M.D. numero 18, 17 maggio 2006

Contrappunto
Appropriatezza fra qualità e risparmio
di Paolo Giarrusso, Medico di medicina generale, Palermo

L’appropriatezza non deve essere sinonimo di risparmio o razionamento di risorse, ma deve divenire sempre più un mezzo per qualificare la spesa sanitaria per far sì che il cittadino riceva prestazioni di qualità attraverso una scelta professionale etica

L'appropriatezza è uno dei nodi cruciali dei sistemi sanitari, teoricamente di facile soluzione, ma di difficile risoluzione nella pratica quotidiana. Fin dal 1986 si ci è interrogati su tale problematica, evidenziando come la notevole variabilità nell’uso di procedure mediche e nelle terapie per uno stesso problema spesso non è giustificabile da differenze cliniche o epidemiologiche, ma da fattori che poco hanno a che fare con la comune “buona pratica medica” (N Engl J Med 1986; 314: 285-90; Jama 1998; 280: 1000-6). Ciò determina fenomeni di overuse (quando un intervento medico o una terapia è prescritta in circostanze in cui il rischio di un danno supera il possibile beneficio), di underuse (quando un intervento medico o una terapia non è prescritta in circostanze in cui esistono comprovate evidenze di beneficio) e di misuse (quando l’intervento o la terapia prescritta benché appropriata produce complicanze evitabili per quel paziente, trasformando in danno il potenziale beneficio). Tutto ciò genera fenomeni che si ripercuotono non solo sullo stato di salute del paziente, ma anche sulla sanità pubblica nel suo insieme.
Oltre al possibile rischio per il singolo paziente, si determinano elevati impegni di risorse assolutamente non quantificabili nell’immediato o nel lungo termine per l’erogatore del servizio.
Nell’overuse o nel misuse lo spreco di risorse è secondario all’uso di un farmaco o di una procedura diagnostica di dubbia utilità in quel momento per quel paziente con quella data patologia e nel caso di misuse l’aggravante è l’ingente impegno di risorse per curare le reazioni avverse successive.
Nell’underuse, invece, a un risparmio di risorse nell’immediato (per esempio non uso di ASA e/o di statine in un paziente con pregresso infarto del miocardio o con malattia cerebro vascolare, oppure non utilizzo di una procedura diagnostica ritardando una possibile diagnosi precoce) si determinerà un enorme uso di risorse nel medio e nel lungo termine per curare e assistere quei pazienti che si sarebbero giovati di una cura o di diagnosi tempestiva.
Da qui l’importanza di sapere effettuare scelte appropriate, sottolineando però che l’appropriatezza deve sempre più divenire uno strumento di garanzia per la salute del singolo individuo e di qualificazione della spesa sanitaria per l’erogatore del servizio. Per meglio raggiungere tali obiettivi, strumento indispensabile diviene la valutazione economica chiara e trasparente di tutti i costi (diretti, indiretti e intangibili) di una determinata patologia, in modo da potere evidenziare eventuali scostamenti da medie omogenee prestabilite che evidenziano problemi di inappropriatezza. In tale caso evidenziarne le cause, proponendo correttivi, diviene assolutamente indispensabile sia per migliorare l’efficacia delle prestazioni e sia per migliorare l’efficienza del servizio.

Inappropriatezze organizzative

Se appare abbastanza agevole correggere le inappropriatezze dovute a una carente formazione culturale dei vari operatori, di difficile risoluzione appare proporre correttivi in caso di inappropriatezze organizzative non addebitabili a cause mediche quali per esempio: innalzamento della spesa per cause dovute all’età dei pazienti, per abolizione dei ticket, o per la tendenza da parte di strutture assistenziali di secondo e terzo livello di accaparrare competenze nel management di patologie che trovano il luogo naturale di assistenza nelle cure primarie (tipico esempio le frequenti ri-prenotazioni da parte degli specialisti di pazienti con diabete mellito di tipo 2 ben compensato, non supportate da cause evidenziate dalle più aggiornate linee guida condivise).
Aldilà di tutto ciò, comunque, il termine appropriatezza non deve essere utilizzato come vocabolo analogo di risparmio o razionamento di risorse, ma deve divenire sempre più un strumento per qualificare la spesa sanitaria, un mezzo per far sì che il cittadino possa ricevere prestazioni di qualità, professionalmente corrette, con risparmio di risorse per l’erogatore del servizio.

Un obbligo etico


Effettuare prestazioni appropriate, in conclusione, è un obbligo per tutti i professionisti della sanità, obbligo che non solo deriva da precise norme contenute nel Codice Penale, Civile e Deontologico, ma che soprattutto deve scaturire dalla nostra etica professionale che deve impedirci di non utilizzare risorse in modo non strettamente necessario per il bene dei nostri pazienti. Anche perché sprecare risorse in un mondo globalizzato come il nostro, in un mondo dove milioni di persone non hanno il minimo necessario per la loro sopravvivenza e sono costrette a fuggire da fame, miseria e malattie diviene sempre più un comportamento non più tollerabile e da censurare come non compatibile con la professione medica.