M.D. numero 20, 31 maggio 2006

Terapia
Statine e prevenzione cardiovascolare
di Enzo Manzato, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Padova

Una recente metanalisi di 14 trial clinici controllati, per un totale di oltre 90mila pazienti, evidenzia che la riduzione della colesterolemia ottenuta mediante trattamento con statine si accompagna a un significativo beneficio clinico in termini di riduzione di eventi vascolari

L'ultimo report del National Cholesterol Education Program Expert Panel (ATP III) suggerisce che in ogni persona di più di 20 anni di età è utile ottenere una valutazione del rischio vascolare includendo un dosaggio dei principali lipidi plasmatici. Compito delle linee guida è quello di definire i range di valori di colesterolo LDL, HDL e totale (JAMA 2001; 285: 2486) ottimale, desiderabile, borderline, elevato.
Il livello di colesterolo totale desiderabile in un soggetto adulto è inferiore a 200 mg/dL. In presenza di valori di colesterolemia totale superiori a 200 mg/dL è opportuno valutare la concentrazione del colesterolo nelle principali classi di lipoproteine: VLDL, LDL e HDL. Ai fini della prevenzione delle malattie cardiovascolari il colesterolo LDL desiderabile è inferiore a 130 mg/dL. In presenza di vasculopatia è desiderabile un colesterolo LDL inferiore a 100 mg/dL.
Sul piano epidemiologico, la correlazione tra aumento dei livelli del colesterolo plasmatico e aumento della probabilità di eventi coronarici è chiara e definita. La maggior parte degli studi condotti mostra come al crescere della colesterolemia totale si associ un progressivo aumento del rischio coronarico.
Tale relazione, in particolare, appare priva di un livello “soglia”; non sembra esistere, infatti, un valore della colesterolemia al di sotto del quale la correlazione con il rischio di eventi coronarici venga meno.
La correlazione tra colesterolo ed eventi coronarici può essere scomposta in una componente correlata al valore del colesterolo aterogeno LDL e in una componente correlata al valore del colesterolo antiaterogeno HDL. Le osservazioni condotte nello studio di Framingham mostrano come all’aumentare del valore del colesterolo HDL si associ una progressiva diminuzione del rischio coronarico (Can J Cardiol 1988; 4 (suppl. A): 5A-10A) e come tale diminuzione si osservi per qualunque valore di colesterolo LDL, che al contrario si correla positivamente con il rischio di malattia (figura 1).
È quindi necessario tenere conto contemporaneamente di questi due parametri per definire con precisione il rischio di malattia coronarica.
Con le statine si possono ottenere riduzioni della colesterolemia dell’ordine del 20-50% e ciò per effetto dell’aumento della attività dei recettori cellulari per le LDL. Alla riduzione del colesterolo si accompagna, come è stato ben documentato da diversi studi clinici controllati, una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari.
Il primo studio clinico randomizzato che ha impiegato una statina per la riduzione degli eventi cardiovascolari è stato lo studio 4S, pubblicato nel 1994, che è risultato fondamentale nel dimostrare l’utilità della simvastatina nella prevenzione cardiovascolare (Lancet 1994; 344: 1383-89).
Diversi altri studi clinici di intervento, sempre utilizzando statine, sono seguiti allo studio 4S. Attualmente disponiamo di una metanalisi di 14 studi radomizzati di prevenzione cardiovascolare nei quali sono state usate le statine (Lancet 2005; 366: 1267-78). In questa metanalisi, effettuata dal gruppo CTT (Cholesterol Treatment Trialists’ Collaborators) che ha omplessivamente valutato i dati di 90.000 pazienti, appaiono dimostrati gli effetti benefici della riduzione del colesterolo ottenuti mediante l’uso di questi farmaci, con una riduzione dell’incidenza di eventi coronarici maggiori, rivascolarizzazioni coronariche e ictus, indipendentemente dalla lipidemia iniziale (figura 2).
In tutti questi studi i criteri fondamentali nella selezione dei pazienti sono stati prevalentemente i valori di colesterolemia.
Lo studio HPS ha voluto invece affrontare il problema della prevenzione cardiovascolare non partendo dai valori di colesterolo, ma piuttosto dalle caratteristiche cliniche dei pazienti (Lancet 2002; 360: 7-22).
Sono stati considerati eleggibili nello studio HPS tutti quei soggetti che avevano un colesterolo totale superiore a 135 mg/dL e un alto rischio di mortalità coronarica sulla base di un’anamnesi positiva per infarto miocardico o altra patologia coronarica, arteriopatia ostruttiva di altre arterie (non coronariche), diabete mellito o ipertensione.
La mortalità totale è stata pari al 12.9% nel gruppo assegnato a trattamento con simvastatina e al 14.6% in quello assegnato a placebo. La simvastatina ha mostrato di influenzare la mortalità legata a cause vascolari (7.7% rispetto al 9.2%, con una riduzione relativa del rischio pari al 17% e una riduzione assoluta dell’1.5%). Si è osservata una riduzione statisticamente significativa degli eventi cerebrali ischemici: in totale gli eventi vascolari cerebrali sono stati ridotti dalla terapia con simvastatina del 27% (riduzione del rischio relativo) corrispondente a una riduzione del rischio assoluto del 1.6% (4.4 vs 6.0%).
I risultati dello studio HPS dimostrano che la terapia con simvastatina comporta una significativa riduzione degli eventi vascolari anche in soggetti con bassi valori di LDL, ma con elevato rischio vascolare.
Dati ricavati dal registro americano NRMI-4 relativi al trattamento con statine di oltre 300mila pazienti con IMA (Am J Cardiol 2005; 96: 611-16) evidenziano che un trattamento precoce (prime 24 ore dopo l’infarto) o il suo mantenimento nel caso di pazienti che già prima assumevano statine, risulta associato a un ridotto rischio di mortalità rispetto al non uso di statina (rispettivamente 4% e 5.3% vs 15.4% del non uso), mentre l’interruzione della statina risulta associata a un leggero aumento della mortalità (16.5%).
Un precoce ricorso a una terapia con statine è anche associato a una minore incidenza di shock cardiogeno, aritmie, arresto cardiaco, rottura.

Sicurezza dei trattamenti


Un aspetto altrettanto importante dell’efficacia è quello che concerne la sicurezza di questi trattamenti. La recente metanalisi del CTT sottolinea che i potenziali rischi derivanti dalla terapia con statine sono estremamente ridotti in confronto ai benefici clinici.
L’argomento è stato ripreso di recente dalla National Lipid Association (NLA) Statin Safety Task Force, la quale ha sottolineato l’appropriatezza della misurazione dei livelli di transaminasi prima di iniziare la terapia, a 12 settimane dal suo inizio, dopo un aumento delle dosi e in seguito con cadenza periodica; lo stesso gruppo di esperti ha altresì chiarito che il monitoraggio routinario non è avallato da evidenze concrete. Inoltre, in caso di aumento isolato e asintomatico dei livelli di transaminasi, anche di 1-3 volte il valore normale superiore, non si ravvede la necessità di sospendere la terapia con statine.
Per quanto riguarda un’eventuale sintomatologia muscolare o l’aumento di livelli di CK, la Task Force NLA sottolinea la numerosità delle cause in grado di spiegare queste alterazioni e precisa come non sia necessario misurare le CK se il paziente è asintomatico (Am J Cardiol 2006; 97: S89-94).