M.D. numero 24, 28 giugno 2006

Rassegna
Effetto protettivo degli antiossidanti
di Renzo Pellati - Nutrizionista, Torino, Consiglio Direttivo Società Italiana Scienza dell’Alimentazione

Contro i danni provocati dall’eccessiva produzione di radicali liberi l’organismo produce meccanismi di difesa endogeni. Le difese extracellulari arrivano invece da sostanze contenute soprattutto in frutta e verdura,
anche se un’efficace azione antiossidativa è garantita da un regime alimentare adeguato ed equilibrato, come quello di tipo mediterraneo


Life is a constant battle to avoid becoming rancid (La vita è una lotta continua per evitare di irrancidire). Con questa frase la rivista Nature ha annunciato il problema delle ossidazioni e dei loro effetti dannosi sulla salute. In particolare, si riferiva all’ossidazione delle sostanze lipidiche (il comune “irrancidimento”), che rappresenta il danno più evidente di tali reazioni biologiche.
Infatti l’ossigeno, che è essenziale per la produzione dell’energia che ci consente di vivere, è anche una sostanza tossica per le nostre cellule. Esso produce, come sottoprodotti e rifiuti del nostro metabolismo, dei derivati altamente reattivi, i cosiddetti “radicali liberi”, capaci di indurre gravi danni sui costituenti basilari della cellula (figura 1).

Citotossicità dei radicali liberi


I radicali liberi sono molecole caratterizzate dalla presenza di un elettrone spaiato in uno degli orbitali periferici. Negli atomi e nelle molecole gli elettroni si muovono attorno al nucleo centrale seguendo particolari tragitti chiamati “orbitali”. Normalmente gli elettroni sono presenti in coppia e ciascun elettrone della coppia ha un movimento di rotazione opposto a quello dell’altro, e ciò stabilizza la molecola. Quando, per qualsiasi motivo (radiazione, reazione chimica) un elettrone della coppia va perduto, si genera il radicale libero (vale a dire capace di un’esistenza indipendente) provvisto di elevata reattività, nella sua tendenza a riformare la coppia con elettroni presenti in altre molecole.
Il radicale ossidrile, che è il più reattivo e temibile, ha un’emivita di 10E-9 secondi, ed è chiamato ROS ovvero “reactive oxygen species”, vale a dire “specie reattive dell’ossigeno”. Tutte le maggiori malattie dismetaboliche e neurodegenerative, come pure gli effetti di tossicità acuta e di traumi, sono determinati o collegati alla formazione di un eccesso di radicali liberi e dai danni che questi provocano sui costituenti basilari della cellula: lipidi, proteine, DNA (figura 2).
In altre parole, i radicali producono altri radicali, in una reazione a catena che si propaga rapidamente e può provocare degenerazioni di tutti i principali processi cellulari e metabolici.

Difese endogene


Contro i danni provocati da un’eccessiva produzione di radicali liberi l’organismo ha sviluppato una serie di meccanismi di difesa. I più noti sono i sistemi enzimatici che catabolizzano i precursori dei radicali liberi e svolgono la loro attività nella frazione citoplasmatica solubile della cellula.
Raggiungono questo obiettivo convertendo i radicali liberi in molecole meno dannose, prima che queste abbiano la possibilità di reagire, oppure impedendo la formazione di radicali liberi da altre molecole.
Sono rappresentati da:
1. superossido dismutasi (SOD): è un enzima che catalizza la conversione di radicali superossidi in perossido di idrogeno e acqua: lavora in congiunzione con altri due enzimi, la catalasi e la glutatione perossidasi, che elimina il perossido di idrogeno prodotto da questa reazione. La SOD dei mitocondri è manganese-dipendente, mentre gli enzimi presenti nel citoplasma sono zinco e rame dipendenti.
2. Catalasi (CAT): è un enzima che agisce con il perossido di idrogeno in comparti cellulari specializzati chiamati perossisomi. In realtà, la catalasi favorisce il trasferimento degli elettroni del ferro per formare acqua e ossigeno. La catalasi è perciò ferro-dipendente.
3. Glutatione perossidasi (GSH): è un enzima formato da acido glutammico-cisteina-glicina), contiene selenio, ed è a diffusione ubiquitaria. Partecipa all’eliminazione del perossido di idrogeno presente nella cellula. In condizione di stress ossidativo (quando la cellula deve fare fronte alla produzione di grosse quantità di H202 o di idroperossidi organici) entra in gioco anche la glutatione riduttasi.

Difese extracellulari


Sono le sostanze in grado di interrompere le reazioni a cascata di tipo ossidativo (tabella 1). Sono chiamate anche “chain breakers” o “scavengers”. Possono essere liposolubili o idrosolubili. Quelle liposolubili possono essere presenti anche nei compartimenti lipidici delle membrane e delle lipoproteine.
1. Vitamina E (alfa-tocoferolo): è considerata uno dei principali captatori di radicali liberi. In natura esistono diversi tocoferoli con piccole variazioni nella struttura chimica, ma l’alfa-tocoferolo è il più importante per l’attività antiossidante. Previene il danno ossidativo degli acidi grassi polinsaturi: cattura i radicali lipoperossilici prima che interagiscano con il substrato evitando il danneggiamento delle membrane biologiche, delle lipoproteine e dei tessuti.
2. Carotenoidi: sono noti come precursori della vitamina A e indicati con il termine di “provitamina A”. In natura sono numerosi (più di 500) e universalmente distribuiti nel regno vegetale (fiori, frutti, alghe).
Anche quelli che si trovano nei tessuti animali (salmoni, gamberi) o nei prodotti di origine animale (tuorlo d’uovo, grasso del latte) sono di origine vegetale, in quanto gli animali non sono in grado di sintetizzarli. Il beta-carotene è la molecola più studiata, anche se recentemente è stato osservato che il licopene e la luteina sono particolarmente attivi nell’attività antiradicalica.
3. Vitamina A: con questo termine si indica una serie di molecole di natura lipidica con attività retinolo-simile. A causa della sua natura di composto insaturo, la vitamina A risulta molto reattiva verso i radicali perossilici che vengono intrappolati nella sua molecola (utile ed efficace nel ridurre la perossidazione lipidica di membrana).
4. Coenzima Q10 o ubichinone: il termine “ubi” indica la sua diffusione ubiquitaria nei cibi (a diversi dosaggi) e il termine “chinone” deriva dalla costituzione chimica. La molecola, essendo lipofila, può essere presente all’interno della membrana cellulare. Agisce come un antiossidante analogo alla vitamina E e di conseguenza possiede effetti protettivi nei confronti del danno ossidativo verso lipidi, proteine e DNA. Ricopre un ruolo centrale nel metabolismo energetico, e per questo motivo, quando è carente negli atleti, si nota un peggioramento nelle fasi di recupero.
5. Vitamina C (acido ascorbico): prende parte a un ampio numero di reazioni di ossido-riduzione nei tessuti biologici. Sotto questo profilo l’impiego è vastissimo nell’industria farmaceutica e nell’industria alimentare (come conservante). Partecipa attivamente alla rigenerazione della vitamina E, dato che questa vitamina, quando interagisce con un ROS, si trasforma essa stessa in un radicale (alfa-tocoferoxilico) perdendo la sua funzione antiossidante. L’acido ascorbico interagisce con questo radicale rigenerando la vitamina E. In presenza di ferro o rame non legato, l’ascorbato può divenire un pro-ossidante generando superossido, radicali ossidrilici, perossido di idrogeno. Normalmente, poiché la disponibilità di ioni metallici in vivo è limitata, predominano le proprietà antiossidanti.
6. Acido alfa-lipoico (o acido tiottico): è presente nei cibi e viene assorbito attraverso l’introduzione di acidi grassi ed è sintetizzato anche dall’organismo umano. Con il passare dell’età, diminuisce la produzione di acido alfa-lipoico che è un antiossidante endogeno attivo sia nella fase acquosa (citoplasma) sia nella fase lipidica (membrana) delle cellule.
L’acido alfa-lipoico diminuisce anche nei soggetti sottoposti a stress acuti e cronici come l’esercizio fisico intenso, perché è responsabile del recupero della funzionalità cellulare.
7. Polifenoli e flavonoidi: costituiscono un numero elevato di sostanze (ne sono state individuate più di 500) presenti nella frutta e nella verdura a cui impartiscono i caratteristici colori (flavus, giallo): possono funzionare da agenti riducenti, da antiossidanti donatori di idrogeno, da chelanti dei metalli. Considerata la variabilità della loro struttura molecolare, sussistono anche differenze rispetto alla loro biosdiponibilità.
In natura si trovano sotto forma di glucosidi nei quali è presente come zucchero il ramnosio. Dal punto di vista chimico esistono i flavoni (come l’apiina, presente nel prezzemolo e nel sedano), i flavonoli (come la quercetina presente nel tè e nell’uva rossa), i flavononi (come l’esperidina presente nelle arance), gli isoflavoni (come la genisteina presente nelle leguminose). Fra i derivati del flavene si trovano i pigmenti antocianici (dal greco: fiore blu) responsabili di colora
zioni caratteristiche di bacche, fiori, frutti e foglie. Le proprietà antiossidanti dei derivati fenolici fanno parte di un sofisticato raggruppamento di composti che si evolvono per aiutare le piante a sopravvivere. Per esempio il resveratrolo, presente nell’uva rossa, esercita un ruolo difensivo verso i patogeni fungini. Recentemente sono emerse proprietà antivirali da parte del resveratrolo: uno studio ha dimostrato che il resveratrolo è in grado di inibire la replicazione del virus antinfluenzale, sia in modelli di cellule isolate sia su animali da esperimento.

Conclusioni


Numerosi studi epidemiologici hanno messo in rilievo il significativo effetto protettivo di cibi a elevato contenuto di antiossidanti, come frutta e verdura, contro diverse patologie degenerative (tabella 2).
L’effetto protettivo di frutta e verdura non è dovuto a un particolare composto, ma risulta da un sinergismo dell’insieme dei composti presenti.
In futuro saranno necessari ulteriori ricerche per approfondire i livelli presenti nelle materie prime, il comportamento nel corso della lavorazione, l’assorbimento nell’organismo umano.
Per ora resta valido l’effetto protettivo del regime alimentare di tipo mediterraneo, secondo le “Linee Guida per una sana alimentazione italiana” (www.inran.it).