M.D. numero 23, 21 giugno 2006

Appunti
Impressioni di un medico di famiglia a Exposanità

E
xposanità, la mostra internazionale al servizio della sanità e della salute dovrebbe essere una di quelle manifestazioni da non perdere per chiunque lavori in questo campo e soprattutto per i medici. Una mostra di questo tipo fotografa la situazione del settore, dal punto di vista organizzativo, economico, politico e da quello professionale. La prima cosa che si palesa a un medico che la visiti (come ho fatto io quest’anno recandomi a Bologna, sede dell’evento) è come in questa manifestazione il punto di vista professionale sia praticamente inesistente. A un medico di famiglia in particolare appare, in maniera evidentissima, l’assenza assoluta della sua disciplina.
Molti gli stand espositivi delle aziende sanitarie, delle associazioni di cittadini, di ospedali, di aziende che producono software gestionali, arredamento per ospedali e case di cura, che si interessano di editoria e di altre che si interessano di management. La mostra, divisa in saloni tematici, non ne ha uno, o una parte, dedicato all’ambulatorio. Non mi è sembrato di vedere medici tra i visitatori, ma manager, politici e amministratori. Quando mi sono fermato a chiedere qualche informazione, presentandomi come medico di famiglia, venivo guardato in modo meravigliato e in ogni caso snobbato. Un dottore, meglio ancora se medico di famiglia, risultava fuori posto in quella fiera che trattava di salute e sanità. In Italia questo non sembra essere argomento da medici, ma da politici, manager e amministratori. La fotografia era chiara, il target dell’evento pure.
A Dusseldorf, in Germania, dove si tiene annualmente Medica, una fiera che si rivolge soprattutto ai professionisti del Ssn e tratta di strumenti per la medicina e di metodi di cura, avviene praticamente il contrario di ciò che accade nel nostro Paese.
Medica si presenta come il più grande evento mondiale per la medicina ospedaliera e territoriale. Vi si trovano tutte le novità per lo studio medico, la tecnologia diagnostica rapida, gli strumenti terapeutici, gli arredi e la tecnologia informatica. I diversi modi di intendere e soprattutto di gestire il servizio sanitario nei due Paesi si esplicitano già nei nomi attribuiti alle manifestazioni, la nostra si chiama Exposanità (mostra al servizio della sanità e della salute) quella tedesca Medica (forum for in-patient and out-patient medicine): non solo simboli.

Giuseppe Maso
Medico di medicina generale, Venezia


Governo clinico tra complessità e semplificazione

H
o letto con interesse l’articolo dei colleghi S. Nobili e C. Rossi sulla clinical governance (M.D. 2006; 20:10-11). La questione del governo clinico della domanda di salute mi è parso affrontato in modo schematico e inoltre nell’articolo si sottopongono al lettori anche argomenti di valenza diversa come il disease management e le clinical pathways. Il cuore del tema, in realtà, non è sinteticamente esprimibile con giudizi basati su parametri sindacali in quanto la dottrina scientifica, che sostiene aspetti diversi come le linee guida, il governo clinico, il disease managemet, le clinical pathways, attiene più strettamente al paradigma della qualità. Parametro questo con cui si dovrebbe valutare, sia nella parte strutturale sia in quella del processo e dell’esito, l’operato del professionista (dipendente, parasubordinato, libero professionista) nei confronti del paziente e anche del terzo pagante. La letteratura è molto ampia in merito e richiede un approccio più articolato. Che il tema sia tanto complesso lo dimostra, per fare un esempio, un articolo di Choudry et al del gennaio 2006: “Impact of adverse events on prescribing warfarin in patients with atrial fibrillation: matched pair analysis”. (BMJ 2006; 332: 141-3).
Questo lavoro ha evidenziato come il comportamento del medico risenta in maniera significativa anche della sua recente esperienza clinica, ma non in tutte le circostanze. Infatti nell’articolo si dimostra che il medico è meno propenso a prescrivere warfarin per il trattamento della fibrillazione atriale quando uno dei suoi pazienti abbia avuto un sanguinamento maggiore, mentre il fatto che un altro paziente con fibrillazione atriale non scoagulato abbia avuto uno stroke tromboembolico non modifica il suo comportamento, richiamandolo a un atteggiamento terapeutico più appropriato.
I medici quindi non sono, spontaneamente, dei contenitori passivi di competenza, né semplici applicatori di evidenze cliniche. Tuttavia occorre che siano indirizzati fermamente e costantemente alla corretta percezione di ciò che ha valore, sia in termini di efficacia sia di sicurezza terapeutica.
Il richiamo a comportamenti dimostrati efficaci e condivisi può quindi facilitare la migliore performance dei professionisti sia per il cittadino sia per il provider delle cure (al di là di opinioni di ampia e condivisibile valenza sindacale nazionale, ma a bassa dimostrazione scientifica). Ciò ha anche una rilevanza nella valutazione sia del lavoro sia del compenso del professionista, una realtà di cui non si può ignorare l’importanza.

Marco Cambielli

Medico di medicina generale, Varese