M.D. numero 19, 24 maggio 2006

Editoriale
I medici, la sanità e il nuovo Parlamento

Nel nuovo Parlamento ci sono meno medici che nella scorsa legislatura: il 30% in meno per un totale di 53 parlamentari, dei quali 41 alla Camera e 12 al Senato. I 12 medici senatori sono stati eletti nelle liste di Forza Italia (4), Democrazia e Libertà (3), Democratici di sinistra (2), Lega Nord (2) e Udc (1), mentre i Comunisti italiani hanno eletto al Senato un infermiere. Alla Camera i 41 medici eletti provengono dalle liste dell Ulivo (15), Forza Italia (10), An (4), Udc (4), Udeur (2), Dc-nuovo Psi (2), Comunisti italiani (1), Rifondazione comunista (1), Verdi (1), Italia dei Valori (1).
Una presenza bipartisan, dunque, che non dovrebbe ostacolare il tentativo di Amedeo Bianco, presidente dell’Ordine dei Medici, di incontrarli per chiarire loro le priorità della professione e della sanità italiana. Se si farà una “grande” politica, fatta di scelte significative, secondo Bianco, la rappresentanza professionale potrebbe essere comunque più che sufficiente ad appoggiarle e implementarle. Ma le responsabilità che i parlamentari dovranno affrontare, in tema di salute dei propri cittadini e dei servizi sanitari, sono molteplici e molto gravose.
La prima, almeno nelle preoccupazioni della FNOMCeO, è ricevere adeguata considerazione al fatto che oltre il 70% dei medici italiani lavora per il servizio pubblico.
Certo, le difficoltà economiche del Paese e i problemi di sostenibilità non sono più rimandabili nella considerazione generale. Accanto, però, alla necessità di mantenere al sistema le sue caratteristiche di equità, garantendone l’accessibilità, non si può più ignorare la necessità di qualificare sempre di più la professione, soprattutto attraverso la formazione: antropologia, comunicazione, etica, gestione delle risorse sono nuove discipline che aiuterebbero molto l’adattamento nel sistema dei nuovi medici, e soprattutto la loro focalizzazione rispetto a una identità di relazione e di sistema in continuo mutamento.
È chiaro però che servono più risorse, come non ha mancato di ricordare al nuovo esecutivo il segretario della Fimmg Mario Falconi, perché la questione del territorio non può rimanere l’eterna “incompiuta” della sanità italiana. I medici lo hanno imparato sulla propria pelle: non esiste in natura un Governo amico, perché tutti vanno verificati alla distanza e nel concreto delle proprie iniziative. Neanche i ministri-medici si sono rivelati essere di per sé una garanzia di “aderenza” ai temi e agli impegni presi. Ordine, sindacati e imprese, mai come in questa legislatura dovranno contare sulle proprie forze e marcare a stretto contatto maggioranza e opposizione. Per i cittadini, per la loro salute e anche per se stessi.