M.D. numero 18, 17 maggio 2006

Filo diretto
Certificato di invalidità: richiesta urgente e tariffe
di Mauro Marin, Medico di medicina generale esperto di problemi normativi

Il figlio di un mio anziano assistito appena dimesso dall’ospedale si è presentato in studio, fuori dall’orario di ambulatorio, per chiedere la trascrizione su ricettario regionale della terapia prescritta in lettera di dimissione e la compilazione del modulo per la domanda di invalidità civile con assegno di accompagnamento.
Ho trascritto subito la terapia per assicurare al mio paziente (che ho in carico da una decina d’anni) la continuità assistenziale, ma ho differito la compilazione del certificato di invalidità, sia perché la complessità del caso richiedeva più tempo sia perché non ne rilevavo l’urgenza, in quanto la procedura per l’assegnazione del relativo beneficio solo economico ha comunque una durata di alcuni mesi. A seguito delle insistenze del familiare per la compilazione del certificato in breve termine, ho precisato allo stesso che tale prestazione non rientra nei compiti convenzionali ed è pertanto a pagamento.
Ho richiesto la tariffa di 60 euro per la consegna del certificato entro i miei tempi abituali (20-25 giorni) oppure di 85 euro per la consegna entro la settimana, allo scopo di dissuaderlo a impormi un’urgenza insussistente che andava ad aggravare indebitamente sull’ordine di priorità dei miei impegni e in definitiva anche sul mio tempo libero.
Il familiare si è rivolto all’Asl per ricusarmi come medico di suo padre e ha presentato un esposto all’Ordine dei Medici accusandomi di violazione dell’etica. Chi ha ragione?
Lettera firmata


La compilazione del certificato medico per la domanda di invalidità civile rientra tra le attività extra-convenzionali del medico di medicina generale con onere a carico dell’assistito e non tra i compiti dovuti gratuitamente, ai sensi dell’art. 45 dell’Accordo Collettivo Nazionale del 23 marzo 2005.
La Cassazione Penale sezione VI con sentenza n. 41.646 del 21 novembre 2001 ha confermato che le prestazioni sanitarie extra-convenzionali del medico di medicina generale sono da ritenersi erogate in regime libero-professionale e quindi sono a pagamento.
Inoltre, secondo la sentenza n. 4.168 del 19 aprile 1995 della Cassazione Penale sezione VI, l’attività del medico di medicina generale, salvo i casi di urgenza accertata, è un’attività programmata, per cui il medico può legittimamente rifiutare un intervento richiesto indebitamente come urgente se con ragioni fondate lo giudica, come poi appare, non urgente.
Spetta dunque alla responsabile competenza del medico stabilire con ragioni fondate la necessità e reale urgenza dell’intervento richiesto e nel caso specifico la richiesta di una domanda per un semplice beneficio economico non è certo definibile urgente.
Pertanto il fatto non costituisce né il reato di omissione d’atti d’ufficio (art. 328 del Codice Penale) né una violazione sanzionabile degli obblighi contrattuali convenzionali col Ssn.
Inoltre, ai sensi dell’art. 41 dell’ACN 2005, la ricusazione della scelta del medico deve essere effettuata personalmente dall’assistito maggiorenne capace di intendere e di volere. Quindi appare illegittima la ricusazione effettuata presso l’ufficio dell’Azienda sanitaria locale da terzi non validamente delegati oppure non legittimati dalle qualifiche di tutori o di amministratori di sostegno dell’assistito.
Riguardo alla valutazione del profilo etico, il Codice di deontologia medica del 1998 all’art. 52 afferma soltanto che il medico in regime libero-professionale deve informare, preventivamente alla prestazione sanitaria, l’assistito sul suo onorario, rispettando i limiti di tariffa minima e massima stabiliti dall’Ordine dei Medici.
Se questo dovere è stato assolto dal medico, come appare dal contenuto dalla stessa contestazione d’addebito promossa dal denunciante, non sussiste neppure una violazione sanzionabile del Codice deontologico.

Danni causati dal denunciante al medico


Rimane comunque da valutare la condotta del denunciante che, omettendo colposamente di assumere le corrette informazioni sulle norme regolanti la questione prima di agire, ha causato mediante un’incauta denuncia che ha dato per certa la condotta disdicevole del medico, un danno d’immagine, un’interruzione ingiustificata di un decennale rapporto professionale medico-assistito e un danno esistenziale al medico ingiustamente accusato.
In base all’esame dei contenuti della denuncia il medico può chiedere un risarcimento del danno da parte dell’autore della denuncia, presentando domanda al Giudice di Pace (DL n. 432, 18 ottobre 1995, convertito in legge n. 534/1995: procedimento più rapido e meno oneroso) con l’assistenza di un legale.
Anche se si tratta di un risarcimento comunque inferiore a 2500 euro per la competenza propria del Giudice di Pace, può avere un valore simbolico di riscatto del danno di immagine e di deterrenza contro le denunce temerarie e ingiuste verso i medici, che spesso rimangono impunite.