
M.D.
numero 22, 14 giugno 2006
Focus
on
Accordi regionali a confronto in attesa del nuovo
ACN
di Monica Di Sisto
Gli
otto accordi decentrati (Air) già elaborati e sottoscritti
per la medicina generale, quelli adottati da Friuli Venezia
Giulia, Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana,
Lazio e Abruzzo, presentano molte caratteristiche comuni
e molte difformità, a partire dai modelli di governance,
ai meccanismi degli incentivi, al ruolo del medico di famiglia
nel sistema delle cure fino alle modalità della sua
formazione. |
La
Convenzione nazionale è scaduta dal dicembre scorso,
ma al momento ben 13 tra Regioni e Province autonome non l’hanno
tradotta in alcun accordo decentrato. Se l’Abruzzo è
appena arrivato in dirittura d’arrivo e altre realtà
locali si incendiano per i Tavoli negoziali, in realtà
è il Fondo sanitario nazionale a rappresentare la grande
incognita.
Le Regioni più sofferenti dal punto di vista finanziario
non vogliono rischiare di approvare dei “pezzi di carta”
dietro i quali non ci siano adeguate dotazioni monetarie.
Il
ministro della Salute, Livia Turco è una rappresentate
della politica “di sistema”, che nella sua pratica
amministrativa ha preferito e appoggiato modelli nei quali l’integrazione
e la presenza sul territorio fossero prevalenti. Con gli Air
già approvati avrebbe numerosi spunti di Governo complessivo,
ma la domanda del giorno è: quali sceglierà per
rilanciare e accompagnare il percorso verso una medicina di
famiglia davvero al centro dei sistema? Sicuramente la scelta
sarà il risultato di una concertazione stando alla richiesta
del rappresentante dei Governatori, Vasco Errani, di potere
scrivere insieme Dpef e Finanziaria e alla risposta del ministro
per gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, secondo cui si
apre una stagione caratterizzata da un’intensa cooperazione
istituzionale. Ma su quali basi già sperimentate localmente?
E soprattutto su quali e quante risorse visto che Luigi Covolo,
coordinatore della Sisac, la struttura che tratta le convenzioni
per la parte pubblica, ha pubblicamente ammesso che “nella
seconda metà dell’anno è possibile che
riprenda la trattativa nazionale”, a patto però
“che il Fondo sanitario a disposizione lo permetta”?
Messaggi
al ministro della Salute per il cambiamento |
I
sindacati della medicina generale ritrovano la serenità,
e in una rinnovata consonanza di toni e ruoli lanciano segnali
di speranza e di fiducia al ministro per la Salute Livia
Turco. Nel momento in cui, nel XXV congresso Snami di Silvi
Marina, Luigi Covolo, coordinatore della Sisac si dice disponibile,
come parte pubblica, a “riannodare i fili tra le diverse
organizzazioni sindacali” spezzati nel momento in cui
Snami non ha firmato l’ultima convenzione nazionale,
gli fa eco il segretario generale della Fimmg, Mario Falconi
che definisce “un errore” la separazione sindacale.
L’attenzione si sposta dunque verso il ministro della
nuova legislatura, che incontra per primo proprio Falconi
e affronta con lui i nodi più spinosi del settore.
Nella discussione, riferisce Falconi, “ampio spazio
all’ECM, per la formazione dei professionisti che operano
nella sanità. Un settore che va riformato. Ma anche
al tema della prevenzione da affrontare anche nelle scuole
del Paese che, al momento, rappresentano un vero e proprio
buco nero su questo fronte”.
“Premiare la qualità - ha sottolineato Falconi
- rivedendo il sistema delle cure primarie. Reingegnerizzare
l’intero sistema puntando sulla formula più
territorio e meno ospedale”.Salvo Calì, segretario
nazionale della Federazione CumiAiss-Unamef, pone altre
questioni sul piatto: all’integrazione tra territorio
e ospedale, la riorganizzazione delle cure primarie, la
realizzazione dell’assistenza sulle 24 ore, lo sviluppo
di tutte le forme di cure domiciliari, punta il dito sul
fondo per la non autosufficienza”. È necessario,
secondo Calì, “riaprire e rafforzare il dialogo
con i medici per varare un progetto di razionalizzazione
dei servizi sanitari in grado di offrire risposte adeguate,
moderne ed efficienti, alle nuove domande di salute che
emergono dalla nostra società”. E lo Snami,
dal canto suo, chiede che “si apra immediatamente la
trattativa per il rinnovo della convenzione della medicina
generale, scaduta il 31 dicembre scorso” offrendo la
massima disponibilità per la più ampia collaborazione.
“È chiaro che i medici - ha rimarcato il presidente
Snami, Piergiuseppe Conti, nel corso del Congresso di Silvi
Marina - sempre più subiscono condizionamenti organizzativi,
tendenti a controlli fiscali ed economici, con richieste
assistenziali in aumento e disponibilità economiche
in diminuzione. Viene loro imposto di far bastare il budget
disponibile, indipendentemente dalle necessità reali
dell’ammalato”. Ed è anche palese che Livia
Turco non potrà fare finta di ignorare il buco di
bilancio che affligge le disponibilità del suo dicastero
e per il quale dovrà contrattare rispetto al nuovo
Dpef e alla Finanziaria 2007 dentro un duplice “Patto”:
il nuovo accordo generale di stabilità con gli enti
locali e quello specifico sulla sanità. |
I
medici convenzionati del Ssn |
Categoria
Medicina generale
Guardia medica
Emergenza territoriale
Medicina dei servizi
Pediatri di libera scelta
Specialisti Asl
Fonte: Sisac |
Numero
47.148
11.851
1.858
2.880
7.155
13.245
|
Presa
in carico: globale, oltre l’ospedale
L’Accordo integrativo regionale dell’Emilia Romagna
sintetizza chiaramente qual è l’esigenza che muove
tutte le Regioni nella riorganizzazione dei propri servizi:
una “progressiva insufficienza dell’assistenza ospedaliera,
come unica risposta a necessità assistenziali”,
che genera una “domanda di servizi pubblici che sempre
più spesso presenta le caratteristiche di una “presa
in carico globale”. Il Piemonte punta alla “realizzazione,
in modo coordinato e progressivo, di una rete organizzata di
continuità assistenziale che garantisca al cittadino
la possibilità di ricevere risposte coerenti e appropriate
durante l’intero arco della giornata, evitando ricorsi
impropri alla struttura ospedaliera”.
La Toscana prende atto “del ruolo fiduciario esistente
fra il medico di assistenza primaria e il paziente” e per
questo vuole credere e quindi rivolgersi ai medici per una “nuova
visione territoriale”.
Il Veneto sottolinea il passaggio dall’approccio “solo
individuale, alla dimensione di servizio centrato sulla persona,
orientato all’individuo e alla sua famiglia, inserito nella
Comunità”.
Il Friuli Venezia Giulia specifica con precisione il target
preferenziale della continuità delle cure che per la
Regione va mirata a “anziani con patologia multipla; soggetti
non autosufficienti a domicilio o in residenze; soggetti con
patologie che comportano ricoveri frequenti e passaggio continuo
tra servizi e prestazioni diversificati”.
Lazio e Abruzzo puntano primariamente a un riequilibrio dei
ruoli nella presa in carico: “potenziando e riorganizzando
l’offerta di prestazioni sul territorio, riservando nel
caso del Lazio, l’assistenza ospedaliera sempre più
alle patologie acute”; assicurando nel territorio “una
presenza per l’intero arco della giornata per una efficace
continuità assistenziale e la presa in carico dei pazienti,
evitando il ricorso improprio ai PS”, per l’Abruzzo.
Forme associative: non tutto è Utap
Nella Toscana si varano le Unità di cure primarie, in
Veneto si scommette sull’ortodosso schema di UTAP, in Emilia
Romagna si sceglie di investire sui Nuclei di cure primarie,
che presentano il “plus” degli operatori socio-assistenziale
ricompresi nella stessa rete e sede del Nucleo.
Sono queste le tre realtà regionali che investono con
forza sulla scommessa strutturale, per spostare il baricentro
del sistema dall’ospedale al territorio. “Le équipe
e più ancora le UTAP - spiegano dal Veneto - formate
dall’aggregazione di più medici convenzionati, sostanziano
questo concetto di continuità dell’assistenza. Esse
sono a rappresentare il riferimento unico di un territorio,
ovvero una modalità di riappropriazione da parte del
territorio di una propria struttura e la restituzione delle
competenze alla Comunità in termini di governo e gestione
della Salute”.
Il progetto Unità di Cure Primarie in Toscana nasce dall’idea
dell’assessore regionale del diritto alla salute “di
costruire una risposta aggregata a fronte di una domanda del
cittadino non ancora differenziata. Insomma, un modello di risposta
a rete dietro a un “campanello” a disposizione del
cittadino, posto il più vicino possibile al luogo dove
si svolge la sua vita”. A tal fine la Regione Toscana ha
promosso diverse sperimentazioni, tra cui si può ricordare
l’attivazione delle “Società della salute”,
che costituisce un nuovo modello di governo e gestione delle
cure territoriali che chiama i Comuni ad un maggiore coinvolgimento
nella corresponsabilità del governo della sanità”.
Il Piemonte, dal canto suo, nell’accordo regionale pone
l’accento sulle forme associative “in modo tale da
tenere conto delle diverse esigenze assistenziali dei cittadini
e delle oggettive condizioni operative dei Mmg, anche nei confronti
delle diverse realtà territoriali”. Il Lazio spinge
sulle forme associative per “prevedere un maggiore coinvolgimento
della medicina convenzionata nel governo dei percorsi sanitari,
sperimentando nuove modalità erogative favorenti l’integrazione
con le altre figure sanitarie territoriali”. L’Abruzzo,
nell’intesa che verrà firmata a breve, si pone con
le forme associative addirittura l’obiettivo “di giungere
alle associazioni integrate e complesse sia per facilitare l’assunzione
di personale”.
È invece la Cumi-Aiss a far mettere a verbale nell’accordo
veneto un comma in cui auspica che prossimamente “sia esaminata
la possibilità di sperimentare nuove forme associative
dell’assistenza primaria, quali la medicina distrettuale
integrata e la medicina coordinata, forme ulteriori rispetto
a quelle previste dall’ACN, che al momento costituiscono
le uniche possibili in considerazione della novità della
materia, della limitatezza delle risorse e della necessità
di verificare i risultati che verranno conseguiti”. Come
a dire che la creatività organizzativa che parte dalla
pratica della medicina generale sul territorio non può
fermarsi alle forme più conseguenti all’esigenza
di controllo della spesa, ma devono sapere osare di più
e meglio per la salute del paziente.
Ti pago di più perché…
Dalle tipologie di investimenti aggiuntivi possibili perché
previsti nella cornice-quadro dell’ACN, ciascuna Regione
sembra scegliere di investire su alcuni aspetti piuttosto che
su altri, ritenendoli più strategici e fatti salvo i
contenuti comuni a ciascun accordo: l’incentivazione delle
forme associative, la copertura del collaboratore di studio,
del personale infermieristico e dell’indennità informatica
che ciascuno paga, chi più chi meno.
In Emilia si pagano di più i medici che accettano di
lavorare nei NCP, ma un altro po’ di più per la
disponibilità all’allacciamento alla rete informatica
sia fra i medici del nucleo sia fra questi e la rete aziendale.
Si pagano inoltre le adesioni ai progetti di prevenzione, come
diabete, educazione a stili di vita corretti, ma anche chi è
più virtuoso nel facilitare ai propri pazienti procedure
di accesso alle prestazioni ritenute più corrette dall’amministrazione.
In Piemonte, invece, si investono risorse su quei Mmg che scelgano
di partecipare ai percorsi di governance, ovvero ai “momenti
di programmazione e gestione regionale, aziendale e distrettuale”,
oppure su chi abbia un ruolo dell’Ufficio di coordinamento
o in sue sottocommissioni ufficialmente istituite dal Responsabile
di Distretto ed alla Commissione per l’appropriatezza delle
cure.
In Toscana la stessa quota variabile viene erogata solo se il
singolo Mmg aderisca a “specifici programmi di attività
finalizzati al governo clinico”, e che si concentrano sulle
vaccinazioni, la prevenzione oncologica, la sindrome metabolica,
il diabete mellito di tipo 2, la BPCO, il rischio cardiovascolare,
l’ipertensione arteriosa, l’osteoporosi, ecc. La misurazione
delle performance assistenziali, quale risultato della definizione
di indicatori di struttura, di processo e di esito, ciascuno
con l’identificazione di standard minimi, di golden standard
e di peso, per gli obiettivi di salute è un altro obiettivo
cui le aziende possono indirizzare i propri Mmg.
In Veneto l’Air supera, laddove non espressamente previsto,
la logica basata sul sistema di “retribuzione per prestazione”
a favore di una logica di costituzione di un Fondo rischi e
oneri, denominato Fondo Aziendale di Assistenza Primaria, dedicato
a promuovere e a riconoscere i servizi offerti dai medici. Tale
ottica si pone in coerenza con le finalità dei Patti
su obiettivi specifici di salute, strumenti volti a introdurre
sistemi d’offerta fondati non solo sulla gestione delle
singole prestazioni sanitarie, ma soprattutto sulla gestione
integrata di diversi processi.
Il Lazio, invece, decide di scaricare parzialmente Commissioni
distrettuali, tramite l’Osservatorio regionale per l’appropriatezza,
una parte di attività relativa all’appropriatezza
comune a tutte le Commissioni distrettuali, in quanto collegata
al perseguimento di obiettivi regionali e dotata di fondi e
di possibilità di implementazione e valutazione degli
interventi. A queste attività sono legati, almeno sulla
carta, fondi e possibilità per i Mmg di misurare l’aumento
del proprio ritorno su obiettivi di qualità verificabile.
Decidi insieme a me
Una grande creatività istituzionale sicuramente si ritrova
nell’insieme degli strumenti, messi in campo dagli Accordi
regionali, per aprire ai Mmg i luoghi delle decisioni, sempre
almeno sulla carta, e vincolarli, si può dire più
pragmaticamente, così al raggiungimento di obiettivi
di governo, e non solo di spesa.
In Emilia si parte dalla testa: sindacati e parte pubblica istituiscono
con l’Air un osservatorio regionale permanente per monitorare
l’attuazione dell’accordo e lo sviluppo dei successivi
accordi locali per garantire livelli di attuazione uniforme.
In Piemonte, per permettere ai Mmg di “aderire al perseguimento
degli obiettivi aziendali condivisi”, nella aree calde
della gestione tra cui la continuità dell’assistenza,
l’appropriatezza delle prescrizioni specialistiche e governo
dei tempi di attesa, si stabilisce un Tavolo permanente di confronto,
monitoraggio e valutazione. Tavolo presieduto dall’assessore
alla sanità regionale e formato pariteticamente da rappresentanti
delle Asl e dal responsabile del settore regionale di assistenza
ospedaliera e territoriale competente per materia e da rappresentanti
di categoria firmatarie dell’accordo.
In Veneto si scommette (e si investe) sulla partecipazione dei
Mmg al Comitato regionale e ai Comitati aziendali di gestione
dell’accordo, “interpretando il Governo Clinico -
scrivono le parti - non come governo sui medici o dei medici,
ma con i medici. I risultati di pareggio di bilancio ottenuti
da alcune Asl, che hanno sperimentato tale approccio da alcuni
anni, consente di perseguire alcuni percorsi di miglioramento
del sistema”.
Anche nel Lazio si annuncia il varo dell’Osservatorio regionale
per l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, che ha
la funzione di analizzare e valutare la tipologia e l’andamento
delle diverse prestazioni, promuovendo metodologie e strumenti
volti al miglioramento dell’appropriatezza, ma che pone
particolare riguardo all’attività prescrittiva.
E c’è chi punta sul Governo
Clinico
In Liguria invece si lascia alle Asl la definizione delle scatole
entro le quali rendere possibile il Governo Clinico, cui si
attribuiscono, tuttavia, già nell’Accordo regionale
“una condivisione multidisciplinare e per la responsabilizzazione
rispetto al raggiungimento degli obiettivi e agli esiti”.
Sono le équipe territoriali, per la Liguria, il punto
di riferimento principale del Governo, che debbono proporre
attività e progettualità finalizzate alla promozione
del governo clinico rispetto alla continuità dell’assistenza,
l’appropriatezza delle prescrizioni specialistiche e governo
dei tempi di attesa, l’appropriatezza delle prescrizioni
farmaceutiche, gli accessi al pronto soccorso, la prevenzione.
Tutto questo quadro, sicuramente teso all’innovazione e
alla necessità di risolvere in modo efficace i grandi
problemi di sostenibilità e appropriatezza che affliggono
il territorio, mostra tuttavia un grande incompiuto. È
l’idea di modello, non unico ma unificante, che le cure
primarie sembrano avere definitivamente perduto dopo la devoluzione
regionale. È evidente che le Regioni che hanno saputo
esprimere maggiori capacità di amministrazione e di governo,
manifestino con gli accordi approvati una maggiore capacità
di staccarsi in senso migliorativo e propositivo dalla cornice
nazionale. Ma solo poche Regioni in Italia hanno saputo coniugare
alla costruttività istituzionale, una tenuta dei conti
e una concreta agibilità per i Mmg degli spazi di governo
co-decisi sulla carta. Senza contare che la Sisac, la parte
pubblica, non sta riuscendo nel suo ruolo di sprone per il riallineamento
di atti e di fatti. Alla vigilia - auspichiamo - di una nuova
fase convenzionale, riflettere insieme su che cosa non funziona
e che cosa va corretto, ci sembra, a questo punto, non rinviabile.
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