M.D. numero 23, 21 giugno 2006

Focus on
Gatekeeper o governatore? Il Mmg nel Ssn che cambia
di Giuseppe Belleri, Medico di medicina generale, Flero (BS)

A un unico responsabile dell’accesso ai servizi (Mmg-gatekeeper) si è sostituita una pluralità di agenti che si scambiano ruoli decisionali nell’erogazione di prestazioni sempre più diversificate. E così al medico di famiglia è stato chiesto di non stare più sulla porta, ma di entrare nel cuore della gestione del Ssn, partecipando alle decisioni strategiche e abitando attivamente gli spazi aperti dal governo clinico. Attraverso, però, modelli alquanto discutibili.

Sul finire del decennio scorso il gatekeeper, ossia il modello del “portiere”, il guardiano all’ingresso del Ssn, era considerato ideale per regolare il flusso di assistiti nei percorsi assistenziali. Il Mmg-gatekeeper doveva semplicemente presidiare l’ingresso dei cittadini-pazienti nella “macchina” sanitaria per garantire l’appropriatezza dei servizi. Un modello tanto semplice quanto elegante: attribuire a un unico agente la funzione di interfaccia tra l’organizzazione sanitaria e l’ambiente sociale in modo unidirezionale, evitando duplicazione di ruoli, sovrapposizione e conflitti tra decisori.

Chi prescrive sul territorio
Il sistema prescrittivo territoriale comprende numerosi professionisti che a vario titolo inducono prestazioni medico-sanitarie:
• Medici di continuità assistenziale che assieme al Mmg assicurano la copertura delle 24 ore.
• Medici del PS e delle strutture poliambulatoriali (ex SUMAI).
• Medici dei centri specialistici dedicati a particolari patologie.
• Specialisti ospedalieri che prendono in carico patologie croniche complesse (emopatie, HIV, tumori, ecc.).
• Specialisti in libera professione, pura o intra-moenia, dell’area odontoiatrica, ginecologica e oculistica che inducono la gran parte delle prestazioni ambulatoriali della rispettiva branca.
• Specialisti di area chirurgica ai quali, escludendo le condizioni acute, spetta la programmazione all’atto chirurgico stesso (nell’ultimo elenco di DRG a rischio di inappropriatezza oltre la metà sono di natura chirurgica).

Il presupposto naturale della funzione di gatekeeper e della gestione manageriale è infatti l’individuazione di un unico decisore-prescrittore a cui attribuire interamente la responsabilità economico-finanziaria dei consumi sanitari degli assistiti. Un modello ideale che nel nostro Ssn ben presto si è scontrato con le caratteristiche particolari delle cure primarie rispetto all’assetto organizzativo nosocomiale. Inoltre con il passare degli anni, gli sviluppi dell’evoluzione del sistema sanitario hanno contribuito al tramonto della figura di prescrittore unico:
• riduzione dei posti letto ospedalieri, che ha delegato al PS il ruolo di vero gatekeeper dell’accesso al nosocomio, sottraendolo di fatto al medico di famiglia (meno della metà dei ricoveri sono decisi dal Mmg);
• aumento dei tempi d’attesa e conseguente deviazione della domanda sulla libera professione, anche come percorso preferenziale per l’accesso alle cure di II livello (specialista ambulatoriale come gatekeeper di ricoveri e prestazioni diagnostiche di alta tecnologiche);
• uso improprio del PS, soprattutto nelle aree metropolitane dove si concentrano le strutture di offerta facilmente accessibili (induzione della domanda da parte dell’offerta di II livello, con conseguente bypass del Mmg);
• introduzione del nuovo ricettario nazionale attribuito personalmente a tutti i medici del Ssn, siano essi convenzionati o dipendenti, che ha superato il precedente ricettario “interno”, utilizzato indifferentemente da tutti i medici di un’unità operativa.
Le trasformazioni del sistema segnano la transizione da un modello lineare e monodirezionale - com’è quello del gatekeeper - a un variegato sistema prescrittivo che si costituisce nella zona di confine tra territorio, strutture ambulatoriali e ospedale. Ad un unico responsabile dell’accesso ai servizi (il Mmg, gatekeeper-prescittore unico), si va sostituendo una pluralità di agenti che si scambiano ruoli decisionali nell’erogazione di prestazioni sempre più diversificate. Una parte consistente di queste prescrizioni tuttavia ricade impropriamente sul medico di famiglia, nel senso che una percentuale variabile dal 20 all’80% delle ricette del Mmg deriva dalle scelte diagnostico-terapeutiche di altri componenti del sistema prescrittivo territoriale.

Il governo clinico per un nuovo accesso al Ssn


Con il nuovo ACN, ma ancor prima con la penultima versione del Piano sanitario nazionale, al Mmg è stato chiesto, almeno sulla carta, di non stare più sulla porta, ma di entrare nel cuore della gestione del Ssn, partecipando alle decisioni strategiche abitando attivamente gli spazi aperti dal modello del governo clinico. Questo termine è in auge nel nostro Paese da qualche anno quantunque sia noto ai più, la sua chiarezza concettuale è inversamente proporzionale alla sua diffusione. Prima di esaminare come sia stato declinato praticamente in sede locale, è opportuno fare riferimento a quella che è considerata la “Bibbia” in materia, vale a dire il documento che ha introdotto nel 1998 in Gran Bretagna la clinical governance. Si tratta dell’ambizioso programma di riforma del Ssn, licenziato dal Governo Blair subito dopo il suo insediamento, che ha impresso una nuova direzione alla gestione dei servizi sanitari, dopo il decennio liberista della Thatcher.
I punti chiave della clinical governance rappresentano un ambizioso programma di lungo periodo e di vasto respiro che non può essere ricompreso in uno strumento normativo, com’è la convenzione per la medicina generale, orientato più all’ordinaria amministrazione che non alla progettazione e all’introduzione di programmi innovativi. Tuttavia alcuni strumenti (linee guida, audit clinici, sperimentazione organizzativa e formazione continua) sembrano adattarsi anche al contesto regolatorio della medicina generale italiana.

Un patrimonio informativo


In tale contesto il Mmg costituisce un “patrimonio informativo”: i dati riguardanti i processi assistenziali infatti hanno un’importanza preminente sugli altri in quanto costituiscono il nucleo forte del governo clinico, senza i quali appare problematica ogni valutazione dell’appropriatezza e della qualità “totale” delle cure.
La filosofia del governo clinico prevede l’elaborazione di tre diversi blocchi di informazioni:
1. economico-finanziarie, relative alle prestazioni “consumate” dai medici ed espresse in termini di costi totali e di costi per assistito, rapportati alle medie di Asl o di distretto;
2. demografico-epidemiologiche, relative alla composizione anagrafica degli assistiti in carico, “pesati” per età e sesso, e soprattutto all’epidemiologia delle condizioni croniche prevalenti;
3. clinico-organizzative, relative ad indicatori di struttura, processo ed esito che consentono di documentare l’effettiva gestione clinica dei pazienti affetti da malattie croniche.
In particolare, linee guida e clinical audit costituiscono il core del governo clinico e, in quanto tali, possono fungere da griglia analitica e ideale check list per valutare quanto le iniziative locali si conformino o si discostino dal modello della clinical governance.
L’esperienza britannica non va comunque considerata in modo dogmatico o trasferita acriticamente al contesto italiano, ma resta un punto di riferimento e una pietra di paragone per chiunque intenda cimentarsi nel difficile compito di promuovere l’appropriatezza dei servizi sanitari.



Governo clinico: le scelte della Lombardia

Dall’inizio del 2006 sono state avviate in Lombardia diverse iniziative di governo clinico a livello distrettuale. In ogni provincia le Asl hanno sottoscritto accordi locali sulla sua applicazione, dai contenuti abbastanza differenziati, che prevedono la partecipazione dei Mmg ad almeno tre incontri pubblici di analisi e di confronto sui report aziendali.
Analizziamo due esperienze, seppure realizzate in periodi diversi. La prima riguarda l’applicazione pratica delle norme convenzionali sul governo clinico nella Asl di Brescia, iniziata nei primi mesi del 2006. La seconda, attuata nella Asl di Lodi in epoca precedente, verteva sulla sperimentazione di nuovi strumenti manageriali per il governo della domanda sanitaria, nell’ambito delle iniziative per il governo clinico in medicina generale.
Entrambe ruotano attorno ai dati dei report periodici inviati dalla Asl ai medici, mentre gli obiettivi e, soprattutto, la metodologia adottata si discostano in modo significativo.

L’esperienza di Brescia


Nell’esperienza bresciana, peraltro tutt’ora in corso, gli obiettivi del governo clinico distrettuale rientrano nelle iniziative di programmazione e controllo, e hanno quindi prevalente carattere finanziario. Riguardano, per esempio, il contenimento della spesa farmaceutica lorda, il contenimento della spesa farmaceutica per classi ATC, l’utilizzo di farmaci con brevetto scaduto. In merito alla specialistica, una attenzione è riposta all’assistenza protesica maggiore e minore e alla gestione delle complicanze diabetiche.
Sono prese come riferimento le medie della Asl e i medici si impegnano a mantenere la spesa farmaceutica complessiva al di sotto del valore medio registrato nell’azienda, oppure a ridurre di una percentuale significativa l’importo per assistito pesato delle prescrizioni di alcune classi farmacologiche.
Pur essendo state distribuite ai medici anche le informazioni epidemiologiche ricavate dalla Banca Dati Assistiti (prevalenza di diabetici, ipertesi, neoplastici, ecc.) non è esplorata la correlazione tra i consumi sanitari e la tipologia dei pazienti in carico ai singolo medici. In pratica il “governo clinico” è ricondotto al controllo della spesa (farmaceutica e specialistica) e agli obiettivi di budget dei “gruppi di miglioramento”, già attivati negli anni precedenti, slegati da considerazioni sui processi clinico-assistenziali e sulle variabili epidemiologiche. Manca insomma uno dei tre blocchi di informazioni che, come abbiamo visto nella premessa, costituisce il core del governo clinico.

Il progetto della Asl di Lodi


Un po’ diversa è l’impostazione del governo clinico della domanda avviato nella Asl di Lodi dal 2004. Anche nell’esperienza lodigiana il punto di partenza è stata l’attivazione di un capillare sistema informativo che ha consentito di distribuire in modo sistematico la scheda informativa del Mmg, comprendente sia variabili economico-finanziarie (costo della farmaceutica, dei ricoveri e della specialistica, sia individuale sia come media di Asl), sia indicatori demografico-sanitari (stratificazione della popolazione per età e dati di prevalenza delle principali patologie croniche, rilevate nella Banca Dati Assistiti provinciale). Il progetto lodigiano si distingue da quello bresciano per il diverso utilizzo dei dati contenuti nei report finalizzati all’implementazione, alla correlazione e alla comparazione.
Il governo clinico della domanda lodigiano è centrato su un sistema informativo in grado di fornire un quadro “originale ed esauriente dei consumi degli assistiti in carico, in relazione al quadro epidemiologico e demografico specifico, confrontato con la dimensione del territorio”. In sostanza l’obiettivo esplicito della scheda informativa è di mettere in relazione gli indicatori epidemiologici (numero e tipologia dei pazienti con patologie croniche) con i consumi sanitari dei pazienti anche al fine di documentare “in quale misura l’offerta è prescritta/generata dal Mmg o da altri soggetti del servizio sanitario nazionale (specialisti ospedalieri, privati ecc.)”. In particolare, riguardo ai consumi farmaceutici, per alcune aree ATC sono stati incrociati i dati di consumo relativi a note AIFA (per esempio la nota 48) con il dato epidemiologico dei pazienti al fine di verificare l’eventuale correlazione fra la quantità di farmaci antisecretori prescritti e il numero di assistiti riconosciuti dall’analisi epidemiologica come gastropatici ulcerosi.
Le differenze tra le esperienze delle due Asl sono evidenti. Pur essendo antecedente al progetto bresciano, quello lodigiano costituisce un’evoluzione del governo clinico orientato alla sola programmazione e controllo finanziario della spesa. Tuttavia entrambe appaiono ancora lontane da una compiuta pratica di clinical governance, centrata sul miglioramento continuo della qualità dell’assistenza e sul mantenimento di elevati livelli di prestazioni. Una sfida che dovranno raccogliere per primi i medici di medicina generale con la loro originale capacità di elaborazione e di auto-valutazione professionale.