano negli ‘addetti ai lavori’.
“Una sperimentazione ha sempre un bilancio positivo - ha spiegato Claudio Mastrocola, capo del Dipartimento qualità al ministero della Salute - perché serve a mettere a punto i meccanismi. Dopo 5 anni, però, bisogna agire: la sperimentazione non ha più senso. Ora, dunque, siamo nella fase in cui bisogna tirare le somme”.
C’è la conferma di un’ultima, interessante novità di sistema, ultima in ordine di tempo, oltre alla prevista introduzione, rimaneggiata, a capo del sistema, della Commissione nazionale ECM, ospitata dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr) e affiancata da una Consulta, formata da organizzazioni sindacali, società scientifiche, provider, associazioni di tutela dei malati. Una novità che M.D. (2007; 8: 4-5) aveva già anticipato nell’intervista a Lamberto Pressato, responsabile per l’ECM della Regione Veneto, con il quale aveva fatto il punto sull’efficacia di sistema. Per tutti gli operatori sanitari, infatti, è previsto un dossier formativo del professionista, messo a punto insieme dagli Ordini professionali (o insieme al dipartimento di appartenenza), che sarà realizzato su obiettivi differenziati: nazionali (20%), regionali e aziendali (50%), obiettivi individuali (30%). Per certificare i crediti ottenuti, poi, non ci saranno solo i ‘pezzi di carta’ (attestazioni) ma ben due anagrafi, una nazionale e una regionale, interconnesse tra loro. L’anagrafe, coordinata da Ordini e Collegi, sarà un’evoluzione dell’attuale Cogeaps (Consorzio gestione anagrafe sanitarie) e sarà in grado di distinguere i diversi crediti per obiettivi. E avrà anche una valenza pratica. Nel caso in cui il professionista non abbia raggiunto i crediti necessari, l’Ordine può fare dei veri e propri corsi di recupero sulle materie per le quali ha competenza: etica e deontologia.

Il nodo della Governance


Nonostante i dettagli, tuttavia, “il nodo da sciogliere è la governance del sistema”, come ha precisato sempre al Sanit Amedeo Bianco, presidente della FNOMCeO e componente della Commissione paritetica, organismo formato alla fine dello scorso anno proprio per ridefinire le regole dell’ECM. La Commissione nazionale ECM, infatti, secondo le intenzioni del ministero, sarà subordinata alla Conferenza Stato-Regioni solo per approvare il piano nazionale sulla formazione; esprimere pareri sugli obiettivi nazionali; approvare il rapporto annuale sullo stato della formazione ECM; approvare le determinazioni che sono prescrittorie per le Regioni.
Ma i grandi assenti, almeno dalla cabina di regia del sistema nel suo complesso, sono proprio i medici. “I medici - ha spiegato Bianco - hanno partecipato con grande entusiasmo al progetto di formazione continua in questi primi 5 anni di sperimentazione”. Finora, dunque, “c’è stata una fortissima spinta dal basso dei professionisti ad aderire a questi progetti”. Una spinta non certo motivata dall’obbligo legislativo, ma dal fatto che “la formazione è un valore professionale riconosciuto e perseguito dagli stessi medici”. Secondo il presidente dell’Ordine, è ora di fare qualche passo avanti. “L’ECM del futuro deve essere disegnata - ha spiegato - su un modello di forte condivisione e partecipazione dei professionisti a tutti i livelli: nel disegnare gli obiettivi formativi, nei meccanismi di valutazione delle attività, nella definizione dei criteri di accreditamento dei provider, nel provvedere alla certificazione dei crediti. Solo così il sistema potrà dare il meglio di sé”.